
L’Italia di fronte alla irresistibile avanzata dell’utero in affitto
Comunicato Stampa n. 172
La sentenza della Cassazione, che ha confermato l’assoluzione
dei due coniugi italiani che erano ricorsi all’utero in affitto in
Ucraina e avevano registrato il bambino acquistato come figlio di
entrambi (mentre era figlio genetico del solo uomo), è
decisamente censurabile e rivela – ove ancora ce ne fosse
bisogno ! – l’ipocrisia e la voluta schizofrenia delle
leggi ingiuste approvate in Italia. In sostanza, poiché la
legge 40/2004 vieta sì, la surrogazione di maternità,
ma senza specificare che il divieto vale anche per le pratiche
realizzate all’estero, le coppie che si recano nei Paesi che
ammettono tale pratica e che seguono le regole lì in vigore
non vengono punite in base alla legge italiana. Del resto, aggiunge
la Cassazione, il bambino è effettivamente figlio dell’uomo
ed è cittadino italiano (in quanto figlio di italiano);
poiché, in base alla legge ucraina, è figlio anche
della donna che l’ha acquistato con l’utero in affitto,
legittimamente la coppia lo ha registrato come figlio di entrambi
al Consolato italiano.
Non è difficile comprendere le possibili ricadute di questa
decisione: cosa succederà se il ricorso all’utero in affitto
avverrà in Paesi che (a differenza dell’Ucraina) ammettono
la pratica anche per coppie non sposate o coppie omosessuali? O
che, più semplicemente, ammettono la compravendita dei
bambini? Sarà sufficiente pagare e rispettare le regole di
quel Paese per vedersi riconosciuta la doppia genitorialità,
anche senza ricorrere alle adozioni illegittimamente disposte da
alcuni Tribunali per i minorenni?
D’altro canto, l’indicazione della Cassazione è chiara:
il legislatore, se vuole essere
sicuro che l’utero in affitto venga punito anche se commesso
all’estero, così da impedire le manovre elusive del
divieto della legge 40, lo affermi
chiaramente e inserisca il divieto nell’elenco dei reati per i
quali non vi è alcun dubbio sulla perseguibilità
(art. 7 del codice penale).
Le reali convinzioni di alcuni uomini politici si potranno misurare
anche in base a questa indicazione.
La riflessione, però, deve essere più generale.
In effetti, si scontrano due visioni contrapposte: da una parte, il
ricorso all’utero in affitto è accettato come normale, come
una pratica di cui non si può che prendere atto (così
fa la Cassazione, che registra che in Ucraina la pratica è
legittima e non si pone alcun problema); dall’altra si sottolinea
che si tratta di una pratica contraria al senso di umanità,
barbara, da vietare in maniera universale.
In effetti, occorre essere davvero ipocriti per ignorare lo
sfruttamento ignobile delle donne del terzo mondo (o di quelle
povere del primo mondo), usate come riproduttrici, cui viene negata
ogni dignità in cambio di un po’ di denaro, e per non vedere
la violenza brutale che si compie verso il bambino, strappato per
sempre alla madre con cui ha vissuto nei primi nove mesi di vita e
consegnato ad altri! Come, pure, è ipocrita il ricco mondo
occidentale, che si scandalizza per lo sfruttamento del lavoro
minorile del terzo mondo e denuncia il colonialismo nelle sue varie
forme ma è pronto a ripeterlo quando gli fa comodo ed
è sufficiente sborsare un po’ di denaro!
Ma la barbara pratica dell’utero in affitto è strettamente
legata alle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, cui
i “committenti” e la madre surrogata ricorrono. Ciò che non
si riesce più a comprendere è che, con quelle
tecniche, gli uomini e le donne sono sempre visti come fornitori di
gameti e le donne sono sempre considerate come contenitrici! Non a
caso, nel delirio degli “scienziati”, entrambe le funzioni sono
potenzialmente sostituibili, con i gameti artificiali o con l’utero
in affitto.
La cosa più grave – oltre al sacrificio di 9/10
embrioni prodotti e trasferiti in utero – è che nella
fecondazione extracorporea, il bambino è sempre visto come
un prodotto! L’espressione “bambino in braccio”, usato per
calcolare le percentuali di successo delle tecniche, lo indica con
chiarezza: agli aspiranti genitori interessa soltanto di avere un
“bambino in braccio”, per di più perfetto, non malato, non
“difettoso”, e per ottenere questo risultato essi sono disposti a
pagare grandi somme! Quanto avviene prima – sovrapproduzione
e selezione degli embrioni, diagnosi genetica preimpianto,
congelamento, ricorso a gameti di estranei, ricorso all’utero di
donne estranee – non interessa affatto: la fecondazione in
vitro promette il risultato di un bambino “proprio” in cambio di
denaro.
Utero in affitto come reato
universale? Senza dubbio sì, sarebbe una prima presa
di coscienza della barbarie, su cui lucrano politici, scienziati e
trafficanti di ogni tipo rispettati ed ossequiati nelle nostre
società!
Ma i tentativi saranno vani se si rinuncerà a denunciare per
intero la disumanità del ricorso alle tecniche di
fecondazione extracorporea – tecniche di tipo veterinario
applicate agli uomini!
Gli uomini, le donne, i bambini,
prima e dopo la nascita, hanno una dignità intrinseca: non
si producono, non si comprano, non si uccidono, non si
sfruttano!