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Giuseppe Garrone, una vita per la vita

2011-02-5

di Francesco Agnoli

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Giuseppe Garrone è morto ieri sera, giovedì 3
febbraio. Ne ho avuto notizia per sms e mail: un gruppo di amici
teneva monitorata la sua salute, con grande affetto, premura, e
preghiera. E’ morto divorato dalla malattia, ma sereno,
sopportando con la forza che gli era propria.



La morte di Giuseppe è una grande perdita per il
mondo pro life italiano
di cui egli è stato uno dei
più autorevoli e generosi esponenti. Nato a Frassineto,
Alessandria, nel 1939, laureato in materie letterarie, Giuseppe ha
dedicato 25 anni della sua esistenza, a tempo pieno, alla difesa
della vita nascente.

Lo conobbi, la prima volta, per telefono: volevo chiedergli,
conoscendolo di fama, cosa pensasse di alcuni miei articoli
comparsi su Il Foglio sulla fecondazione artificiale. Mi
disse, un po’ bruscamente, che avevo capito poco. Non amava i
giri di parole. Non stavamo parlando di questioni secondarie, ma di
vite umane: non si poteva sbagliare. Gli sono ancora grato di
quella franchezza, di quella libertà con cui mi
insegnò ad andare a fondo, ad essere più chiaro,
più coraggioso…



Ecco, la schiettezza, talvolta anche rude, era una sua
caratteristica
. Metteva la verità davanti a tutto,
quando si parlava di bioetica. Per questo nella sua vita si
è dedicato moltissimo all’attività culturale:
organizzava dei convegni bellissimi, con Federvita Piemonte;
stampava libri preziosi, con Gribaudi; raccoglieva le testimonianze
di donne che avevano abortito e che lui aveva personalmente
incontrato, conosciuto, aiutato. Sempre per far conoscere la
verità.

Ma l’attività culturale era solo una parte della sua
vita straordinaria. Da buon cristiano univa l’intransigenza
sulla verità, che spesso molti non comprendevano,
perché più inclini al compromesso e alla vita comoda,
ad una grandissima e concretissima carità.



Giuseppe era infatti sempre attivo sul fronte della
vita:
è stato lui, insieme a Mario Paolo Rocchi,
Silvio Ghielmi e Francesco Migliori, ad ideare il Progetto
Gemma
, cioè l’adozione prenatale a distanza
per salvare dall’aborto migliaia di bambini, aiutando
economicamente le loro madri.

E’ stato sempre lui, nel 1992, a lanciare per primo le culle
per la vita, riedizione moderna delle ruote degli esposti sorte nel
medioevo dalla carità cristiana. Era rimasto sconvolto dalla
notizia di un bambino gettato nell’immondizie, nel suo ricco
Piemonte. E aveva deciso di creare un aiuto concreto, ma anche di
dare un segnale culturale. Le culle per la vita, oggi abbastanza
diffuse, sono soprattutto un monito a ricordare i più
indifesi, le maggiori vittime della inciviltà dei cosiddetti
“diritti civili”: i bambini, abortiti, o gettati nella
spazzatura.



Infine, e soprattutto, Garrone è stato
l’inventore, sempre nel 1992, del telefono SOS Vita

(8008-13000), il telefono a cui possono rivolgersi, 24 ore al
giorno, le mamme che abbiano una gravidanza indesiderata, o che si
trovino in difficoltà di qualsiasi tipo. Oppure le mamme che
crollano, dopo un aborto procurato.



Giuseppe era un pro life straordinario in tutti i
sensi
: non si “limitava” ad attendere le
richieste di aiuto. Cercava di salvare le vite umane, una ad una.
Prendeva la sua macchina e partiva, ogni volta che aveva notizia di
un donna incinta sola, disperata, incline a uccidere il proprio
figlio. Non aveva paura di affrontare talvolta il rifiuto, oppure
le situazioni più drammatiche, mosso da una fede e da una
passione che non avevano eguali. Proprio per le sue donne aveva
fondato una casa di accoglienza, e la Fraternità Rachele,
che si occupa di quelle che soffrono la sindrome post aborto.



Una volta che decisi di intervistarlo (forse la
cosa sembrò strana, a lui che faceva tutto senza chiedere
nulla, e senza voler apparire), mi raccontò: “Ne ho
viste di tutti i colori: donne che si sono suicidate; donne
disperate, che non riescono a perdonarsi e che si tagliano le vene;
fidanzati o mariti che costringono le compagne ad abortire…
Pensa che una volta, mentre ero alla trasmissione televisiva
“Verissimo”, ha telefonato, non a me, alla volontaria, che stava
guardando la Tv, una donna che era tenuta reclusa dal fidanzato.
L’indomani avrebbe dovuto andare in ospedale per l’operazione. Le
abbiamo detto: vieni da noi, se vuoi, ti accogliamo nella nostra
casa. E’ venuta. Oggi è una donna felice, sposata: oltre a
quel bambino ne ha altri due. Un’altra volta ho un incontro, a
faccia a faccia, con una ragazza che deve abortire. Cerco di
parlarle, e lei tace. Parlo e tace. Mi sembra di essere
assolutamente impotente. All’improvviso lei scoppia in un uragano
di pianto, un pianto liberatorio. Tira fuori dalla borsetta il
certificato per l’aborto e me lo dà: tieni, te lo regalo! E’
stata una gioia immensa, per entrambi, una
liberazione!”.




Negli ultimi anni della sua vita Giuseppe aveva
intensificato la sua battaglia culturale
: non riusciva a
condividere una certa immobilità di alcuni ambienti pro
life, e per questo collaborò con passione anche alla
fondazione del “Comitato Verità e Vita”, di cui
aveva inventato il nome.

Ora Giuseppe non c’è più, su questa terra: sono
certo che riceverà la “corona di gloria”,
perché non ha mai cessato di correre, di lottare, di
superare incomprensioni, ostacoli, meschinità, e di gioire
delle tante grazie che Dio gli ha concesso. A partire senza dubbio
da sua moglie Margherita, dai suoi 4 figli e 24 nipoti, dai tanti
bambini che ha fatto nascere e che sicuramente lo ricorderanno come
un secondo padre. Ciao Giuseppe, ricordati di noi, dal Cielo, e
grazie per tutto ciò che ci hai insegnato!






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