
Non volare basso, conduci la vera battaglia per la Vita!
“quando una maggioranza parlamentare decreta la
legittimità della soppressione della vita umana non ancora
nata, assume una decisione tirannica nei confronti
dell’essere umano più debole e indifeso” (EV
n° 70)
Considero Marina Corradi una delle penne più intelligenti e
lucide di Avvenire. Per questo ho letto con molta attenzione il suo
editoriale sul n° del 3 dicembre scorso “Quei pilati
«incompetenti»”.
Neppure lei, tuttavia, riesce ad uscire dal “politicamente
corretto” di una cultura oggi largamente diffusa nel mondo
cattolico sul tema dell’aborto.
Prima di tutto è evidente un fatto: i politici di oggi,
compresi quelli che si dichiarano cattolici, hanno rinunciato, non
è chiaro se per paura, per incapacità o per
rassegnazione, non dico a combattere, ma almeno a denunciare
l’iniquità della legge 194 fonte di un disumano
diritto all’aborto.
Qualunque persona ragionevole riconosce che accettando, o almeno
tollerando, tale diritto, ogni argomentazione in difesa della vita
è debole e poco convincente.
“Sulla pelle della donna” titola Avvenire sullo stesso
numero. Ma per quanto seria, è forse decisiva
l’eccezione della pericolosità della RU 486 per la
donna? Non credo. Sia perché i fautori della pillola
risponderanno, ed è difficile dare loro torto, che 29 morti
su milioni di donne che l’hanno usata rientrano nel rischio
che hanno altri mezzi abortivi e che in ogni caso la donna
informata può sempre decidere liberamente di rifiutarla, sia
perché essi capiscono benissimo che l’argomento
è usato a pretesto per opporsi alla RU486.
Come pure debole è l’obiezione secondo cui la RU 486
pone forti rilievi di compatibilità con la legge 194. Si
capisce che i fautori della pillola, in primis i poteri economici
delle case farmaceutiche sostenuti da lobby massoniche e
neo-malthusiane e poi gli ideologi dell’aborto libero,
puntano a semplificare l’aborto rendendolo semplice come bere
un bicchier d’acqua, ma a me sembra ingenuo opporsi a questo
disegno facendo leva sulla obbligatorietà del ricovero
previsto dalla legge 194 e confidando sul rifiuto della donna ad
accettare la più lunga degenza ospedaliera (4 giorni e
oltre) rispetto al day hospital dell’aborto
chirurgico.
L’unico vero motivo per opporsi alla pillola è che
essa uccide un bambino innocente; la pericolosità per
donna è semmai un’aggravante e non il motivo
principale.
Lo sanno bene i cattolici che affermano che la 194 “è
una buona legge” ma non possono sostenerlo senza cadere in
contraddizione. Ecco allora che aggirano il problema facendo
pateticamente leva sul labilissimo argomento del rispetto della
194.
A parte la contraddizione di chi, anziché esecrare la 194 di
cui la pillola mortifera è figlia, ne lamenta la violazione,
(“l’articolo 5 prevede una procedura rispettosa della donna,
ma dissuasiva dall’aborto” , dice addirittura il teologo
Lorenzetti su Famiglia Cristiana), non è grottesco, oltre
che paradossale, argomentare il proprio pensiero in difesa della
vita evocando proprio la legge che la uccide? I fautori
dell’aborto sono i primi a meravigliarsene: “di certo
la RU486 ha prodotto un nuovo effetto: ha convinto politici e non,
che da sempre osteggiano la 194, a difenderla” dice, ad
esempio, il giornalista Mario Reggio su “La Repubblica”
del 19/10/09.
Ma c’è da evidenziare un’altra deriva culturale di una
parte del modo cattolico. Riguarda il cosiddetto “dramma
della donna”, locuzione magica che mette tutti
d’accordo da destra a sinistra. Parlare o, peggio,
straparlare di “dramma della donna”, di questo
autentico feticcio culturale, è fuorviante perché
sposta ingiustamente il centro dell’attenzione dal diritto,
infinitamente superiore, alla vita del bambino a quello alla salute
psicofisica della donna presentata, senza nessun distinguo e con
troppe forzature, anch’essa come vittima dell’aborto
nonostante sia lei stessa a richiederlo (salvo dovute eccezioni,
beninteso) in piena libertà.
E’ la logica buonista che esclude colpevoli nell’aborto
procurato riservando per la donna sempre e solo comprensione, mai
responsabilità (fosse pure per quella che tradisce il marito
o che conduce una vita sessuale sregolata).
Questa deriva, che oscura pericolosamente il vero significato
dell’aborto, l’uccisione deliberata di un innocente,
traspare purtroppo anche sulle pagine di Avvenire con articolisti
come Assuntina Morresi, Eugenia Roccella e Gianni Gennari. La
stessa acuta Marina Corradi nel suo editoriale, al bambino non
dedica che poche righe mentre parla della donna, con una
improponibile generalizzazione, come una povera vittima sacrificata
sull’altare degli interessi dei mercanti del farmaco.
