
Il Comitato Verità e Vita ritiene importante divulgare
Sull’Affare di Recife
alcuni capitoli del libro di Michel Schooyans “Sull’Affare di Recife e su alcuni altri…
Falsa compassione e vera disinformazione ”
(Traduzione non professionale a cura del Comitato Verità e Vita, su gentile concessione dell’autore.)
Un anno fa, il dramma, in Brasile, di una ragazzina di 9 anni incinta di due gemelli, dopo essere stata violentata da un suo patrigno, ha sollevato una tempesta mediatica mondiale tanto violenta che breve.
Il bersaglio era ancora una volta la Chiesa Cattolica , la cui opposizione all’aborto, costantemente e solennemente riaffermata, era all’occasione messa alla prova con un “caso limite”: una vera sfida.
La tentazione era forte per opporre richieste non negoziabili della morale alla compassione a fronte di una vera miseria.
La presentazione caricaturale, volontariamente ingiusta e falsa, della posizione dell’arcivescovo di Recife, è stata il perno di una campagna nel cui corso la verità ha sofferto violenza, ivi comprese le colonne dell’organo di stampa ufficiale della Chiesa, l’Osservatore Romano. Due volte, e in disprezzo della più elementare deontologia, questo giornale rifiutò alle persone chiamate in causa la possibilità di un diritto di risposta.
Con l’autorità di un grande specialista di questi problemi, Mons. Michel Schooyans analizza ciò che resterà un caso di scuola della disinformazione.
Egli si sofferma anche su alcuni dossier contemporanei, come la posizione di Tony Blair e Barak Obama per il rispetto della vita. Un lampo di luce sulle insidie di una informazione mondializzata, e al stesso tempo manipolata, per strumentalizzare una compassione travisata.
CAPITOLO II
RITORNO AI FATTI
E’ stato fatto un doppio aborto a Recife il 4 marzo 2009 su Carmen (nome fittizio), una fanciulla di 9 anni violentata dal suo patrigno.
Questa bambina abita nella città di Alsgoinha, in diocesi di Pesqueira a circa 230 Km da Recife, capitale dello Stato brasiliano di Pernambuco. Questo doppio aborto non finisce di dare occasione a reazioni appassionate, contraddittorie, che riflettono talvolta una ignoranza di elementi importanti della questione.
Si sa per esempio che, contrariamente a quanto è stato detto e ripetuto, Dom José Cardoso Sobrinho, Arcivescovo di Olinda e Recife, non ha scomunicato quelli o quelle che hanno procurato il doppio aborto; egli ha semplicemente citato il Canone 1398 e constatato che gli autori si erano da se stessi esclusi dalla Chiesa. Un grande clamore si è frattanto alzato rimproverando L’Ordinario di essere stato “maldestro o senza compassione”.
Queste considerazioni su una “inettitudine” reale o supposta sono un tentativo per distogliere l’attenzione dal problema più grave: due esseri innocenti sono stati distrutti.
A differenza di numerosi vescovi di fronte a situazioni simili, l’Arcivescovo di Olinda-Recife, sostenuto dai suoi più prossimi collaboratori e anche dal suo confratello di Pesqueira, Dom Francesco Biasin, ha fatto tutto quanto ha potuto per confortare la fanciulla prima e dopo l’irreparabile. Insieme, essi hanno fatto tutto il possibile sia per prevenire ed impedire questo doppio aborto, e nonostante l’implorazione di Dom José Cardoso non sia stata accolta, lui non si è rassegnato.
Malgrado i suoi passi, secondo la consuetudine, Dom Cardoso è stato linciato mediaticamente. Linciato da chi? Da giornalisti di orientamento opposto, da politici docili alle direttive presidenziali, da medici di filantropia a pagamento, da religiosi militanti per un femminismo liberatore, da antenne brasiliane di Cattolici per la Libera Scelta , dal gruppo pro-aborto Curumim per leaders di opinione collegati all’ideologie di gender etc.
Più sorprendente è il linciaggio arrivato da certi ambienti cattolici brasiliani.
Alcune gazzette hanno assicurato che alcuni vescovi avevano “annullato” la scomunica cosiddetta fulminante di Dom Cardoso.
