
Ortodossia cattolica: antidoto contro la cultura della morte.
+ Raymond Leo Burke Vescovo Emerito di Saint Louis
Prolusione del Card.
Raymond Leo Burke (Vescovo
Emerito di Saint Louis – Prefetto del Supremo Tribunale della
Segnatura Apostolica – ha ottenuto la Nomina Cardinalizia
all’ultimo Concistoro)
In occasione del V Congresso
Mondiale di Preghiera per la Vita a Roma nel mese di ottobre 2010.
(Organizzato da Human Life International – Vita Umana
Internazionale)
Introduzione
E’ chiaro che stiamo vivendo oggi un momento di lotta
intensa e critica nella promozione della cultura della vita nel
mondo. Molti governi e organizzazioni internazionali apertamente e
in modo aggressivo seguono un programma laicista,contro la vita e
contro la famiglia.
Anche se si usa un linguaggio religioso e si invoca il
nome di Dio, vengono proposti alla gente programmi e politiche
senza rispetto per Dio e per la Sua legge, “come se Dio non
esistesse”(Papa Giovanni Paolo II, Esortazione Post –
Sinodale Christifideles laici, “sulla vocazione e la
missione dei fedeli laici nella chiesa e nel mondo,”30
dicembre 1988,no 34).Ora più che mai, il mondo ha bisogno
della costante testimonianza della verità, manifestata nelle
Sacre Scritture e nella Tradizione,che rende possibile una cultura
pienamente rispettosa del dono della vita umana e della sua origine
nella procreazione, cioè, nella cooperazione dell’uomo
e della donna con Dio mediante l’unione coniugale e
l’educazione nella famiglia che essi hanno formato col
matrimonio.
Nella lettera Enciclica Caritas in Veritate,
“sullo sviluppo integrale dell’uomo nella carità
e nella verità,” dato nel giugno 2009, Papa Benedetto
XVI ci insegna che lo sviluppo per cui Dio ha creato
l’uomo si raggiunge mediante l’affermazione della
cultura della vita:
“Per questo la carità e la verità ci pongono
davanti a un impegno inedito e creativo,
certamente molto vasto e complesso. Si tratta di dilatare la
ragione e di renderla capace di
conoscere e di orientare queste imponenti nuove dinamiche(
nello sviluppo dei popoli),
animandole nella prospettiva di quella “civiltà
dell’amore” il cui seme Dio ha posto in ogni
popolo, in ogni cultura.”( Papa Benedetto XVI, Lettera
Enciclica Caritas in Veritate,
“
Sullo Sviluppo Integrale dell’uomo nella Carità
e nella Verità”, 29 giugno 2009,n° 33).
L’ instancabile promozione della cultura della vita, in
conformità alla verità annunciata nel Magistero
della Chiesa, risponde infatti all’anelito più
profondo in ogni uomo, e in ogni società. Anticipa e prepara
“ un nuovo cielo e una nuova terra che Nostro Signore
Gesù Cristo inaugurerà alla sua venuta
finale(Rv21:1).
Presupposti Fondamentali.
Un primo presupposto fondamentale della mia presentazione
è la verità che la lotta, contro la totale
secolarizzazione per definizione opposta alla vita umana e alla
famiglia, è piena di speranza. E’ senza dubbio inutile
cioè destinata alla fine a fallire. Il presupposto
fondamentale è la vittoria della vita, che Nostro Signore
Gesù Cristo ha già ottenuto.
Cristo anima la Chiesa a tempo con la grazia della Sua vittoria
sul peccato e sulla morte, fino a quando la vittoria raggiunge il
suo compimento, alla Sua Venuta finale, nella Gerusalemme Celeste.
Nonostante la grave situazione, nel nostro mondo,
dell’attacco alla vita umana innocente e indifesa e
all’integrità del matrimonio come unione di un uomo e
una donna per tutta la vita, amore fedele e procreativo, permane
una voce forte a difesa dei nostri fratelli e sorelle più
piccoli e più indifesi, senza confini o eccezioni, e della
verità sull’unione coniugale come è stata
concepita da Dio alla creazione. Rimane forte nel mondo la voce
cristiana, la voce di Cristo, trasmessa dagli apostoli. Rimane
forte la voce di uomini e donne di buona volontà che
riconoscono e obbediscono alla legge di Dio scritta nei loro
cuori.
Vivendo in una cultura totalmente secolarizzata, dobbiamo aprire
gli occhi per vedere che molti riconoscono il fallimento umano
della nostra cultura e guardano con speranza alla Chiesa per
l’ispirazione e la forza di reclamare il timor di Dio e
le basi cristiane di ogni umana società. Dio ci ha creati
per scegliere la vita; Dio il Figlio Incarnato ha ottenuto la Sua
vittoria della vita per noi, la vittoria sul peccato e sulla morte
eterna(cf. Dt 30:19; Gv 10,10). Noi, perciò, non dobbiamo
mai rinunciare a lottare per promuovere una cultura fondata sulla
scelta della vita, che Dio ha scritto nei nostri cuori e la
vittoria della vita, che Cristo ha ottenuto nella nostra natura
umana. Testimoniamo,infatti, ogni giorno
l’impegno di fratelli e sorelle timorate di Dio che
sostengono la causa della vita e della famiglia nelle loro case,
nelle loro comunità locali, nel loro paese e nel mondo.
Un secondo presupposto fondamentale della mia presentazione
è il rapporto essenziale tra il rispetto per la vita umana e
il rispetto per l’integrità del matrimonio e della
famiglia. L’ attacco alla vita innocente ed indifesa del
bambino non nato ha la sua origine in un’erronea visione
della sessualità umana, che cerca di eliminare, con mezzi
meccanici e chimici, la natura essenzialmente procreativa
dell’atto coniugale. Si sostiene erroneamente che
l’atto coniugale modificato in modo artificiale conserva la
sua integrità. Si afferma che l’atto rimane unitivo e
amoroso, anche se la sua natura procreativa è stata
radicalmente violata. Di fatto non è unitivo, perché
uno o entrambi i partners trattengono una parte essenziale del dono
di sé, che è l’essenza dell’unione
coniugale. La cosiddetta “ mentalità
contraccettiva” è fondamentalmente contro la vita.
