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Se il Movimento per la Vita si ritrova un Presidente pro choice.

2012-08-10

Contributo sulla grave situazione del MPV limpidamente
rappresentata dalle dichiarazioni dell’On.le Casini a Radio24 nella
sortita del 20luglio scorso a “La Zanzara”. Autore Massimo
Micaletti

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Il 20 luglio mi trovo in auto, come spesso accade verso le 20, ad
ascoltare la trasmissione “La Zanzara” su Radio24. Si
tratta di un divertente programma condotto da Giuseppe Cruciani
– giornalista ex Radio Radicale – affiancato da David
Parenzo. L’aria, insomma, è di quella
radical–liberlaroide, ma con moderazione ed una certa
leggerezza.

Si parla di coppie gay e matrimoni gay e chi viene intervistato?
Carlo Casini. Carlo, non Pierferdinando Casini: ci riferiamo dunque
al Presidente del Movimento per la Vita Italiano.

Ora, Radio24 è una signora platea, una platea che il Movimento
per la Vita raramente ha avuto, per giunta al di fuori delle solite
“riserve indiane” rappresentate dalle trasmissioni a
sfondo religioso o dalle radio confessionali.

Bene.



Cruciani attacca sui matrimoni gay, ma poi tocca il tema aborto. Ed
incalza Casini sul punto.

La trasmissione può essere riascoltata a questo
indirizzo:

http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=lega-nord-maroni-bossi-pdl-oscar-giannino-casini-gay-bersani-albertini


L’intervista si trova più o meno al minuto 83.

Casini dichiara inizialmente che l’aborto è la
soppressione di un bambino nel seno della madre, sovvertendo
abilmente il discorso sulla discriminazione degli omosessuali
definisce l’aborto “una gravissima discriminazione verso i
bambini non nati
”. Chapeau.

A quel punto, come di sua impronta, Cruciani porta Casini alle
strette e gli chiede se cancellerebbe l’aborto legale.
Parenzo ci mette il carico “Sì. Ma certo che sì, l’ha
già detto!
”. Beh, se l’ha detto,
perché non confermarlo? Perché non dire che
l’aborto legale è un crimine legalizzato, come del resto
il Movimento per la Vita sostiene da sempre in ogni sede?

Casini però tituba: dapprima asserisce che la donna che
abortisce non va punita, poi risponde che cambierebbe radicalmente
la 194, a tutela della vita. Asserisce, poi, magistralmente, che il
problema dell’aborto non è un problema di
“settimane”, che un concepito di quattro settimane ha
pari dignità rispetto ad uno di dodici.

Ma Cruciani è troppo furbo e chiede “E se una donna decide di abortire lo
stesso
?”; allora, Casini riprende la premessa sulla
non punibilità della donna e ritiene che possa essere un atto
tollerato”,
seppur non un diritto. Ovviamente, si tratta di “tolleranza” sul piano giuridico,
non su quello morale: Casini ritiene che possa assimilarsi al
consumo di droga, che non è in effetti un diritto ma non viene
punito dallo Stato. E propone e rivendica con orgoglio
l’esperienza dei Centri aiuto alla Vita. Insomma,
l’aborto legale, va bene no? La domanda non è se sia una
bella cosa, ma se è giusto che sia consentito per legge. La
risposta si perde tra distinguo e volontariato.



Ora, chiunque ascolti quei pochi minuti di intervista può
farsi un’idea ed esprimere, se ritiene, le proprie
considerazioni. Le mie sono queste, e non sono neppure tutte.



L’aborto è, come ha detto Carlo Casini, la soppressione
di un figlio nel grembo della madre: ora, come si può
sostenere che debba essere un atto “tollerato”, al pari del consumo
di droga o della prostituzione? Lo Stato non solo non deve
finanziare l’aborto, ma deve combatterlo in ogni modo. La
risposta dei Centri Aiuto alla Vita non è sufficiente e non
certo per manchevolezze delle strutture – che sono rette da
persone che alle mamme ed ai loro bambini danno, letteralmente, la
vita – ma perché deve essere affiancata da una strenua,
coerente azione culturale. E perché tale azione culturale sia
incisiva, bisogna aver in
primis
presenti la crudeltà e violenza che
l’aborto è. Se si hanno presenti questa crudeltà e
questa violenza, si deve necessariamente concludere che
l’aborto è intollerabile sul piano morale come su quello
giuridico. C’è una sorta di reticenza, su questo punto,
che purtroppo l’On.le Carlo Casini non riesce, da qualche
tempo, a superare.

Già qualche anno fa, ad esempio, in un’intervista al
Foglio Casini dichiarò che la Legge 194 non andava modificata
ma applicata meglio ed integralmente. Specificamente, sul foglio
del 24 maggio 2007 dichiara: “Sentiamo la necessità di creare le
condizioni nella società per ricorrere all’aborto solo
come ultima istanza, che da eccezione sta diventando la regola per
molte donne. Una serie di dati raccolti negli ultimi anni
dimostrano come la legge 194 non sia sbagliata, ma in molti casi
solo disattesa o valutata in modo banale da alcuni
medici
”: solo su segnalazione del Comitato Verità
e Vita si trovò a correggere il tiro in una “Lettera al
Direttore” dello stesso quotidiano, il quale però
rispose seccamente che il giornalista non aveva fatto altro che
trascrivere quanto Casini aveva dichiarato. E questo è uno
degli episodi.



Ora, questo stato di cose rivela almeno due dati
preoccupanti.