Altre proteste sono sorte fuori dal Brasile. Esse sono venute soprattutto dall’Europa, dove la tradizione di dare lezioni ai “Paesi arretrati” è ben ancorata, ma dove alcuni pastori esitano ad apparire quando si tratta di questioni vitali.
Ma è soprattutto con costernazione che si deve constatare che, ignorando la deontologia più elementare, l’Osservatore Romano ha rifiutato di pubblicare una messa a punto di risposta dell’Arcivescovo di Recife.
In questo clima di isteria collettiva, si sono tuttavia levate delle voci per procedere alle necessarie messe a punto. Il 5 marzo, all’indomani del doppio aborto, i vescovi del Settore regionale della Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani (CNBB) hanno diffuso una nota assai chiara sulla difesa della vita. In questa nota i Vescovi della regione Nordeste affermano chiaramente: “noi non siamo d’accordo con la conclusione finale di eliminare la vita di esseri umani senza difesa”.
L’indomani, 6 marzo, il Presidente, il Vice-Presidente e il Segretario generale della CNBB sottoscrivevano con forza e senza riserve la dichiarazione emessa alla vigilia dai vescovi del ramo regionale . La presidenza citava alcuni termini essenziali di questa dichiarazione e aggiungeva che era preoccupata per il numero crescente di attentati alla vita in Brasile.
A fronte degli avvenimenti di Recife, la reazione più pubblicizzata e sorprendente è stata quella di Sua Eccellenza Mons. Rino Fisichella, Presidente dell’Accademia Pontificia per la Vita e Rettore dell’Università Pontificia del Laterano.
Questa reazione è manifestata in un articolo pubblicato in italiano il 15 Marzo 2009 su l’Osservatore Romano ed apparso due giorni dopo nell’edizione francese di questo periodico.
Il testo di questo articolo si trova allegato . (i n spagnolo 20 Marzo, inglese 25 Marzo).
La reazione di Mons. Fisichella è così sorprendente, che richiede una seria messa a punto cui procederemo al capitolo V. Il popolo di Dio ha bisogno di esser informato correttamente, illuminato e confortato nella sua fedeltà all’insegnamento del Magistero a servizio della vita. In mancanza di una messa a punto precisa, molti riterranno che la Chiesa ha aperto la porta all’aborto diretto; che non bisognerà più temere la sua opposizione alla legalizzazione dell’aborto; che questo diventerà presto un “diritto”; che la Chiesa cesserà di essere praticamente l’ultimo baluardo per la difesa incondizionata della vita dal suo inizio alla fine.
In assenza di un chiarimento autorizzato ed esente da ambiguità, il relativismo, la coscienza puramente soggettiva e la morale della situazione finiranno per svuotare il Magistero, fino al più alto livello della Chiesa, della sua competenza e della sua autorità.
Il chiarimento pubblicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede è certo un passo avanti nella buona direzione, ma è insufficiente. Essa non ha il vigore dei termini che Benedetto XVI consacra al rispetto della vita nella sua enciclica Caritas in Veritate .
CAPITOLO III
L’ARTICOLO DI MONS. FISICHELLA
Apparso su l’Osservatore Romano del 15 Marzo 2009
DALLA PARTE DELLA FANCIULLA BRASILIANA
Il dibattito su alcune questioni si fa spesso serrato e le differenti prospettive non sempre permettono di considerare quanto la posta in gioco sia veramente grande. È questo il momento in cui si deve guardare all’essenziale e, per un attimo, lasciare in disparte ciò che non tocca direttamente il problema. Il caso nella sua drammaticità è semplice. C’è una bambina di soli nove anni – la chiameremo Carmen – che dobbiamo guardare fisso negli occhi senza distrarre lo sguardo neppure un attimo, per farle capire quanto le si vuole bene. Carmen, a Recife, in Brasile, viene violentata ripetutamente dal giovane patrigno, rimane incinta di due gemellini e non avrà più una vita facile. La ferita è profonda perché la violenza del tutto gratuita l’ha distrutta dentro e difficilmente le permetterà in futuro di guardare agli altri con amore.