Molte forme della cosiddetta contraccezione sono, infatti, forme
abortive, cioè, distruggono all’inizio una vita che
è già stata concepita.
La manipolazione dell’atto coniugale, come il Servo di Dio
Papa Paolo VI profeticamente osservava, ha portato a molte forme di
violenza nella vita coniugale e familiare.(cf. Papa Paolo VI,
Lettera Enciclica Humanae Vitae, “ Sulla giusta
regolamentazione della riproduzione della prole,”25 luglio
1968, n° 17). Con la diffusione della mentalità
contraccettiva, specialmente tra i giovani , la sessualità
umana non è più vista come dono di Dio, che
unisce un uomo e una donna, in un legame di amore fedele e per la
vita,coronato dal dono di nuova vita umana, ma, piuttosto, come
strumento di gratificazione personale. Quando l’unione
sessuale non è più vista procreativa, come
per sua natura, si fa uso della sessualità umana in
modi che sono profondamente dannosi e veramente distruttivi degli
individui e della stessa società. Basti solo pensare alla
devastazione perpetrata ogni giorno nel mondo dall’industria
della pornografia dal dollaro multi-milionario. Proclamare la
verità sull’unione coniugale nella sua pienezza e
correggere il pensiero contraccettivo che teme la vita, che teme la
procreazione, è fondamentale per la promozione della cultura
della vita.
E’ istruttivo notare che Papa Benedetto XVI, nella sua
Lettera Enciclica sulla dottrina sociale della Chiesa, fa
riferimento in modo particolare alla Lettera Enciclica Humanae
Vitae diPapa Paolo VI, sottolineando la sua importanza”
per delineare ilsenso pienamente umano dello sviluppo proposto
dalla Chiesa”( Caritas in Veritate, n°15).
Papa Benedetto XVI spiega chiaramente che l’insegnamento
nella Humanae vitae non era semplicemente una questione di
“moralità individuale”, dichiarando:
La Humanae vitae indica i forti legami esistenti
tra etica della vita ed etica sociale, inaugurando una tematica
magisteriale che ha via via preso corpo in vari documenti, da
ultimo nell’Enciclica Evangelium vitae di Giovanni
Paolo II( Caritas in veritate,n°15).
Sua Santità ci ricorda la parte fondamentale che una
giusta comprensione della nostra sessualità ha in un
autentico sviluppo dell’uomo.
Nel trattare l’intera questione della procreazione, Egli
sottolinea la natura critica della giusta comprensione della
sessualità umana, del matrimonio e della famiglia.
Dichiara:
La Chiesa che ha a cuore il vero sviluppo dell’uomo, gli
raccomanda il pieno rispetto dei valori umani nell’esercizio
della sessualità. Non la si può ridurre a mero fatto
edonistico o ludico, così come l’educazione sessuale
non si può ridurre a un’istruzione tecnica, con
l’unica preoccupazione di difendere gli interessati da
eventuali contagi o dal “rischio” procreativo.
Ciò equivarrebbe ad impoverire e disattendere il significato
profondo della sessualità,che deve invece essere
riconosciuto e assunto con responsabilità tanto dalla
persona quanto dalla comunità(Caritas in
veritate,n°44).
Il rispetto dell’integrità dell’atto
coniugale è fondamentale per la promozione della cultura
della vita. Per Papa Benedetto XVI è necessario “
proporre ancora alle nuove generazioni la bellezza del
matrimonio e della famiglia, la rispondenza di tali istituzioni
alle esigenze più profonde e alla dignità della
persona”( Caritas in veritate, n° 44). In questa
prospettiva, fa notare che “gli Stati sono chiamati
varare politiche che promuovano la centralità e
l’integrità della famiglia, fondata sul
matrimonio tra un uomo e una donna, prima e vitale cellula della
società, facendosi carico anche dei suoi problemi economici
e fiscali,nel rispetto della sua natura relazionale(Caritas in
veritate,n° 44).
Il Magistero e la Promozione della Cultura della
Vita
La relazione tra Magistero e la nostra salvezza eterna è
alla base della nostra vita in Cristo. In un
mondo che premia soprattutto l’individualismo e
l’autodeterminazione, il cristiano è facilmente
tentato a vedere il Magistero in relazione al suo individualismo e
al suo utile. In altre parole, è tentato a relativizzare
l’autorità del Magistero. Il fenomeno è oggi
comunemente conosciuto come “Cattolicesimo
Caffetteria”. ( “Cafeteria Catholicism”)
Il compito del Vescovo, come vero pastore del gregge, è
davvero insostituibile. Il Venerabile Papa Giovanni Paolo II, nella
sua Esortazione Apostolica Post-Sinodale Pastores gregis,
“ Sul Vescovo, Servitore del Vangelo di Gesù Cristo
per la Speranza del Mondo,” dato il 16 ottobre 2003,
25° anniversario della sua elezione alla sede di
San Pietro, ha richiamato il Rito di Ordinazione episcopale e in
particolare il momento in cui “ sul capo
dell’eletto” è imposto l’Evangeliario,
durante la preghiera di Consacrazione, che contiene la forma del
Sacramento, osservando:
Si vuole con ciò esprimere,da una parte, che la Parola
avvolge e custodisce il ministero del Vescovo e, dall’altra,
che la vita del Vescovo deve essere interamente sottomessa alla
Parola di Dio nella quotidiana dedizione di predicare
il Vangelo con ogni pazienza e dottrina(cf.2 Tim.4)( Papa Giovanni
Paolo II, Esortazione Apostolica Post-sinodale, Pastores
gregis, “sul Vescovo, Servitore del Vangelo di
Gesù Cristo per la Speranza del Mondo,”16 ottobre
2003,n° 28).
