
Il giorno che inventarono il pre-embrione
Il giorno che inventarono il pre-embrione
- IL NON RICONOSCIMENTO DEL VOLTO UMANO DEL CONCEPITO …QUALI CONSEGUENZE?
- Embrioni Chimera
- Il supermarket della vita umana
- Il giorno che inventarono il pre-embrione
Alcuni biologi e ginecologi che fanno fecondazione extracorporea non vogliono riconoscere le conclusioni della biologia dello sviluppo, secondo le quali l’embrione, fin dal momento in cui uno spermatozoo umano è entrato in un oocita umano, è un essere vivente individuale della specie umana. Questi biologi e ginecologi si sforzano, ma invano, di coniare dei nuovi termini per posticipare il carattere umano dell’embrione. Cercano cioè di manipolare il linguaggio dicendo in modo ingannevole che l’embrione nelle sue prime settimane di vita è un uomo in potenza, è un ootide, un oosoma. Ora ci soffermiamo sul neologismo più diffuso, ma già rifiutato da tempo dalla comunità scientifica internazionale, il pre-embrione.
Il termine “pre-embrione” è stato coniato per indicare quello stadio della vita prenatale che va dalla fecondazione fino alla comparsa della linea primitiva, cioè fino al 14° giorno. Secondo costoro il pre-embrione apparterrebbe a una categoria intermedia tra le cose e gli individui umani e, perciò, dovrebbe ricevere un rispetto superiore a quello che si ha per un tessuto umano, ma inferiore a quello riconosciuto agli uomini; e ciò al fine di permettere lo studio e la libera sperimentazione sul pre-embrione stesso. L’introduzione del termine pre-embrione è stata in parte giustificata dal fatto che non tutti i blastomeri sono coinvolti nella formazione del feto, in quanto alcuni di essi concorreranno alla formazione dei tessuti della placenta, che la blastocisti non è un’entità coerente, e che la differenziazione cellulare sarebbe rivolta non alla costituzione dell’embrione ma allo stabilirsi di interazioni fisiologiche con l’endometrio uterino. Quindi il termine embrione andrebbe limitato o solo a quelle cellule destinate a formare il feto, oppure a quella fase della vita intrauterina successiva al 14° giorno dalla fertilizzazione. Infine è stato anche proposto di chiamare il prodotto del concepimento, fino al 14° giorno, “placenta”, in quanto il 98% delle cellule totipotenti formerà non l’embrione, ma gli annessi embrionali e la placenta.
Questi argomenti potrebbero avere un significato biologico e morale solo se si dimostrasse che i tessuti extraembrionali non hanno alcun significato biologico e morale. Ma la placenta ad esempio non è solo un semplice tessuto umano, perché è vitale per lo sviluppo e il mantenimento del feto, e inoltre esiste una precisa relazione tra la crescita della placenta e quella del feto. In altri termini un embrione o un feto non può esistere e svilupparsi senza i tessuti extraembrionali.
Il termine “pre-embrione”, accompagnato dall’indicazione del quattordicesimo giorno, è proprio solo un raffinato espediente linguistico per spostare in là rispetto al concepimento l’inizio della vita umana e consentire le sperimentazioni scientifiche su embrioni umani vivi in modo da legittimare la libertà della ricerca scientifica. Questo neologismo non è accettato dalla biologia, la quale invece constata che dal primo unirsi dei gameti c’è un individuo che si sviluppa in modo graduale e continuo. Esso è usato soltanto da coloro che operano la fecondazione artificiale e la manipolazione embrionale senza fondamento biologico e con fini puramente strumentali; perciò è una categoria puramente di comodo.
L’embriologa inglese Anne McLaren ha ammesso che la distinzione fra pre-embrione ed embrione è stata introdotta a causa di una pressione proveniente dall’esterno della comunità scientifica. Jérôme Lejeune, l’autorevole genetista che scoprì la sindrome di Down, parla del pre-embrione come di un “neologismo inutile”: “Inutile sotto il profilo scientifico, perché prima dell’embrione non ci sono che l’ovulo e gli spermatozoi e fino a quando non avviene la fecondazione, non esiste alcun nuovo essere. Non vi è dunque un pre-embrione, perché l’embrione è, per definizione, la forma più precoce di una creatura”; tuttavia è “una contorsione semantica ricca di sottintesi perché […] si potrebbe lasciar credere che essi non meritano il rispetto che si porterebbe a degli embrioni riconosciuti come tali”. E un suo collega Bernard aggiunge che usare il termine pre-embrione “sembra un poco come definire una donna “un pochino incinta”. Perché il pre-embrione non esiste: il miracolo della vita è proprio nel fatto che ognuno di noi viene da una sola cellula, l’uovo materno fecondato dallo sperma paterno, che contiene in potenza il fegato, i polmoni, il cuore e il cervello, tutto uno Shakespeare insomma e tutto un Hitler. E questo è un embrione, non un pre-embrione”.
Recentemente due autorevoli studiosi, considerando la continuità e la gradualità dello sviluppo dell’embrione, hanno affermato che l’uso di questo termine, oltre a essere inutile, perché non aiuta a chiarire né gli aspetti etici né quelli scientifici dell’inizio della vita umana, può dar luogo a equivoci, perché può indurre nell’errore di pensare che queste cellule non costituiscano un organismo vivente umano, ma qualcosa di inferiore o di pre-umano. Ultimamente il professore e biologo Roberto Colombo ha fatto notare che questo termine «non viene usato negli articoli scientifici se non da pochissimi autori che lavorano nel campo della fertilizzazione in vitro, segno che non vi è alcuna ragione di ordine scientifico per introdurre questa distinzione, ma solo una convenienza pratica per dare una giustificazione etica e giuridica alla manipolazione e distruzione degli embrioni precoci».
Infine, dire che il prodotto del concepimento fino al 14° giorno dalla fecondazione è placenta perché il 98% delle sue cellule formerà la placenta, è come dire che il corpo umano è acqua perché più dell’80% del suo peso è acqua! Ma ognuno di noi si ribella davanti a questo modo di ragionare, che è quanto meno riduzionistico, perché circoscrive il tutto ad aspetti quantitativi tacendo altri aspetti che sono molto più determinanti.
In altri termini, l’embrione nei suoi primi giorni di vita non è “un cumulo di cellule” come le cellule ematiche contenute nella sacca dopo che abbiamo fatto la donazione di sangue. Potrai mettere quelle cellule ematiche in qualsiasi terreno di coltura alla temperatura più adatta ma non si moltiplicheranno mai, non si differenzieranno. Invece, l’embrione unicellulare o pluricellulare moltiplica continuamente le cellule di cui si costituisce, le differenzia e le organizza per virtù propria grazie al proprio genoma: si sviluppa in modo continuo e graduale per diventare feto, neonato, bambino, giovane, adulto e vecchio. L’embrione indica semplicemente uno stadio dello sviluppo di un organismo vivente, il primo stadio del suo sviluppo. E se lo spermatozoo e l’oocita che sono alla sua origine appartengono alla specie homo sapiens sapiens anche l’embrione, il feto, il neonato, il bambino saranno della specie homo sapiens sapiens.
Il problema serio non è tanto quello di denominare il fenomeno, ma piuttosto quello di affermare il suo contenuto e di offrire protezione alla vita umana fin dai suoi momenti originari, altrimenti apriamo le porte a pesanti e arbitrarie discriminazioni nei confronti degli uomini più indifesi.
Neologismi (07 maggio 2005) Evvenire, inserto “é vita”
a cura di Giorgio Maria Carbone