Carmen rappresenta una storia di quotidiana violenza e ha guadagnato le pagine dei giornali solo perché l’arcivescovo di Olinda e Recife si è affrettato a dichiarare la scomunica per i medici che l’hanno aiutata a interrompere la gravidanza. Una storia di violenza che, purtroppo, sarebbe passata inosservata, tanto si è abituati a subire ogni giorno fatti di una gravità ineguagliabile, se non fosse stato per lo scalpore e le reazioni suscitate dall’intervento del vescovo. La violenza su una donna, già grave di per sé, assume una valenza ancora più deprecabile quando a subirla è una bambina, con l’aggravante della povertà e del degrado sociale in cui vive. Non c’è linguaggio corrispondente per condannare tali episodi, e i sentimenti che ne derivano sono spesso una miscela di rabbia e di rancore che si assopiscono solo quando viene fatta realmente giustizia e la pena inflitta al delinquente di turno ha certezza di essere scontata.
Carmen doveva essere in primo luogo difesa, abbracciata, accarezzata con dolcezza per farle sentire che eravamo tutti con lei; tutti, senza distinzione alcuna. Prima di pensare alla scomunica era necessario e urgente salvaguardare la sua vita innocente e riportarla a un livello di umanità di cui noi uomini di Chiesa dovremmo essere esperti annunciatori e maestri. Così non è stato e, purtroppo, ne risente la credibilità del nostro insegnamento che appare agli occhi di tanti come insensibile, incomprensibile e privo di misericordia. È vero, Carmen portava dentro di sé altre vite innocenti come la sua, anche se frutto della violenza, e sono state soppresse; ciò, tuttavia, non basta per dare un giudizio che pesa come una mannaia.
Nel caso di Carmen si sono scontrate la vita e la morte. A causa della giovanissima età e delle condizioni di salute precarie la sua vita era in serio pericolo per la gravidanza in atto. Come agire in questi casi? Decisione ardua per il medico e per la stessa legge morale. Scelte come questa, anche se con una casistica differente, si ripetono quotidianamente nelle sale di rianimazione e la coscienza del medico si ritrova sola con se stessa nell’atto di dovere decidere cosa sia meglio fare. Nessuno, comunque, arriva a una decisione di questo genere con disinvoltura; è ingiusto e offensivo il solo pensarlo.
Il rispetto dovuto alla professionalità del medico è una regola che deve coinvolgere tutti e non può consentire di giungere a un giudizio negativo senza prima aver considerato il conflitto che si è creato nel suo intimo. Il medico porta con sé la sua storia e la sua esperienza; una scelta come quella di dover salvare una vita, sapendo che ne mette a serio rischio una seconda, non viene mai vissuta con facilità. Certo, alcuni si abituano alle situazioni così da non provare più neppure l’emozione; in questi casi, però, la scelta di essere medico viene degradata a solo mestiere vissuto senza entusiasmo e subito passivamente. Fare di tutta un’erba un fascio, tuttavia, oltre che scorretto sarebbe ingiusto.
Carmen ha riproposto un caso morale tra i più delicati; trattarlo sbrigativamente non renderebbe giustizia né alla sua fragile persona né a quanti sono coinvolti a diverso titolo nella vicenda. Come ogni caso singolo e concreto, comunque, merita di essere analizzato nella sua peculiarità, senza generalizzazioni. La morale cattolica ha principi da cui non può prescindere, anche se lo volesse. La difesa della vita umana fin dal suo concepimento appartiene a uno di questi e si giustifica per la sacralità dell’esistenza. Ogni essere umano, infatti, fin dal primo istante porta impressa in sé l’immagine del Creatore, e per questo siamo convinti che debbano essergli riconosciuti la dignità e i diritti di ogni persona, primo fra tutti quello della sua intangibilità e inviolabilità.
L’aborto provocato è sempre stato condannato dalla legge morale come un atto intrinsecamente cattivo e questo insegnamento permane immutato ai nostri giorni fin dai primordi della Chiesa. Il concilio Vaticano ii nella Gaudium et spes – documento di grande apertura e accortezza in riferimento al mondo contemporaneo – usa in maniera inaspettata parole inequivocabili e durissime contro l’aborto diretto. La stessa collaborazione formale costituisce una colpa grave che, quando è realizzata, porta automaticamente al di fuori della comunità cristiana. Tecnicamente, il Codice di diritto canonico usa l’espressione latae sententiae per indicare che la scomunica si attua appunto nel momento stesso in cui il fatto avviene.