Precedentemente nella Esortazione Apostolica
Post-sinodale, sottolineava che “l’annuncio di
Cristo ha sempre il primo posto e che il Vescovo è il primo
annunciatore del Vangelo con la parola e con la testimonianza della
vita”. Richiamava poi i Vescovi ad “essere coscienti
delle sfide che l’ora presente reca con sè e ad avere
il coraggio di affrontarle”(n° 26).
Tutto il contenuto della nostra fede, quello che San Paolo nella
Prima e Seconda Lettera a Timoteo chiama il deposito della fede, si
trova nelle Sacre Scritture e nella Tradizione/1Tim 6,22; e 2 Tim
1,12-14). La fede nella sua integrità è stata
affidata alla chiesa da Cristo attraverso il ministero degli
Apostoli. IL deposito della fede è costituito
dall’insegnamento degli Apostoli, dal beneficio di
quell’insegnamento nella vita di preghiera e in quella
sacramentale e dalla testimonianza dell’insegnamento nella
vita morale. Il fondamento è la sana dottrina che
trova la sua più alta espressione nei Sacramenti,
soprattutto la Santa Eucaristia, e che è testimoniata nella
santità di vita del credente.(cf. Catechismo della
Chiesa Cattolica,n°84).
La responsabilità del deposito della fede e della sua
trasmissione in ogni epoca è affidato “ al solo
magistero vivo della Chiesa”(Concilio Ecumenico
Vaticano Secondo, Costituzione Dogmatica Dei Verbum,
“Sulla Divina Rivelazione,” 18
novembre1965,n°10).Il“l’insegnamento
vivo” o Magistero della Chiesa, esercitato dal Pontefice
romano e dai Vescovi in comunione con Lui, riceve la sua
autorità da nostro Signore Gesù Cristo. Cristo ha
conferito agli Apostoli, con Pietro come loro capo, e ai loro
successori, i Vescovi, con il successore di Pietro, come loro capo,
l’autorità di insegnare in modo autentico(
Catechismo della Chiesa Cattolica, n°85).
Il Pontefice romano e i Vescovi sono servitori di Cristo e della
Sua santa Parola. Il Magistero “ insegna soltanto ciò
che gli è stato trasmesso, in quanto per divino mandato e
con l’assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta ,
santamente custodisce e fedelmente espone”( Dei
Verbum, n° 10). Il Pontefice romano e i Vescovi in
comunione con Lui insegnano solo ciò che è contenuto
nel deposito della fede come verità divina rivelata(cf.
Catechismo della Chiesa Cattolica,n°86).
Il Magistero, in obbedienza a Cristo e per la potenza della
particolare grazia dello Spirito Santo, interpreta la Parola di
Dio, contenuta nelle Sacre Scritture e nella Tradizione, nelle
questioni sia di fede che di morale. Il Pontefice romano e i
Vescovi in comunione con Lui definiscono i dogmi della fede
cioè le verità contenute nel deposito della fede e
“ verità che a quelle sono necessariamente
collegate” ( Catechismo della Chiesa
Cattolica,n° 88).
In merito alla morale, il Magistero presenta fedelmente il
Decalogo e le esigenze di una vita virtuosa. Il Magistero
fallirebbe la missione datagli da Dio,se non applicasse la
Tradizione vivente alle circostanze della vita quotidiana in
Cristo.
Il Venerabile Papa Giovanni Paolo II esortava i Vescovi ad
esercitare il Magistero riguardante la vita morale con queste
parole:
Le norme che la Chiesa propone riflettono i Comandamenti divini,
che hanno la loro sintesi e il loro coronamento nel comandamento
evangelico della carità. Il fine a cui tende ogni norma
divina è il maggior bene dell’uomo… Non
si deve inoltre dimenticare che i Comandamenti del decalogo hanno
un radicamento nella stessa natura umana, e che perciò
i valori che essi difendono hanno una validità universale.
Questo vale in particolare per la vita umana, da difendere dal suo
concepimento alla sua conclusione con la morte naturale; la
libertà delle persone e delle nazioni, la giustizia sociale
e le strutture devono raggiungerlo.( Pastores gregis,
n° 29).
In una cultura aggredita da ciò che il Santo Padre, nella
sua omelia la mattina dell’apertura del conclave nel quale fu
eletto Successore di San Pietro, chiamò “ la dittatura
del relativismo,” il Vescovo, come capo, maestro della fede e
della morale nella diocesi, porta un peso particolarmente pesante e
costante nel fornire un solido insegnamento che salvaguardi e
promuova il bene di tutti i fedeli, specialmente quelli che non
sanno badare o difendere se stessi( “ dittatura del
relativismo”: “Initium Conclavis,” Acta
Apostolicae Sedis, 97 (2005), p.687).
La catechesi è la responsabilità fondamentale che
il vescovo esercita per il bene dei fedeli affidati alla sua cura,
e precipuamente per la loro salvezza eterna. Papa Giovanni Paolo II
ricordava ai vescovi che essi assolvono la loro
responsabilità con il primo annuncio della fede o kerygma,
“che è sempre necessario per suscitare
l’obbedienza della fede, ma che è ancora più
urgente nell’odierna situazione segnata
dall’indifferenza e dall’ignoranza religiosa di tanti
cristiani”( Pastores gregis, n°29). Insieme al
kerygma vi è la catechesi di quelli che hanno abbracciato la
fede e faticano ad obbedire alla fede. Papa Giovanni Paolo II
dichiarava: “Per questo è dovere di ogni vescovo
assicurare alla propria chiesa particolare la effettiva
priorità di una catechesi attiva ed efficace. Egli stesso
anzi deve esercitare la sua sollecitudine mediante interventi
diretti destinati pure a suscitare e conservare
un’autentica passione per la catechesi”(
Pastores gregis, n°29).