Ma se la salute psicofisica della donna fosse veramente a cuore di
tutti, abortisti e non, essi
dovrebbero riconoscere che è l’aborto procurato,
chimico o chirurgico poco importa, e non certo una
maternità, a provocare le peggiori conseguenze – le
devastanti sindromi post-aborto – sulla sua salute.
Per tale motivo – ovvero per amore stesso verso la donna -
l’aborto va vietato e non favorito rendendolo libero e
assistito.
E invece la 194 resta lì granitica e indiscussa
perché “è una buona legge solo da applicare
meglio” come da 32 anni si va ripetendo.
E così, nell’incapacità, o nel timore, di
affrontare nella maniera più giusta il tema della vita, ai
giovani viene lanciato un messaggio culturale confuso e devastante:
essi restano frastornati da coloro che dicono di condannare
l’avvelenamento del bambino con una pillola, ma ne tollerano
la morte per smembramento chirurgico. O che affermano di
preoccuparsi della donna – che, ripeto, ha piena
responsabilità di scelta – la quale potrebbe restare
traumatizzata alla vista dell’embrione espulso nel water di
casa, ma sono acquiescenti se, in nome della sua libertà,
sceglie l’aborto veloce in ospedale.
Il bambino nel grembo materno condannato a morte ha davvero poco da
sperare da coloro che riducono il problema della difesa della sua
vita a una scelta di come deve morire.
Temo che questa ulteriore bruciante sconfitta, l’introduzione
della RU486 anche in Italia, non servirà molto a far
riflettere coloro, politici e non, che hanno rinunciato ad
affermare tutta intera la Verità sull’aggressione alla
Vita umana innocente. Verità racchiusa nella mirabile
– e poco citata perché politicamente scorretta -
enciclica Evangelium Vitae in cui Giovanni Paolo II pronuncia
parole di fuoco sulla legalizzazione dell’aborto e sui
parlamenti che l’hanno introdotta: “quando una maggioranza
parlamentare decreta la legittimità della soppressione della
vita umana non ancora nata, assume una decisione tirannica nei
confronti dell’essere umano più debole e
indifeso” (EV n°
70).
Inutile, dunque, girarvi intorno: il cuore del problema politico della
difesa della Vita in ogni stadio è tutto racchiuso
qui.
Per affrontarlo non c’è che una strategia:
suscitare una classe politica che
si impegni ad eliminare la barbarie della legalizzazione
dell’aborto. In Italia e in Europa. Quella attuale,
tranne qualche rara eccezione, è inadeguata per tale
obiettivo. Incapace di uscire dalla logica del politicamente
corretto essa conduce solo battaglie innocue. E sempre
perdenti.
Ma poiché la politica si nutre di consenso, il primo passo
da compiere è chiamare in causa la gente la cui
sensibilità all’aggressione della vita è
più alta di quanto si possa immaginare. Non a caso le uniche
vittorie (Family day, referendum legge 40 e l’espulsione dal
parlamento delle frange di estrema sinistra) le abbiamo avute
quanto il popolo è sceso in campo.
Occorre dunque promuovere una forte azione culturale (le famose
condizioni di cui tutti lamentano l’assenza senza mai muovere
un dito per crearle) attraverso i
grandi mezzi della comunicazione di massa. Mi auguro che
Avvenire, la nostra ammiraglia, ritrovi finalmente il coraggio di
compiere la svolta decisiva per condurre questa battaglia di
Verità.
Nel mio piccolo rilancerò, non so ancora con quali risorse,
la diffusione di pieghevoli sulla 194, nella speranza di arrivare a
diffonderne in Italia almeno un milione (la chiesa spagnola,
convinta della bontà di uno strumento agile, sintetico ed
economico come la brochure, per opporsi alla proposta di legge
abortista di Zapatero, ne ha diffuso ben 8 milioni!). Oltre a
smantellare scientificamente i ridicoli luoghi comuni fatti propri
anche da tanti cattolici (come la riduzione degli aborti grazie
alla 194), in esso è proposto il semplice e altissimo
obiettivo che, mi auguro, sia fatto proprio dal “popolo della
vita” (a cui chiedo di non disperdere le proprie energie in
battaglie, anche buone, ma innocue):
Cancellazione della 194, sostenere concretamente la
maternità e favorire ulteriormente l’adozione del
bambino alla nascita anche per ridurre lo scempio della Vita legato
alla fecondazione artificiale. Alla donna che non accetta la
maternità verrà chiesto responsabilmente il
peso (ma il “sacrificio” è così
insopportabile?) di una
gravidanza.
E’ la logica sapiente di Madre Teresa di Calcutta. E noi
staremo con lei e con Giovanni Paolo II, due Santi che tolgono ogni
dubbio a chi ritiene utopistica questa proposta, la sola capace di
rendere questo mondo meno disumano. Sapremo cogliere questa sfida,
rinunciando al volo basso, in quanto cristiani?
Carlo Principe
Presidente del
Centro di Aiuto alla Vita – Benevento
P.S. A Marina Corradi: la sua poesia verso nel bambino appena nato
mi ha molto emozionato.
Mi piacerebbe che lei componesse una lirica anche al bambino non
nato nel grembo materno.