Non c’era bisogno, riteniamo, di tanta urgenza e pubblicità nel dichiarare un fatto che si attua in maniera automatica. Ciò di cui si sente maggiormente il bisogno in questo momento è il segno di una testimonianza di vicinanza con chi soffre, un atto di misericordia che, pur mantenendo fermo il principio, è capace di guardare oltre la sfera giuridica per raggiungere ciò che il diritto stesso prevede come scopo della sua esistenza: il bene e la salvezza di quanti credono nell’amore del Padre e di quanti accolgono il vangelo di Cristo come i bambini, che Gesù chiamava accanto a sé e stringeva tra le sue braccia dicendo che il regno dei cieli appartiene a chi è come loro.
Carmen, stiamo dalla tua parte. Condividiamo con te la sofferenza che hai provato, vorremmo fare di tutto per restituirti la dignità di cui sei stata privata e l’amore di cui avrai ancora più bisogno. Sono altri che meritano la scomunica e il nostro perdono, non quanti ti hanno permesso di vivere e ti aiuteranno a recuperare la speranza e la fiducia. Nonostante la presenza del male e la cattiveria di molti.
(©L’Osservatore Romano 15 marzo 2009)
CAPITOLO IV
CHIARIMENTI BRASILIANI
Appena pubblicato a Roma, l’articolo di Rino Fisichella suscita in Brasile reazioni differenti. La prima datata 16 marzo 2009 viene dall’Arcivescovado di Recife.
E’ accompagnata dalla richiesta di diritto di risposta, indirizzata all’Osservatore Romano a cui non si è dato seguito. Il 20 marzo Dom José Cardoso Sobrinho concede una lunga intervista a Jeanne Smits redattrice capo della rivista Présent .
Ringraziamo M.me Smits di averci autorizzati a pubblicare questa intervista. Il 10 giugno, scrivendo ancora all’Osservatore Romano, Dom Cardoso richiede di nuovo la pubblicazione della sua risposta, come è suo diritto. Come prima, questa richiesta resta senza seguito.
CHIARIMENTI DELL’ARCHIDIOCESI DI OLINDA E RECIFE SULL’ARTICOLO PUBBLBICATO DALL’OSSERVATORE ROMANO CON IL TITOLO “DALLA PARTE DELLA FANCIULLA BRASILIANA ”.
Riguardo all’articolo “Dalla parte della bambina brasiliana”, pubblicato su “L’Osservatore Romano” il giorno 15 marzo, noi sottoscritti dichiariamo:
1. Il fatto dello stupro non è avvenuto a Recife, come dice l’articolo, ma nella città di Alagoinha, diocesi di Pesqueira. Mentre l’aborto è stato praticato a Recife.
2. Tutti noi – a cominciare dal parroco di Alagoinha, che è tra i firmatari – siamo stati vicini alla fanciulla incinta e alla sua famiglia con grande carità e affetto. Il parroco, mettendo in opera la sua sollecitudine pastorale, raggiunto dalla notizia quand’era a casa, si recò immediatamente a casa della famiglia, dove incontrò la fanciulla per darle sostegno e accompagnamento, posta la grave e difficile situazione nella quale la fanciulla si era trovata. Questa attitudine è stata mantenuta in tutti i giorni successivi, ad Alagoinha come a Recife, dove si è avuto il triste finale dell’aborto di due innocenti. Pertanto, fu evidente e inequivocabile che nessuno pensò in primo luogo alla “scomunica”. Abbiamo fatto ricorso a tutti i mezzi a nostra disposizione per evitare l’aborto e salvare le tre vite. Il parroco affiancò di persona il Consiglio tutelare della città in tutte le iniziative finalizzate al bene della fanciulla e dei suoi figli. Sia nell’ospedale che nelle visite quotidiane diede prova di un affetto e di un’attenzione che fecero capire, tanto alla fanciulla come a sua madre, che entrambe non erano sole, ma che la Chiesa, lì rappresentata dal parroco del luogo, assicurava loro l’assistenza necessaria e la certezza che tutto si sarebbe fatto per il bene della fanciulla e per salvare i suoi due figli.