Come Papa Giovanni Paolo II ricordava ai vescovi, nella
succitata esortazione, il Magistero comprende anche i precetti
della legge naturale scritti da Dio nel cuore dell’uomo, le
esigenze di una condotta conforme alla vera natura dell’uomo
e all’ordine del mondo, la creazione di Dio.
L’obbedienza ai dettami della legge naturale è
necessaria alla salvezza, perciò, l’insegnamento della
legge naturale è parte integrante dell’autorità
del Magistero e della sua solenne responsabilità.
“ Nel ricordare le prescrizioni della legge naturale, il
Magistero della Chiesa esercita una parte essenziale della sua
funzione profetica di annunciare agli uomini chi sono realmente e
di ricordare loro ciò che devono essere davanti a
Dio”( Catechismo della Chiesa Cattolica,n°2036).
Quando i vescovi e i fedeli si sottomettono obbedientemente con la
mente e il cuore alle ispirazioni dello Spirito Santo,
l’eterna verità della fede risplende in tutta la
chiesa per la edificazione del corpo di Cristo e la trasformazione
del mondo.
La risposta del vescovo e dei fedeli all’esercizio
dell’ autorità magisteriale di Cristo è
l’obbedienza, per cui essi riconoscono nelle verità
proclamate, riguardanti la fede e la morale, l’infallibile
guida alla loro salvezza in Cristo che disse agli apostoli:”
chi ascolta voi, ascolta me”(Lc 10, 16). Le parole di nostro
Signore ci sono chiare nel loro significato.
L’obbedienza al Magistero è una virtù e si
ottiene mediante la pratica di questa obbedienza. Quando i pastori
del gregge sono obbedienti al Magistero, affidato al loro
esercizio, allora i membri del gregge crescono
nell’obbedienza e camminano con Cristo sulla via
della salvezza. Se il pastore non è obbediente,il gregge
facilmente cade nella confusione e nell’errore. Il pastore
deve essere particolarmente attento agli assalti di satana che sa
che, se riesce a colpire il pastore, gli sarà facilitato il
compito di disperdere il gregge(cf. Zac 13,7).
Nella Lettera Enciclica Fides et Ratio,
« sui rapporti tra fede e ragione,” il Venerabile
Papa Giovanni Paolo II ci ricorda che Il magistero è
strettamente legato alla Sacra Tradizione e alla Sacra Scrittura,
mentre, allo stesso tempo, la Sacra Scrittura e la
Sacra Tradizione sono trasmesse da una generazione all’altra
con l’obbedienza al Magistero. Papa Giovanni Palo II
dichiarava:
La “ regola suprema della propria fede” le proviene
dall’unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra
Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa in una
reciprocità per cui i tre non possono sussistere in maniera
indipendente ( Fides et Ratio, n°55).
La fede è viva. La fede si riceve mediante l’azione
dello Spirito Santo che dimora nell’anima, e si manifesta con
l’azione purificatrice e fortificante dello Spirito Santo che
ispira l’uomo a mettere in pratica la fede.
L’obbedienza della fede è la disposizione della
mente e del cuore a credere a tutto ciò che Dio ci ha
rivelato e a fare tutto ciò che Egli ci chiede.
L’obbedienza della fede è la risposta adeguata alla
rivelazione di Dio, che ha la sua pienezza in nostro Signore
Gesù Cristo.(cf. Eb 11,8). L’obbedienza al Magistero,
custode e maestro della fede, è la disposizione
fondamentale del cattolico battezzato e cresimato(cf.
Catechismo della Chiesa Cattolica, n°142-143).
La Beata Vergine Maria visse la perfetta obbedienza della fede.
Nella Visitazione, Elisabetta, sua cugina, manifestò
l’identità di Maria come Madre del Redentore con le
parole: “ Beata colei che ha creduto nell’adempimento
delle parole del Signore ”(Lc 1,45).
La risposta di Maria all’annuncio dell’Arcangelo
Gabriele esprimeva perfettamente la disponibilità alla
totale obbedienza della sua anima:” sono la serva del
Signore; avvenga di me quello che hai detto ”(Lc1,37-38). La
risposta di Maria è il modello della nostra risposta
quotidiana alla volontà di Dio nella nostra vita che il
Magistero della Chiesa ci insegna. Le ultime parole della Vergine
Maria, riportate nel Vangelo, sono il compendio del suo materno
insegnamento. Quando i servi che mescevano il vino alle Nozze di
Cana si rivolsero lei per chiederle aiuto, Ella li indirizzò
al Figlio di Dio, suo Figlio, dicendo: “ Fate quello che vi
dirà”(Gv 2,5). Obbedendo al consiglio materno, i servi
furono testimoni del primo miracolo del ministero pubblico di
Gesù.
La fede è, soprattutto, “adesione personale
dell’uomo a Dio”( Catechismo della Chiesa
Cattolica,n°150). Quando crediamo a tutto ciò
che Dio ci ha rivelato, poniamo tutta la nostra fiducia in Lui,
nella Sua Provvidenza. Tale fiducia si può riporre solo in
Dio. La fede in Dio Padre e la totale fiducia nelle Sue
Promesse sono chiaramente fede in Gesù Cristo, suo
unico Figlio Prediletto e nello Spirito Santo che dimora sempre con
noi nella Chiesa.(cf. Catechismo della Chiesa
Cattolica,nn. 151-152). Nostro Signore Gesù Cristo ci
rende uno con Lui nel fare tutto ciòche il Padre ci chiede,
riversando nella nostra anima i sette doni dello Spirito Santo: la
grazia dello Spirito Santo ci permette di conoscere la
volontà di Dio e di farla con coraggio. I sette doni dello
Spirito Santo producono nel nostro animo una sette volte tanto
disposizione che si può descrivere come obbedienza della
fede.
