
Obiezione di coscienza
Domanda
Ciao, sono un’ostetrica e vorrei sapere se l’obiezione di
coscienza vale in caso di grabidanza tubarica e se vale quando si
debba iniettare il methotrexate per interromperla. Inoltre vorrei
sapere cosa dice a ruguardo la morale cattolica nei confronti degli
operatori sanitari.
Risponde il Dott. Angelo
Francesco Filardo
Risposta
Gent.ma
Sig.ra,
non
è facile rispondere al quesito da Lei posto e nella
pratica clinica è sempre meno frequente incontrare
chi di fronte ad una gravidanza tubarica si chiede
se l’intervento medico o chirurgico che si appresta a praticare sia
un “aborto diretto”, cioè rimuovere o causare la morte
dell’embrione ancora vitale nella tuba per prevenire una
lacerazione della tuba; o un “aborto indiretto”, rimuovere la tuba
– perdendo l’embrione ancora presente in essa – nel momento in
cui sta per rompersi o si è già rotta mettendo la donna
in imminente pericolo di vita.
Nel primo
caso, cioè se l’ecografia visualizza nella un embrione
vitale con BCF presente senza altri segni di imminente rottura o di
rottura della tuba, un operatore sanitario (medico, ostetrica,
infermiere,..) può far valere l’obiezione di coscienza sia nel
non prescrivere e/o somministrare il methotrexate sia nel non
partecipare all’intervento di salpingectomia
laparoscopica.
Nel
secondo caso, invece, la finalità dell’intervento non è
la morte dell’embrione, ma la rimozione di una tuba
irrimediabilmente compromessa, che mette in imminente pericolo di
vita la donna, per cui l’obiezione di coscienza è meno
sostenibile.
Per
fortuna nella pratica clinica fino a qualche tempo fa erano
molto più numerosi i casi di gravidanze tubariche, che si
presentavano in ospedale già con un quadro di aborto
tubarico, cioè dopo la sesta settimana di gravidanza accertata
con la positività di un primo dosaggio precoce di
HCG all’ecografia TV non era visibile nè in cavità
uterina nè nella tuba l’embrione con attività
cardiaca autonoma, i dosaggi seriati delle HCG non indicavano una
gravidanza in evoluzione, per cui ci si trovava nella stessa
situazione di un aborto
interno trattenuto.
Da
qualche anno, invece, con l’avvento della laparoscopia e con
l’alibi della “medicina difensiva” sembra ci sia una
corsa a fare diagnosi sempre più precoce di gravidanza
ectopica e ad attuare al più presto – in assenza di
sintomatologia clinica di imminente rottura della tuba – una
terapia medica (methotrexate) o chirurgica (salpingectomia
laparoscopica) anche prima della sesta settimana di gravidanza ed
anche con valori crescenti di HCG: in questi casi sarebbe più
eticamente corretto attendere ed il rifiuto di praticare una
terapia può essere sostenibile, anche se i più non lo
capirebbero ed accetterebbero se non ben
argomentato.
La
ringrazio per la domanda, che mi ha fatto rivisitare l’argomento e
se vuole una trattazione più completa può consultare il
libro “L’embrione umana in gravidanza ectopica di mons. Emilio
Silvestrini, Ancora Editrice, 2007.
Nell’esprimerLe la mia ammirazione ed il mio ringraziamento per la
Sua attenzione e la Sua difesa della vita del
concepito La
saluto cordialmente augurandoLe ogni bene
Angelo Francesco Filardo -
ginecologo
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