3. Dopo che la fanciulla fu trasferita in un ospedale della città di Recife, abbiamo fatto ricorso a tutti i mezzi legali per evitare l’aborto. In nessun momento la Chiesa fu assente dall’ospedale. Il parroco della fanciulla si recava in ospedale ogni giorno, partendo dalla sua città che dista 230 chilometri da Recife, senza risparmiare alcuno sforzo, affinché tanto la fanciulla come sua madre sentissero la presenza di Gesù, il Buon Pastore che va incontro alle pecorelle che hanno più bisogno del suo aiuto. In questo modo la vicenda fu trattata con tutta l’attenzione dovuta da parte della Chiesa e non “sbrigativamente” come dice l’articolo.
4. Non siamo d’accordo con l’affermazione che “la decisione è ardua… per la stessa legge morale”. La nostra santa Chiesa non cessa di proclamare che la legge morale è chiarissima: mai è lecito sopprimere la vita di un innocente per salvare un’altra vita. I fatti oggettivi sono questi: vi sono medici che dichiarano esplicitamente di aver praticato e voler continuare a praticare aborti, mentre ve ne sono altri che dichiarano con altrettanta fermezza che un aborto non lo praticheranno mai. Questa è la dichiarazione scritta e firmata di un medico cattolico brasiliano: “Come medico ostetrico da 50 anni, formato alla facoltà nazionale di medicina della Università del Brasile, e come ex primario della clinica ostetrica dell’ospedale di Andarai, nel quale ho operato per 35 anni fino al mio pensionamento, per dedicarmi al diaconato, e avendo praticato 4524 parti, molti in età minorile, mai ho avuto la necessità di ricorrere all’aborto per ‘salvare vite’, al pari di tutti i miei colleghi retti ed onesti nella loro professione, fedeli al giuramento di Ippocrate”.
5. È falsa l’affermazione che il fatto fu divulgato nei giornali solo perché l’arcivescovo di Olinda e Recife si affrettò a dichiarare la scomunica. Basta osservare che il caso divenne di dominio pubblico ad Alagoinha mercoledì 25 febbraio, l’arcivescovo fece le sue dichiarazioni alla stampa il 3 marzo e l’aborto fu effettuato il 4 marzo. Era impensabile che la stampa brasiliana, di fronte a un fatto di tale gravità, lo tenesse sotto silenzio per sei giorni. La realtà dei fatti è che la notizia della fanciulla – “Carmen” – incinta fu divulgata nei giorni precedenti l’attuazione dell’aborto. Solo allora, martedì 3 marzo, interrogato dai giornalisti, l’arcivescovo menzionò il canone 1398 [del codice di diritto canonico]. Siamo convinti che la divulgazione di questa pena medicinale, la scomunica, faccia bene a molti cattolici, per indurli ad evitare questo peccato gravissimo. Il silenzio della Chiesa sarebbe molto equivocato, soprattutto di fronte alla constatazione che nel mondo si compiono cinquanta milioni di aborti ogni anno e solo nel Brasile si sopprimono un milione di vite innocenti. Il silenzio può essere interpretato come connivenza o complicità. Se qualche medico avesse una “coscienza dubbiosa” prima di praticare un aborto (cosa che ci sembra estremamente improbabile), egli, se cattolico e tenuto ad osservare la legge di Dio, dovrebbe consultare un direttore spirituale.
6. In altre parole, l’articolo è un affronto diretto alla difesa della vita delle tre creature, fatta col massimo della forza dall’arcivescovo José Cardoso Sobrinho, e mostra che l’autore non possiede le basi e le informazioni necessarie per parlare della vicenda, a motivo della sua totale ignoranza dei particolari del fatto. L’ospedale che ha effettuato l’aborto sulla fanciulla è uno di quelli che compiono sistematicamente questa pratica nel nostro Stato, sotto il manto della “legalità”. I medici che hanno praticato l’aborto dei due gemelli hanno dichiarato e continuano a dichiarare sui media nazionali d’aver compiuto un atto che sono soliti compiere “con molto orgoglio”. Uno di essi ha aggiunto: “Già sono stato in passato scomunicato più volte”.
7. L’autore si è arrogato il diritto di parlare di ciò che non conosceva, senza fare lo sforzo di conversare previamente in modo fraterno ed evangelico con l’arcivescovo, e per questo atto imprudente sta causando una grande confusione tra i fedeli cattolici del Brasile. Invece di consultare il suo fratello nell’episcopato, ha preferito dar credito alla nostra stampa molto spesso anticlericale.