La vita morale scaturisce dalla fede in Dio. E’
l’ “obbedienza della fede” in azione. La prima
tavola dei Dieci Comandamenti regola la giusta relazione con Dio,
che rende possibile la giusta relazione con gli altri e con il
mondo, regolata dalla seconda tavola. Quando sbagliamo moralmente,
sbagliamo anche nella fede(cf. Catechismo della Chiesa
Cattolica,nn. 2087-2088). Spesso ricordo le parole di un saggio
professore di Diritto Canonico, che mi ha insegnato la disciplina
della Chiesa riguardante il clero. Più di una volta , disse
alla classe: “quando ci sono problemi di castità, ci
sono problemi di obbedienza”. La nostra ribellione contro la
verità morale è ribellione contro Dio e tutto
ciò che Egli ci insegna.
Sfide all’Obbedienza al Magistero
L’obbedienza al Magistero è difficile per
l’uomo di qualsiasi età. La pratica dell’
“obbedienza della fede” è difficile da vivere a
fondo. La difficoltà proviene sia da dentro di noi che da
fuori di noi. Noi subiamo le conseguenze del peccato dei nostri
progenitori,che fu essenzialmente un peccato di disobbedienza
orgogliosa, di ribellione contro la volontà di Dio. La
grazia dello Spirito Santo, riversata nel nostro animo mediante il
Battesimo, rafforzata e aumentata con la Cresima e nutrita
con la Santa Eucaristia, da sola ci aiuta a superare la
tendenza ereditata alla ribellione e alla disobbedienza.
Dall’esterno Satana non smette mai di proporci la stessa
tentazione che propose ai nostri progenitori, la tentazione di
comportarci come se Dio non esistesse, di agire come se fossimo
Dio. Il mondo intorno a noi, la cultura in cui viviamo, nella
misura in cui ha ceduto agli inganni di Satana, è
fonte di grande tentazione per noi. Infatti la nostra cultura
è stata descritta come “senza Dio” sia dal
Venerabile Papa Giovanni Paolo II che da Papa Benedetto XVI. La
nostra cultura ci insegna ad agire come se Dio non esista. Allo
stesso tempo, ci insegna un radicale individualismo e auto
interesse che ci allontana dall’amore di Dio e
dall’amore reciproco.
Spesso la mancanza di obbedienza al Magistero non è
totale, ma selettiva. La nostra cultura ci insegna a credere a
tutto ciò che è conveniente e a rifiutare ciò
che è difficile o ci sfida. Possiamo, così,
facilmente cadere nel “Cattolicesimo caffetteria”, una
pratica della fede, che prende e sceglie quale parte del deposito
della fede credere e praticare. Un esempio molto tragico di
mancanza di obbedienza della fede, anche da parte di
alcuni vescovi, è stata la risposta di molti alla Lettera
Enciclica Humanae vitae di Papa Paolo VI, pubblicata
il 25 luglio,1968. La confusione che ne è derivata ha
portato molti cattolici ad abitudini di peccato in ciò che
riguarda la procreazione e l’educazione della vita umana.
La mancanza di integrità nell’obbedire al Magistero
si può anche osservare nell’ipocrisia di cattolici che
pretendono di praticare la loro fede, ma che si rifiutano di
applicare la verità della fede nell’esercizio della
politica, della medicina, degli affari e di altre attività
umane. Questi cattolici pretendono di aderire “in modo
personale” alla verità della fede, per esempio, in
merito all’inviolabilità della vita umana innocente ed
indifesa, mentre, nell’arena politica o nella pratica della
medicina, collaborano negli attacchi ai nostri fratelli e sorelle
non nati o ai fratelli e sorelle indeboliti sotto il peso degli
anni, della malattia o di particolari bisogni. La loro
disobbedienza non riguarda qualche verità particolare alla
vita della Chiesa cioè qualche problema confessionale,
ma la verità della legge naturale divina scritta in ogni
cuore umano e alla quale, pertanto, tutti gli uomini devono
obbedire.
L’obbedienza della fede ci obbliga in tutte le situazioni
della vita, anche in situazioni in cui è molto difficile
fare quello che Dio ci chiede. Infine l’obbedienza della fede
potrebbe richiedere il martirio.
Nella Lettera Enciclica Veritatis Splendor,
“Circa alcune questioni fondamentali dell’insegnamento
morale della Chiesa del 6 agosto, 1993, il Venerabile Papa
Giovanni Paolo II insegna che non ci può essere
compromesso nell’obbedienza all’insegnamento morale del
magistero: “Anche nelle situazioni più difficili
l’uomo deve osservare la norma morale per essere obbediente
al santo comandamento di Dio, coerente con la propria
dignità personale.
Certamente, l’armonia tra libertà e verità
domanda ,a volte, sacrifici non comuni, e va conquistata ad un alto
prezzo;può comportare anche il
martirio”(n.102°)
Il Magistero e la Vita Pubblica
In merito al Magistero e alla vita pubblica, si è
sviluppata in molti posti la falsa convinzione che il cristiano o
qualsiasi persona di fede,per essere un vero cittadino della
propria nazione,deve separare la sua vita di fede dalla vita
pubblica. Secondo questa convinzione, si finisce con l’avere
cristiani , per esempio, che pretendono di essere fedeli
membri della chiesa in modo personale e quindi di rispondere ai
dettami della legge morale naturale, quando invece sostengono e
supportano il diritto di violare la legge morale nei suoi dogmi
fondamentali. Troviamo cattolici che si professano tali, per
esempio, nonostante sostengano e supportino il diritto di una donna
a procurare la morte del suo bambino in grembo, e/o il diritto di
due persone dello stesso sesso al riconoscimento che lo Stato
dà ad un uomo e ad una donna che hanno contratto matrimonio.
Non è possibile essere cattolico praticante e comportarsi
pubblicamente in questo modo.
Mentre la Chiesa non si prefigge di imporre, generalmente,
alle persone pratiche prettamente confessionali , deve promuovere
l’insegnamento e la difesa della legge morale, comune a tutti
gli uomini, che è il cuore di ogni vera religione. Quale
governo esigerebbe che i cittadini e i leader politici si
comportassero senza alcun riferimento ai fondamentali dettami
della legge morale?