Il primo è che Carlo Casini, come del resto moltissimi che si
impegnano sul fronte della Vita, pare aver perduto il senso della
gravissima distinzione tra l’aborto come scelta personale e
l’aborto come fenomeno regolato dallo Stato: sono due ambiti
radicalmente diversi, che partendo dal medesimo fondamento
dell’aborto quale distruzione di una vita devono giungere
alla medesima risposta di condanna, ma per vie diverse. Ad esempio:
quando si parla di aborto legale raramente si considera che la 194
scrimina non solo la madre che chiede la distruzione del feto, ma
anche e soprattutto il medico che materialmente la compie (il quale
viene pure pagato per quel che fa). Raramente, inoltre, si
considera che se davvero la (fallata e fallace) premessa
dell’aborto legale è la tutela della salute della donna
esiste sterminata letteratura scientifica che smentisce
l’assunto secondo cui la donna che ha abortito starebbe
meglio di una che, nelle medesime condizioni abbia deciso di tenere
il bambino: non è vero che una donna che fa quello che vuole
poi sta meglio (questo vale anche per l’uomo, ma per ora gli
uomini non riescono ancora ad abortire). Raramente, infine, si ha
presente che rendere giuridicamente lecito un comportamento lo
incentiva e che pertanto il divieto legale porta necessariamente ad
una sua riduzione, con buona pace delle inesistenti ed
inconsistenti argomentazioni dei Radicali.



Il secondo dato – ben più grave – è che la
prospettiva dell’Onorevole Carlo Casini, Presidente del
Movimento per la Vita Italiano, è orma de facto una prospettiva pro choice.

Se al problema dell’aborto legale noi rispondiamo con i
Centri Aiuto alla Vita vuol dire che lavoriamo solo ed
esclusivamente nell’ottica dell’alternativa, e non
della tutela della vita in quanto tale. E se lavoriamo
nell’ottica dell’alternativa, siamo dell’ottica
della scelta. E se siamo nell’ottica della scelta, siamo in
un’ottica pro
choice
: restrittiva, argomentata, anche confessionalmente
sostenuta, ma sempre pro
choice
.

Ed è pro choice
perché presta una tacita o addirittura esplicita acquiescenza
al fatto che lo Stato offra alle madri la possibilità di
abortire e paghi medici perché ciò avvenga. Sì, si
protesta; sì è una brutta cosa; sì sarebbe meglio
“limitarlo” (ogni volta che sento il verbo
limitare” su
queste tematiche, metto mano alla pistola!): però resti
dov’è, noi lavoriamo all’alternativa.

Nessun abortista – salvo qualche femminista ferma al 68
– può dirsi contrario all’esistenza dei Centri
Aiuto alla Vita, perché essi rafforzano (ovviamente,
involontariamente) l’ideologia della scelta, della
“pari opportunità” tra vita e morte, tra far
nascere un bimbo o abortire. E’ questa l’ottica del
Movimento per la Vita?

Quando mi sono avvicinato al Movimento per la Vita Carlo Casini
disse che noi dovevamo essere coloro che danno voce a chi non ne
ha, riferendosi al concepito. Bene. Cosa direbbe un concepito
sapendo che la mamma sta per scegliere liberamente, impunemente, se
farlo risucchiare da un aspiratore o farsi aiutare da un Centro
Aiuto alla Vita? Direbbe che stiamo facendo un buon lavoro?
E’ sufficiente costruire un’alternativa? E’
sufficiente dire, come Barbara D’Urso, “io non lo farei
mai ma non posso impedire ad un’altra di farlo? Siamo davvero
a posto con la nostra coscienza?



Non dovremmo forse impegnarci affinché quella scelta tra vita
e morte diventi in sé illecita per il nostro Stato? Non
dovremmo impegnarci per la tutela vera e reale, anche
giuridicamente e penalmente presidiata, della vita di tutti gli
esseri umani? E non dovremmo rivendicare questo impegno, i suoi
fondamenti, i suoi obiettivi, con orgoglio e motivandolo
razionalmente?



Di cosa abbiamo paura nel dire che la soppressione del nascituro
è un crimine che la legge deve reprimere? Che qualcuno possa
dire che riteniamo che la madre che chiede l’interruzione di
gravidanza sia un’assassina?

Non cadiamo nella trappola della “mamme assassine”: nessuno,
neppure un pazzo integralista medioevaloide come il sottoscritto
direbbe tout cour che ogni
mamma che abortisce è un’assassina. Esistono molte
ragioni che determinano una donna ad abortire, ed alcune meritano
comprensione per la madre; nessuna di tali ragioni comporta la
giustificazione per il gesto, che è e resta un gesto
distruttivo di una vita, salvo ovviamente il pericolo di vita per
la madre.



Non siamo noi che giudichiamo la donna che chiede di abortire ma
dobbiamo dire forte che una madre che chiede di abortire chiede che
l’essere umano che porta in grembo sia distrutto. Lo dobbiamo
dire senza paura di nessuno. Non diciamo nulla di male anche se
probabilmente del male ce ne faranno e ce ne hanno già fatto.
E dobbiamo dire anche che il medico che l’asseconda è
gravemente responsabile di quella distruzione, senza alcuna
giustificazione. E dobbiamo aggiungere con coraggio (serve solo il
coraggio, gli argomenti non mancano) che lo Stato deve vietare,
rendere illegale una pratica barbara che ha distrutto sinora
milioni di esseri umani in Italia e nel mondo, senza migliorare la
vita di nessuno.



Massimo Micaletti







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