Recife, 16 marzo 2009
Edvaldo Bezerra da Silva
Vicario generale dell’arcidiocesi di Olinda e Recife
Cicero Ferreira de Paula
Cancelliere dell’arcidiocesi di Olinda e Recife
Moisés Ferreira de Lima
Rettore del seminario arcidiocesano
Márcio Miranda
Avvocato dell’arcidiocesi di Olinda e Recife
Edson Rodrigues
Parroco di Alagoinha, diocesi di Pesqueira
PRIMA RICHIESTA DEL DIRITTO DI RISPOSTA
Recife, 16 marzo2009
Sig. Direttore de l’Osservatore Romano
Io sottoscritto, Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Olinda e Recife, vi chiedo che il testo allegato sia pubblicato su l’Osservatore Romano, come risposta all’articolo intitolato “Dalla parte della fanciulla brasiliana” e firmato da Sua Eccellenza Monsignor Rino Fisichella.
Rispettosamente
Dom José Cardoso Sobrinho.
Arcivescovo di Olinda e Recife
INTERVISTA DATA DA DOM JOSE’ CARDOSO A JEANNE SMITS
29 marzo 2009
Mons. Cardoso Sobrinho
risponde alle domande di Present
Dopo il caso della fanciulla violentata di Alagoinha e il dissenso dell’Osservatore Romano per le vostre dichiarazioni sulla scomunica automatica di quelli che hanno deciso e praticato il suo aborto, emerge nei media una tendenza per dire che la dottrina della Chiesa è cambiata sulla questione di sapere se l’aborto in caso di pericolo di morte o altre circostanze particolari è un male, è un peccato.
D’altra parte le menzogne mediatiche che hanno contornato questo caso sono state particolarmente numerose e gravi, anche se molte persone vi hanno espresso la loro ammirazione. Volete spiegarci cosa è realmente avvenuto ?
– Voglio anzitutto ringraziare ed esprimere la mia profonda gratitudine, a tutti coloro che mi hanno sostenuto. Io ho ricevuto centinaia di messaggi di solidarietà dal mondo intero: da preti, vescovi, laici che approvano la mia scelta di parlare chiaro sulla legge attuale della Chiesa.
Ho ricevuto un premio da Human Life International e proprio recentemente ancora un altro premio dall’associazione Pro Vida di San Paolo. Grazie a Dio quindi molte persone approvano la mia azione.Tuttavia ci sono persone, in Francia, Canada, compresi dei vescovi che hanno scritto articoli per dire il loro disaccordo.. In uno spirito di dialogo, io vorrei dapprima sottolineare che non è vero dire che noi – cioè io stesso, ma anche il Parroco della fanciulla – non abbiamo dato prova di una attenzione particolare in merito. Noi abbiamo dato tutta la nostra attenzione e tutte le nostre cure alla fanciulla incinta. Ciò che è stato purtroppo pubblicato è semplicemente non vero: noi abbiamo fatto tutto ciò che dipendeva da noi per aiutarla.
Alcuni, quando parlano della pubblicità data a questo caso, affermano che non era “opportuno” parlare di scomunica. Io non sono d’accordo con questo punto di vista.
Mi si dice in proposito che si sarebbe dovuto dimenticare quello che dice il Diritto Canonico a proposito della scomunica. La mia opinione è diversa. Io dico che questa legge esiste per il bene della Chiesa. E non sono io che ho scomunicato qualcuno, come ho ripetuto più volte. Coloro che mi accusano affermano che sono io che ho “scomunicato”, ed è totalmente falso; io ho semplicemente attirato l’attenzione su una legge che esiste nella Chiesa, il Canone 1398. E mi domando. È conveniente tacere come tanti pretendono? Sarebbe stato meglio che io non parlassi del tutto di scomunica? Ebbene io rispondo che io non sono d’accordo. E’ una legge della Chiesa, per il bene della Chiesa. Esiste da secoli. Il nuovo Codice di Diritto canonico , promulgato nel 1983 dal servo di Dio Giovanni Paolo II riconferma questa legge, come il Catechismo della Chiesa Cattolica pubblicato dallo stesso Papa nel 1992, ripete questa legge e la commenta. Dunque sarebbe meglio stare zitti? Ebbene a mio parere è della più alta importanza attirare l’attenzione di tutti e soprattutto dei fedeli cattolici sulla gravità del crimine dell’aborto. E’ per questo che la legge esiste. Noialtri nella nostra diocesi, abbiamo ricevuto tanti messaggi da tante persone che mi dicono: Oggi io comprendo meglio la gravità dell’aborto, e cambierò la mia coscienza.