Mentre la vera religione insegna la legge morale naturale,
l’osservanza della legge morale non è una pratica
confessionale. E’piuttosto una risposta a ciò che
è scritto nel profondo di ogni cuore umano.
La fede religiosa esprime chiaramente la legge morale naturale,
rendendo gli uomini di fede capaci di riconoscere più
prontamente ciò che la natura umana e la natura delle cose
chiede loro e di conformare la loro vita alla verità che
riconoscono. Per questo motivo i governi, in passato, hanno
riconosciuto l’importanza della fede religiosa per la vita
della nazione. Le leggi di molte nazioni, infatti, tendono a
proteggere l’insegnamento e la pratica della fede religiosa
per amore del bene comune.
Nella Lettera Enciclica Caritas in veritate, Papa
Benedetto XVI ci ricorda:
La religione cristiana e le altre religioni possono dare il loro
apporto allo svilupposolo se Dio trova un posto anche nella
sfera pubblica, con specifico riferimento alle dimensioni
culturali, sociale, economica e, in particolare, politica. La
dottrina sociale della Chiesa è nata per rivendicare questo
“statuto di cittadinanza” della religione cristiana. La
negazione del diritto a professare pubblicamente la propria
religione e ad operare perché le verità della fede
informino di sé anche la vita pubblica comporta conseguenze
negative sul vero sviluppo…La ragione ha sempre bisogno
di essere purificata dalla fede, e questo vale anche per la
ragione politica, che non deve credersi onnipotente. A sua volta,
la religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla
ragione per mostrare il suo autentico volto umano. La
rottura di questo dialogo comporta un costo molto gravoso per lo
sviluppo dell’umanità( Caritas in veritate,
n°56).
Nell’attuale situazione del mondo, la fede cristiana ha la
responsabilità critica di affermare chiaramente la legge
morale naturale e le sue esigenze.
Sotto la costante influenza della filosofia razionalista e
laicista, che fa dell’uomo, invece di Dio, il metro
fondamentale di ciò che è giusto e buono, molti sono
caduti nella confusione sulle verità basilari,
ad esempio, l’inviolabile dignità della vita umana
innocente, dal concepimento alla morte naturale, e
l’integrità del matrimonio tra un uomo e una donna
come prima ed insostituibile cellula della vita sociale. Se i
cristiani non riescono ad promuovere e difendere la legge
morale naturale, vengono meno al dovere fondamentale di cittadini
di amare il proprio paese, servendo il bene comune.
Papa Benedetto XVI ci ricorda che la legge morale naturale
universale “è saldo fondamento di ogni dialogo
culturale, religioso e politico, e consente al multiforme
pluralismo delle varie culture di non staccarsi dalla comune
ricerca del vero, del bene e di Dio”( Caritas in
veritate,nç59). In riferimento alla fondamentale
mancanza morale della nostra cultura, cioè, “una
coscienza ormai incapace di riconoscere l’umano,”
Papa Benedetto XVI dichiara: “ Dio svela l’uomo
all’uomo;la ragione e la fede collaborano nel mostrargli il
bene, solo che lo voglia vedere; la legge naturale, nella quale
risplende la Ragione creatrice, indica la grandezza
dell’uomo, ma anche la sua miseria quando egli disconosce il
richiamo della verità morale”( Caritas in
veritate,n°75)
Lo Scandalo della Disobbedienza al
Magistero
Riconoscendo la responsabilità dei cristiani e di tutti
gli uomini di buona volontà a proclamare e difendere la
legge morale naturale, noi riconosciamo anche lo scandalo che si
dà quando i cristiani non riescono a difendere la legge
morale nella vita pubblica. Quando quelli che si professano
cristiani favoriscono e promuovono, allo stesso tempo, politiche e
leggi che permettono la soppressione della vita umana innocente ed
indifesa e violano l’integrità del matrimonio e della
famiglia, si confonde la gente e la si induce in errore sui
principi basilari della legge morale. Nel nostro tempo si esita
molto a parlare di scandalo, come se, in qualche modo, fosse solo
un fenomeno tra persone meschine e grette, e perciò lo
strumento di queste persone per condannare gli altri in modo
temerario ed erroneo.
Certamente, esiste qualcosa del genere come lo scandalo
farisaico cioè un’interpretazione maliziosa delle
azioni altrui moralmente buone o tutt’al più
indifferenti.
Il termine deriva dal presunto scandalo dato da Nostro Signore
Gesù ai Farisei guarendo,per esempio, il cieco nato in
giorno di sabato(cf. Gv9,13-34).
Ma esiste anche il vero scandalo cioè indurre gli altri,
con le nostre parole, azioni ed omissioni, in confusione ed errore
e pertanto in peccato. Nostro Signore fu chiaro nel condannare
quelli che avrebbero confuso e indotto gli altri in peccato con le
loro azioni ed omissioni. Nell’insegnare ai discepoli sulle
tentazioni, Egli dichiarò:
E’ inevitabile che avvengano scandali; ma guai a colui per
cui avvengono…!E’ meglio per lui che gli sia messo al
collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare,
piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli(Lc 17,1-2)
E’ chiaro che Nostro Signore ci ha insegnato come prima
responsabilità, con le più gravi conseguenze,
di evitare lo scandalo, cioè, ogni atto o omissione che
potrebbe indurre un altro in peccato. Le parole di Nostro Signore
sono molto forti.
