
La legge 40 sulla fecondazione artificiale
I nodi vengono al pettine
1. QUANDO I GIUDICI VIOLANO LA
LEGGE
Per la seconda volta in pochi mesi un giudice civile ha stabilito
che la diagnosi genetica preimpianto sugli embrioni prodotti con la
fecondazione extracorporea deve essere eseguita a richiesta della
coppia di genitori timorosi di generare un figlio affetto da
patologie genetiche di cui uno di essi è portatore; il
giudice fiorentino ha stabilito anche il diritto della donna a
vedersi trasferito un solo embrione se la gravidanza trigemina
è pericolosa per la sua salute.
Molte cose si possono dire sulle pronunce dei Tribunali di Cagliari
e di Firenze (di questa seconda non si conosce ancora la
motivazione): violano senza dubbio la legge, permettendo la ricerca
e la manipolazione sugli embrioni per finalità diverse da
quelle terapeutiche, legittimano la selezione eugenetica degli
embrioni (a non essere trasferito sarà ovviamente
l’embrione trovato malato), contrastano con la regola
espressa di un impianto di tutti gli embrioni prodotti “unico
e contemporaneo”, impongono addirittura il congelamento degli
embrioni in un caso diverso da quello consentito, violando
così una norma sanzionata penalmente!
Come mai è stato possibile giungere, in così breve
tempo, a questi risultati: perché la legge 40 ha permesso
questo? Ecco qualche provocazione.
2. NON ERA UN SOGGETTO DI
DIRITTO?
Nelle due cause in cui hanno
pronunciato i giudici nessuno rappresentava gli interessi degli
embrioni prodotti.
Si trattava di cause sostanzialmente fittizie: i centri di
fertilità, che formalmente si opponevano alle richieste
delle coppie di procedere alla diagnosi sugli embrioni, in
realtà avevano un interesse convergente: insieme alla
garanzia di non correre rischi nello svolgere pratiche vietate,
erano interessate ad un’affermazione esplicita della
liceità della diagnosi preimpianto: quanto guadagna un
centro per ogni diagnosi genetica preimpianto?
Perché non erano rappresentati gli embrioni? Eppure la legge
40, con il primo articolo salutato come rivoluzionario,
“assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso
il concepito”: riconosce, quindi, l’embrione come
“soggetto” e gli attribuisce “diritti”. E
la Costituzione non prevede che “tutti possono agire in
giudizio per la difesa dei propri diritti”?
Ebbene: nessuno può agire per tutelare i diritti degli
embrioni, né, a quanto pare, i Giudici si pongono il
problema se – visto che i loro genitori agiscono contro il
loro interesse, chiedendo di sottoporli ad una diagnosi pericolosa,
di congelarli contro il dettato della legge, di non dare loro la
chanche di nascita mediante il trasferimento – sia opportuno,
o necessario, nominare agli embrioni – soggetti di diritto,
controinteressati alle domande dei genitori – un curatore
speciale che li tuteli.
E allora ammettiamolo: quell’articolo non vale nulla,
è una presa in giro.
3. MA LA DIAGNOSI PREIMPIANTO NON ERA
VIETATA?
No: la legge non la vieta
espressamente; lo fanno le linee guida del 2004 (che ora la
ministra Turco, dopo aver ricevuto gli assist dal Consiglio
Superiore di Sanità e dai giudici “costituzionalmente
orientati”, provvederà a riformare stabilendo il
principio opposto). E ci si chiede: perché?
La tecnica della diagnosi genetica preimpianto era da tempo
ampiamente conosciuta; i lavori parlamentari se ne erano occupati;
era utilizzata da parte delle coppie con malattie genetiche,
così da eliminare tutti gli embrioni ritenuti malati (o
utilizzarli per la ricerca).
Il legislatore ha vietato il ricorso alle tecniche di fecondazione
artificiale alle coppie fertili (e, quindi, anche a quelle con
problemi genetici), ma si è “dimenticato” di
vietare proprio quella tecnica che – si sapeva perfettamente
– molti avrebbero voluto continuare ad utilizzare.
Non basta: il Parlamento non si è dimenticato, però,
di stabilire il diritto delle coppie ad essere informate “sul
numero e sullo stato di salute degli embrioni prodotti”: ma
la diagnosi genetica preimpianto non serve proprio a questo (si
tratta di un passaggio fondamentale della sentenza di
Cagliari)?
4. UN PASSO AVANTI RISPETTO ALLA
LEGGE SULL’ABORTO?
La legge non doveva
garantire agli embrioni una tutela maggiore rispetto a quella (non)
prestata dalla legge 194 sull’aborto?
Ebbene no: i richiami alla 194, che il legislatore del 2004 si
è premurato di fare salva per ben due volte, permettono alla
legge sull’aborto di influenzare l’applicazione della
legge sulla fecondazione artificiale.
Così la salute – anche quella “psichica”
– della donna è messa in pericolo dal trasferimento in
utero di un embrione che ella teme sia malato e, quindi, non si
può imporlo; così la diagnosi preimpianto –
invasiva sugli embrioni, alcuni dei quali ne muoiono – non
è certo peggiore delle diagnosi prenatali, altrettanto
invasive e spesso mortali per il feto: e (dice il giudice di
Cagliari) “il diritto vivente non solo ha costantemente
affermato la liceità della diagnosi prenatale, nonostante il
rischio di aborto spontaneo che la caratterizza, ma ha
altresì affermato la responsabilità giuridica del
medico che non abbia fornito informazioni, ovvero abbia fornito
informazioni errate, circa le condizioni del feto”.
Le diagnosi prenatali – preliminari all’aborto
eugenetico – sono ormai obbligatorie!
5. NESSUNO
STUPORE.
La legge 40 cercava la quadratura
del cerchio: voleva autorizzare una tecnica che da decenni provoca
la morte di milioni di embrioni, ne effettua una feroce selezione
eugenetica, li utilizza a scopo sperimentale, li considera oggetti,
negando loro ogni dignità, e insieme pretendeva di
ricondurla entro limiti “ragionevoli”; autorizzando
l’accesso alle tecniche solo alle coppie sterili, limitando
la produzione degli embrioni, affermando la tutela dei diritti dei
pochi embrioni prodotti, imponendo il trasferimento nel grembo
della donna di tutti gli embrioni.
È un’operazione impossibile: se già si
autorizza la morte legale di decine di migliaia di embrioni
all’anno, come stupirsi se altri paletti cadono: le coppie
delle due cause erano davvero “sterili” (d’altro
canto il Consiglio Superiore di Sanità propone di
considerare “funzionalmente sterili” i malati di AIDS,
per il fatto che potrebbero generare figlio malati …)? Se la
donna rifiuta il trasferimento degli embrioni rischia qualcosa? E
ora: è davvero vietata la diagnosi genetica preimpianto?
Davvero non si possono più congelare gli embrioni?
Probabilmente non è finita: l’appetito degli
sperimentatori è rivolto verso gli embrioni congelati
abbandonati: dopo qualche anno saranno davvero ancora vivi o
potremo considerarli sostanzialmente morti?
E così, in pochi anni, la legge 40 mostrerà per
intero il suo volto: una legge regolatrice di un diritto degli
adulti.
Anche di questa legge – come della 194 – si
può fare una sola cosa: abrogarla.
Giacomo Rocchi