A mio avviso il fatto di attirare l’attenzione sull’esistenza di questa scomunica produce un bene spirituale presso i fedeli cattolici, ma anche presso gli altri che praticano in apparenza tranquillamente aborti e che ormai sentono pesare nella loro coscienza la gravità di quello che fanno. Questa è la finalità di questa legge della Chiesa, di questa pena della scomunica: essa ha valore di medicinale . E’ un rimedio in vista della conversione di tutti. E per la persona coinvolta, un mezzo per farle comprendere che dovrà rispondere delle sue azioni davanti a Dio. Con la Chiesa noi desideriamo che tutti, anche gli stessi che seguono oggi un cammino di errore, si rimettano a vivere in accordo con la legge di Dio. Noi non vogliamo la condanna eterna di nessuno. A mio parere il silenzio – non parlare della scomunica – farebbe un grave torto alla Chiesa.
Ancor più, ho l’impressione che alcuni tra quelli che si esprimono contro di me sono quasi al punto di insinuare che sarebbe meglio abrogare il canone della scomunica. Ma la Chiesa non pensa questo. La Chiesa mantiene questa legge perché, quando si tratta di delitti gravissimi è necessario per il bene comune della Chiesa che vi sia una legge chiara e che questa pena sia applicata. Sono principi di grandissima importanza. Per me il silenzio equivarrebbe alla complicità. Noi sappiamo -lo affermano i giornali del mondo intero– che ogni anno nel mondo si praticano 50 milioni di aborti. Qui in Brasile si parla di circa un milione di aborti l’anno. Io nella mia coscienza ho la convinzione che bisogna parlarne, risvegliare la coscienza di tutti, poiché il silenzio può essere interpretato come una approvazione.
In una conversazione con il Prof. Josef Seifert che si è espresso nei media per prendere la vostra difesa, lui ha descritto la scomunica come una carità verso l’interessato, per fargli prendere coscienza del danno che subisce nella sua vita spirituale.
Voi usereste questa espressione ?
E’ un rimedio spirituale. La Chiesa è investita di una missione: condurre tutti gli uomini alla salvezza eterna e farli vivere in grazia di Dio. In effetti ci sono persone che fanno “tranquillamente” aborti e che dicono pure tranquillamente che continueranno. Noialtri, in quanto cattolici e soprattutto pastori della Chiesa, non possiamo restare silenziosi, come se tutto questo andasse del tutto bene. E’ per questo che io ripeto che tacere, non attirare l’attenzione sulla gravità e la serietà di questo problema e soprattutto sul fatto che la Chiesa, per il bene comune, applica questa penalità, sarebbe complicità. Ciò sarebbe quasi un accettare questa situazione così grave.
Qui in Brasile, è in via di preparare una legge di legalizzazione dell’aborto. Noi cattolici dobbiamo parlare dapprima di responsabilità morale. Ci sono evidentemente dei cattolici nel nostro Parlamento che difendono la legge di Dio, ma ce ne sono altri che sostengono questo progetto, cominciando dal Presidente della Repubblica, Noi non possiamo restare silenziosi.
Quando voi avete parlato di scomunica automatica della madre della fanciulla e dei medici che hanno fatto l’aborto l’avete fatto prima o dopo che questo fosse compiuto ?
Io ne ho parlato prima e dopo come ciò è stato espresso chiaramente nella nota pubblicata dall’ archidiocesi di Recife in risposta all’articolo di Mons. Fisichella: dopo il 3 marzo, vigilia del giorno in cui si è eseguito l’aborto, io evocai davanti ad alcuni giornalisti la “ pena medicinale ” del canone 1398. Purtroppo, l’articolo di Mons. Fisichella afferma che la prima volta in cui io mi sono espresso davanti alla stampa su questo caso io non avrei parlato che di scomunica. Questo è totalmente falso. Io ho parlato più volte poiché questo caso di una fanciulla di 9 anni incinta aveva attirato l’attenzione di tutta la stampa. E soprattutto, noi abbiamo fatto tutto ciò che dipendeva da noi per salvare tre vite: non soltanto quella della fanciulla ma le tre vite.