Ignorare che i cattolici nella vita pubblica, per esempio,
che costantemente violano la legge morale riguardante
l’inviolabilità della vita umana innocente e
l’integrità dell’unione matrimoniale, inducono
molti nella confusione e persino nell’errore per quanto
riguarda i fondamentali insegnamenti della legge morale, concorre
infatti alla confusione e all’errore, contribuendo al
gravissimo danno dei nostri fratelli e sorelle e perciò
dell’intera nazione. La perenne disciplina della Chiesa ha
proibito, pertanto, di dare la Santa Comunione e di concedere il
funerale in chiesa a quelli che persistono, sia pur ammoniti, nella
grave violazione della legge morale( Codice di Diritto Canonico,
cann. 915 e 1184,&1,3°).
Si afferma che queste discipline che la Chiesa ha costantemente
osservato nei secoli presumono di esprimere un giudizio
sull’eterna salvezza dell’anima, giudizio che
appartiene a Dio solo, e perciò dovrebbero essere
abbandonate. Al contrario, queste discipline non sono un
giudizio sulla salvezza eterna in questione. Sono
semplicemente il riconoscimento di una verità
oggettiva,cioè, che le azioni pubbliche
dell’anima sono in grave violazione della legge morale, a suo
proprio grave danno e al grave danno di tutti quelli che sono
confusi e tratti in errore dalle sue azioni. La Chiesa affida ogni
anima alla misericordia di Dio, che è grande al di là
di ogni immaginazione, ma che non la dispensa dall’annunciare
la verità della legge morale, anche applicando le sue
vecchie discipline, per amore della salvezza di tutti.
Quando una persona ha pubblicamente abbracciato e collaborato in
atti gravemente peccaminosi, inducendo molti nella confusione e
nell’errore sulle questioni fondamentali del rispetto per la
vita umana e l’integrità del matrimonio e della
famiglia, il pentimento per queste azioni deve anche essere
pubblico. La persona in questione ha una pesante
responsabilità per il grave scandalo dato. La
responsabilità è particolarmente pesante per i leader
politici. La riparazione a tale scandalo comincia con il
riconoscimento del proprio errore e la pubblica dichiarazione della
propria adesione alla legge morale. L’anima che riconosce la
gravità di ciò che ha fatto sentirà, infatti,
subito il bisogno di fare pubblico pentimento.
Se c’è sempre stato il pericolo di dare scandalo
agli altri con azioni pubbliche gravemente peccaminose o
omissioni, quel pericolo si è intensificato nel nostro
tempo. Per la confusione sulla legge morale presente nel
discorso pubblico ed anche incarnata in leggi e in
dichiarazioni giudiziarie, il cristiano è tenuto ad un
più alto livello di chiarezza nel proclamare e difendere la
legge morale.
E’ particolarmente insidioso che la nostra società,
che è profondamente confusa sui beni basilari, creda anche
che lo scandalo sia qualcosa del passato. Si vede la mano del Padre
delle Menzogne al lavoro nell’ignorare la situazione di
scandalo o mettere in ridicolo e persino criticare quelli che
provano scandalo. Nell’insegnare il rapporto tra ecologia
umana e ecologia ambientale, Papa Benedetto XVI sottolinea una
contraddizione nel “livello morale generale della
società”, che induce noi e soprattutto la
gioventù in confusione ed errore:
Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale,
se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita
dell’uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la
coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana
e, con esso, quello di ecologia ambientale. E’ una
contraddizione chiedere alle nuove generazioni il rispetto
dell’ambiente naturale, quando l’educazione e le leggi
non le aiutano a rispettare se stesse. Il libro della natura
è uno e indivisibile, sul versante dell’ambiente come
sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio,
della famiglia, delle relazioni sociali,in una parola dello
sviluppo umano integrale. I doveri che abbiamo verso
l’ambiente si collegano con i doveri che abbiamo verso la
persona considerata in se stessa e in relazione agli altri. Non si
possono esigere gli uni e conculcare gli altri.( Caritas in
veritate, n°51).
L’ironia della attuale situazione è che la persona
che prova scandalo per le azioni pubbliche gravemente peccaminose
di un cattolico viene accusato di mancanza di carità e di
causare divisione nell’unità della Chiesa. In una
società dove il pensiero è dominato dalla
“dittatura del relativismo” e dove la correttezza
politica e il rispetto umano sono gli ultimi criteri di ciò
che si deve o non si deve fare, il concetto di indurre qualcuno in
errore morale ha poco senso. Ciò che causa stupore in tale
società è il fatto che qualcuno non osserva la
correttezza politica e perciò sembra che disturbi la
così detta pace della società. Mentire o non dire la
verità, comunque, non è mai segno di carità.
L’unità che non è fondata sulla verità
della legge morale non è l’unità della chiesa.
L’unità della chiesa è fondata sul dire la
verità nella carità. La persona che prova lo scandalo
per le azioni pubbliche di cattolici, che sono gravemente contrari
alla legge morale, non solo non distruggono l’unità ma
invitano la chiesa a riparare ciò che è una chiara
breccia nella sua vita. Se non avvertisse lo scandalo per il
pubblico sostegno di attacchi alla vita umana e alla famiglia, la
sua coscienza si sarebbe uniformata e intorpidita sulle più
sacre realtà.
Il Bene Comune e la Promozione della Cultura della Vita
Infine, nel promuovere la cultura della vita, dobbiamo aver
chiaro il significato oggettivo di bene comune. Il Concilio
Ecumenico Vaticano Secondo descrisse il bene comune come
“l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che
permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli individui, di
raggiungere la propria perfezione più pienamente e
più speditamente”( Concilio Ecumenico Vaticano
Secondo, Costituzione Pastorale Gaudium et spes ,
“Sulla chiesa nel mondo contemporaneo,” 7 dicembre
1965,n°26). La realizzazione degli individui e delle
società non è una decisione soggettiva di quelli che
per esempio, hanno potere. E’ la realizzazione che è
scritta nella vera natura dell’uomo, nella stessa natura.
E’ il fine per cui Dio ha creato noi e il mondo, non il fine
che, in un dato momento, possiamo trovare attraente o utile.
