
La nutrizione può essere sospesa se inefficace – un gran pasticcio che complica ulteriormente il guazzabuglio normativo del ddl Calabrò
Una volta approvata la legge che spiana la strada
all’eutanasia sarà sempre possibile per i neo pro-life
appellarsi alla mancata applicazione delle parti buone in essa
contenute …
Articolo tratto da Corrispondenza
Romana del 4 marzo 2010
La commissione Affari sociali della Camera ha approvato a
maggioranza un emendamento che modifica l’art. 3 del ddl sul
biotestamento in discussione al parlamento: l’idratazione e
l’alimentazione artificiale possono essere sospese nel caso
in cui non risultino più efficaci per garantire al paziente
i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche
essenziali del corpo.
Domenico Di Virgilio, il relatore dell’emendamento, precisa
che anche se il testo non specifica chi dovrebbe prendere la
decisione di sospendere la nutrizione si evince naturalmente che
questa spetterà al medico (sic!).
«Per lo stato vegetativo – dichiara Di Virgilio –
non avrei presentato nessun emendamento perché nutrizione ed
alimentazione non sono trattamenti medici e non vanno sospesi, ma
diverso è il caso di pazienti in coma traumatico, ischemico,
che hanno fatto le dat, per i quali il medico valuterà se ci
sono le condizioni di continuare idratazione e alimentazione. Si
tratta dunque di un punto di partenza diverso, cosa che non tutti
hanno compreso».
Oltre ad annoverarci tra quelli che non hanno compreso a chi
effettivamente possa giovare una tale modifica, ci preme
sottolineare come si stia puntualmente verificando ciò che
era lecito attendersi: il ddl Calabrò sul testamento
biologico, già sufficientemente ambiguo da permettere una
“capacità di manovra” piuttosto ampia, rischia
di vedere allargate a dismisura le già lacerate maglie
normative così da far passare senza particolari
difficoltà il suicidio assistito dei malati.
L’emendamento è stato approvato grazie ai voti del
centrodestra e di Paola Binetti (passata all’Udc di Casini),
mentre l’opposizione ha votato contro, giudicando la modifica
(effettivamente a ragione) un gran pasticcio che complica
ulteriormente il guazzabuglio normativo del ddl Calabrò.
Quel che preoccupa ulteriormente dell’attuale situazione
è la mancanza quasi totale di voci serie ed autorevoli che
si oppongano all’approvazione di una legge palesemente
ipocrita.
Neppure la Pontificia accademia della Vita sembra accorgersi del
tranello, al punto che il presidente mons. Rino Fisichella ha
dichiarato che si tratta di «un emendamento che va ancora una
volta a favore della vita perché specifica quanto il
rispetto per l’ammalato e la dignità del malato non
debba mai arrivare ad una forma di accanimento».
L’obiettivo principale (se non unico) sembra essere quello di
approdare ad un compromesso politico, una nuova
“verità” da difendere ad oltranza. In effetti,
l’ansia che trapela dalle dichiarazioni di diversi esponenti,
politici e non, di chiudere la vicenda e giungere finalmente ad una
legge, sembra derivare, più che dal timore di trovarsi di
fronte ad un nuovo caso Englaro, dall’impellente
necessità di giungere a ciò che è considerato
il fine ultimo del legislatore e dell’attività
politica, ossia il compromesso tra le diverse istanze rappresentate
in parlamento. Una volta approvata la legge che spiana la strada
all’eutanasia sarà sempre possibile per i neo pro-life
appellarsi alla mancata applicazione delle parti buone in essa
contenute oppure richiamare all’integrale applicazione della
stessa.