
Se i laici insegnano il catechismo al direttore di Avvenire
Comunicato Stampa N. 120
Un esponente della cosiddetta “bioetica laica” insegna il catechismo al direttore del quotidiano cattolico Avvenire.E’ accaduto il 4 ottobre, nella rubrica delle lettere del quotidiano della Conferenza episcopale. Al centro della querelle la vicenda della fecondazione artificiale praticata a Bologna dalla dottoressa Eleonora Porcu con il congelamento di ovociti.
Mori aveva notato nei giorni scorsi come Avvenire avesse annunciato il fatto con toni trionfalistici, senza alcuna critica e senza ricordare che la FIVET è, in base alla legge naturale, sempre illecita.“Ricordo – scrive Mori all’Avvenire – che per la dottrina cattolica «la crioconservazione di ovociti in ordine al processo di procreazione artificiale è da considerare moralmente inaccettabile» (Istruzione Dignitatis Personae, 2008, n. 20). La tecnica usata da Porcu può essere conforme alla legge 40, ma è espressamente condannata dalla morale cattolica: i cattolici la potranno tollerare turandosi il naso, ma non salutarla con entusiasmo e approvazione. L’annuncio in prima pagina con plauso del quotidiano cattolico è in pratica una sconfessione del Magistero, quasi a dire che alla fin fine la bontà morale è ormai dettata dalla legge 40. Il significato della difesa della legge è che sulla fecondazione assistita c’è oggi tra i cattolici una gran confusione di idee su ciò che è giusto credere, affermare e fare, confusione che rilevo con interesse perché è preludio a quel cambiamento di paradigma morale che da laico auspico da tempo.”
Fin qui Maurizio Mori, il cui ragionamento –a parte gli obiettivi e gli orizzonti- non fa una grinza sul piano logico. Chi ama la verità sa che essa deve essere accolta sempre, da qualunque parte provenga.Il direttore di Avvenire risponde con toni aggressivi, e tenta una difesa, che lasciamo giudicare ai nostri lettori:“Se ogni notizia che decidiamo di portare in prima pagina («Dopo il cancro al seno rimane incinta congelando gli ovuli») significasse un «plauso» avremmo incredibilmente battuto le mani a tutto o quasi, compreso il terremoto ad Haiti e gli eccidi in Congo…” (…) “Tra i cattolici non c’è affatto la confusione che lei dà per scontata (qualche eccitato confusionario non manca mai in tutte le famiglie, ma si rassegni: non fa Babele…). Tra i cattolici e – grazie al buon Dio, e al buon uso della ragione – tra tanti laici c’è invece tutt’altro: un consapevole e crescente allarme per le manipolazioni dell’umano e per la pretesa di ridurre la vita a puro “materiale biologico”. Detto questo, non è un mistero (basta scorrere le annate di Avvenire) che raccontiamo da sempre con interesse – pur con l’ottica di chi crede che le vie della maternità e della paternità siano naturali e non meritino artifici – tutto ciò che è orientato a impedire la produzione, il congelamento, la selezione eugenetica, la distruzione e l’«utilizzo» di embrioni d’uomo e di donna, cioè di persone concepite e, dunque, già in essere. Frutto di questa impostazione è stata ed è, anche da parte nostra, la difesa della legge 40 dagli assalti referendari e dalle martellate “interpretative” che si continuano a tentare in sede giudiziaria dopo la bocciatura solenne da parte dei cittadini elettori di quei quesiti distruttivi. La legge 40 non è un testo «cattolico», ma – l’abbiamo detto e ridetto mille volte – è un punto d’incontro politico e normativo tra visioni diverse eppure egualmente contrarie al far west della procreazione artificiale.” (…) “una legge per noi non perfetta, ma che ha utilmente impedito o reso meno drammatici certi spregiudicati giochi (e affari) di laboratorio. …..”
Uno a zero per Mori il quale, da avversario che li ha sempre combattuti, espone in modo lineare, in questo grottesco scambio di opinioni, i principi dell’antropologia personalista che si oppone alla FIVET, a fronte della penosa babele nella quale si avvita il direttore di Avvenire.Né può, alla fine, essere diversamente.Quando ci si fa promotori di una legge che regolamenta una pratica, la FIVET, che, oltre a far nascere qualche bimbo, quando va bene, ne uccide altri in gran quantità -è quanto successe per la legge 40 ad opera di parte del mondo cattolico e del Movimento per la Vita- dando per scontata la pratica in sé e affidandosi solo a regole e paletti per arginare il peggio, quando si parte già dal compromesso, in nome del “male minore” diventa difficile poi difendere le posizioni.Il primo risultato è la confusione del linguaggio, appunto.Si tirano in ballo strani aggettivi per qualificare la Legge 40, che viene definita imperfetta, non cattolica (ma perché, viviamo forse in uno stato teocratico?) e strane locuzioni, come fa il presidente del Movimento per la Vita italiano che, nel commento alla terza relazione ministeriale sulla legge 40, pubblicato sul Sì alla Vita di luglio/agosto 2011, qualifica come ombra di morte/ombra drammatica la morte di quasi 100.000 embrioni prodotti a fronte di quasi 9.000 nascite.Il povero Tarquinio, bisogna capirlo, non ha vita facile.Continuare a proporre la legge 40 come una vittoria dei cattolici, evidenziandone trionfalisticamente i risultati (ha reso madre una donna già ammalata di cancro), e fare i conti con l’ombra drammatica della strage non è facile: è un delicato equilibrismo che soltanto la babele linguistica riesce a tenere in piedi.
Comitato Verità e Vita