E’ interessante notare che la parola inglese realizzazione
traduce la parola latina, perfectio, cioè, la
perfezione dell’individuo o del gruppo, secondo la propria
natura e fine. Nel promuovere la cultura della vita, ci deve essere
chiara la natura oggettiva del bene comune e della perfezione
che lo rende possibile. Non tutti quelli che usano il termine, bene
comune, ne comprendono il vero significato. Un ben noto teologo
cattolico europeo, commentando il discorso di apertura del
Presidente degli Stati Uniti Barack Obama
all’università di Notre Dame il 17 maggio 2009,
dichiarò:
Infatti, il discorso all’Università di Notre Dame
sembra infarcito di riferimenti presi dalla tradizione cattolica.
C’è, ad esempio, un’ espressione che ritorna
spesso, “ragioni comuni”, che corrisponde al concetto
fondamentale dell’insegnamento sociale della chiesa, quello
di bene comune.( Georges Cottier o.p., “La politica,
la morale e il peccato originale,” 30giorni,
2009,n°5, p.33).Il bene comune si riferisce a una perfezione
oggettiva non definita dall’intesa comune tra alcuni di
noi. Il bene comune è definito dalla stessa creazione come
è derivata dalle mani del creatore. Non solo il concetto di
ragioni comuni non corrisponde alla realtà del bene comune,
ma può ben essere antitetico ad esso, per esempio, nel caso
ci fosse un comune consenso nella società ad accettare come
bene comune ciò che ,in realtà, è sempre e
ovunque male.Per Papa Benedetto XVI, il bene comune “
è il bene di quel ‘ noi tutti’, formato da
individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in
comunità sociale( Caritas in veritate,n°7). Il
bene comune corrisponde “ai veri bisogni dei nostri
vicini”; è un atto di carità che ogni cristiano
deve compiere “ nel modo della sua vocazione e secondo le sue
possibilità d’ìncidenza nella
pòlis” ( Caritas in veritate, n°
7). Papa Benedetto XVI ci consola e ci incita a proseguire nella
ricerca del bene comune:
L’amore di Dio ci chiama ad uscire da ciò che
è limitato e non definito, ci dà il coraggio di
operare e di proseguire nella ricerca del bene di tutti, anche
se non si realizza immediatamente,anche se quello che riusciamo ad
attuare, noi e le autorità politiche e gli operatori
economici, è sempre meno di ciò a cui aneliamo. Dio
ci dà la forza di lottare e di soffrire per amore del bene
comune, perché Egli è il nostro Tutto,la nostra
speranza più grande( Caritas in veritate,
n°78)
Conclusione
Obbedienti al Magistero, lanciamoci con nuovo entusiasmo ed
energia nella lotta per la promozione della cultura della vita nel
mondo. La lotta è feroce, e le forze contrarie sono
molte e abili. Ma la vittoria è già stata ottenuta, e
il Vincitore non mancherà di accompagnarci nella lotta,
perché è fedele alla sua promessa: “ ecco, Io
sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”(Mt
28,20).
L’obbedienza al Magistero è la sola via per
partecipare alla vittoria della vita eterna, e il compito del
vescovo è insostituibile nel condurci tutti ad
un’obbedienza più pura e più forte. Non
c’è altra via alla salvezza se non l’ascolto
della Parola di Dio e metterla in pratica con tutto il nostro
essere. Sappiamo che, se diciamo la verità e viviamo la
verità, che è Cristo Signore del cielo e della terra,
promuoveremo la cultura della vita nel mondo, una cultura che
salvaguardia e favorisce il bene comune per tutti, senza confini o
eccezioni.
La Lettera agli Ebrei che ci insegna, in modo
particolare, l’ “obbedienza della fede” ci
ricorda che Nostro Signore Stesso “ imparò
l’obbedienza dalle cose che patì” e
perciò è diventato sorgente di vita eterna, di eterna
salvezza, per tutti noi. Chiediamo l’obbedienza di Cristo
ogni volta che preghiamo Dio Padre con le parole che il Salvatore
Stesso ci ha insegnato: “ sia fatta la Tua volontà
come in cielo così in terra” Il Catechismo della
Chiesa Cattolica, commentando queste parole della preghiera
del Signore, ci assicura che, ispirati dalla preghiera, la
preghiera di Cristo in noi, possiamo fare ciò che ci
è impossibile con le nostre forze, ma diventa possibile per
noi in Cristo, con l’effusione dello Spirito Santo dal Suo
cuore glorioso trafitto:
A maggior ragione impariamo l’obbedienza noi
creature peccatrici – noi che siamo diventati in Lui
figli di adozione. Chiediamo al Padre nostro di unire la nostra
volontà a quella del Figlio suo, per compiere la Sua
volontà, il Suo disegno di salvezza per la vita del mondo.
Noi siamo radicalmente incapaci di ciò, ma uniti a
Gesù e con la potenza del Suo Spirito Santo, possiamo
consegnare a Lui la nostra volontà e decidere di
scegliere ciò che sempre ha scelto il Figlio Suo: fare
ciò che piace al Padre( Catechismo della Chiesa
Cattolica, n° 2825).
Affidiamo noi stessi e il mondo alle preghiere della Madre di
Dio. Mediante la sua incessante cura materna, non mancherà
di portare noi e il mondo alla verità, al suo Figlio Divino,
Nostro Signore Gesù Cristo. Concludo facendo mia la
preghiera con cui Papa Benedetto XVI ha concluso la sua Lettera
Enciclica Caritas in veritate:
Che la Vergine Maria, proclamata da Paolo VI Madre della
Chiesa e onorata dal popolo cristiano come Speculum
iustitiae e Regina Pacis – ci protegga e ci
ottenga, con la sua celeste intercessione, la forza, la speranza e
la gioia necessarie per continuare a dedicarci con
generosità all’impegno di realizzare lo
“sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli
uomini( Caritas in veritate, n°79).
+ Raymond Leo Burke
Vescovo Emerito di Saint Louis
Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura
Apostolica
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