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Continuiamo a fare i medici

2011-02-25

Diffondiamo l’ottimo editoriale di Medicina e
Persona

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Diffondiamo l’ottimo editoriale di Medicina e Persona (le
evidenziazioni sono nostre).



La nostra esperienza quotidiana di medici negli ospedali, sul
territorio, negli ambulatori e ovunque dice che nella nostra professione non c’è
posto per una legge sul fine vita
, comunque la si voglia
chiamare: testamento biologico o DAT (che è pure peggio,
perché anticipare è voler prevedere, predeterminare e
infine autodeterminare il futuro di sé, cosa all’uomo
proprio non possibile, erronea in partenza). (Quanta distanza tra
bio-testamento e dichiarazioni anticipate  (C.Casini,
L’Avvenire, 25/02/2011)

I legislatori facciano pure: sappiano però che non c’è altro modo di salvare
tante Eluana se non attraverso maestri che riprendano a formare
medici amanti della propria professione perché capaci di
amare il proprio destino e il destino di chi è loro
affidato
. Riconosca il Parlamento che non è in suo
potere (e neanche nostro) di salvare altre Eluana. (La legge non
serve? Diteci come salverete la prossima Eluana  (A. Morresi,
Il Foglio, 24/02/2011)

Se una legge “s’aveva da fare” era quella che
già suggerimmo anni fa:  che vietasse chiaramente
eutanasia passiva e attiva con sanzioni  penali per eventuali
condotte mediche fuorilegge alla Riccio o alla  Del Monte. Non
si può protocollare per legge un atteggiamento che è
del medico di fronte al suo malato, nemmeno con la motivazione di
salvare altre Eluana.

Se nel nostro paese c’è ormai una mentalità che
mette a rischio la vita di chi è fragile e indifeso, non la
fermeremo sicuramente con una legge che sarà solo
l’inizio di un contenzioso quotidiano, costante, tra chi
assiste e cura e il fiduciario dell’assistito, con  una
perdita di tempo enorme rispetto ai tempi che al malato sono
dovuti. Ci sarà ancora qualcuno che avrà tempo per
interessarsi realmente del suo paziente?  Non fermeremo questa
mentalità con una legge: chi vorrà determinare la morte di
sé o di un parente lo potrà fare comunque, attraverso
giudici che modificheranno l’assetto della legge stessa,
inevitabilmente.
E gli altri che invece amano la vita
continueranno a rispettarla, senza far ricorso a testamenti,
fidandosi del proprio medico. Quanta fatica per nulla.

Alla fine possiamo dire che questa questione non ci interessa, non
ci sta a cuore, perchè fuori dalla nostra portata
quotidiana. Noi vogliamo solo poter continuare a curare degnamente,
a fare il nostro “mestiere”. Con questa legge –
con qualsiasi legge sul testamento biologico o DAT -
c’è davvero il rischio che chi si affeziona al
paziente si veda esautorato da un collegio di “esperti”
quando richiesto dal fiduciario. E’ medicina questa?
No:  è solo il modo per disamorare il medico dal suo
lavoro. Noi vogliamo continuare a lavorare affezionandoci alle
persone e nell’esclusivo interesse per il paziente,
perché è questo che compie anche noi. Per questo non serve
una legge, non serve nessuna legge.




Editoriale a cura di C. Isimbaldi



                                                                                                                                                        
La Redazione di Medicina e Persona





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