. Quando alla fine l’aborto fu fatto, io ho ricordato semplicemente una volta ancora quella che è la legge della Chiesa. Ogni persona che – evidentemente in piena coscienza – commette aborti è scomunicata: ecco il senso della mia dichiarazione.
E’ vero che la fanciulla era rachitica o denutrita ?
– Niente affatto. Questa fanciulla incinta anche quando è stata ospedalizzata viveva insieme ad altri bambini e giocava con loro; la fanciulla viveva una vita normale.
La fanciulla sapeva di aspettare due bambini ?
– Si evidentemente! Non soltanto lei lo sapeva ma ella diceva che uno dei suoi bambini sarebbe stata membro della sua famiglia e l’altro per lei stessa perché loro, i bambini, potessero giocare insieme. In seguito si è saputo che si trattava di due bambine…..
Si dice che il padre legittimo della fanciulla che si era opposto all’aborto è un cristiano evangelico. Questo è vero.?
– Si è vero e non è cattolico. Lui dice che era totalmente con noi. Io l’ho ricevuto qui nella mia casa per tutta una giornata; egli non accettava l’aborto.
C ‘è stata molta emozione..
– Si egli è venuto con la sua fanciulla da Alagoinha a 230 km da qui. Lui è restato con me e con il padre P. Edson Rodriguez che è il Parroco della sua parrocchia, con il mio avvocato e con il presidente dei tribunali di qua per vedere se era possibile intervenire prima dell’aborto, per vedere se noi potevamo impedirlo con dei mezzi legali. Ma come voi sapete l’aborto è stato compiuto dopo che la fanciulla è stata portata a nostra insaputa in un “ centro di salute” abituato a praticare questo intervento.
Ci sono state manifestazioni contro l’aborto in prossimità della clinica ove si trovava inizialmente la fanciulla ?
– No! Nelle strade niente assolutamente. Al contrario nei giornali e alla televisione ci sono state molte pressioni per l’aborto e certe associazioni “femministe”, come voi sapete, sono intervenute per promuovere l’aborto della fanciulla.
La fanciulla è stata in un qualche momento in pericolo di morte ?
– No mai, i medici me l’hanno dichiarato esplicitamente. Questa eventualità è stata chiaramente prevista dai medici. Essi speravano che a sei mesi di gravidanza sarebbe stato possibile praticare un cesareo. Ma siccome questo gruppo di femministe voleva l’aborto, sono venute a IMIP (Istituto materno e infantile di Pernambuco) dove la fanciulla era ospedalizzata per portarla verso l’altro “centro di salute” e l’aborto è stato praticato nelle ore successive al suo arrivo. Essi l’hanno prelevata la sera prima e il giorno successivo l’intervento era stato già compiuto verso le 10 del mattino. È una clinica di cui, qui, si sa molto bene che pratica abitualmente degli aborti.
A me importa molto ricordare che i medici che hanno realizzato l’aborto hanno dichiarato che essi praticano aborti da molto tempo con fierezza. Essi affermano che continueranno. Noi non possiamo restare silenziosi di fronte a questo e non possiamo ancor meno affermare che ci fosse un “dubbio”, come ha purtroppo scritto Monsignor Fisichella: Egli afferma che nessuno sa se al momento di agire il medico non avesse dei dubbi su quello che doveva fare o non fare. Noi sappiamo al contrario che questi dottori medici hanno dichiarato pubblicamente che essi vivono praticando aborti e che non hanno alcun dubbio al riguardo: essi vogliono continuare a farlo.
Ci sono evidentemente altri medici cattolici che affermano il contrario e che non praticano l’aborto poiché essi credono in Dio e rispettano la sua legge.
Monsignore: avreste reagito diversamente se la piccola fanciulla fosse stata veramente in pericolo di morte ?
– No niente affatto. Noi sappiamo che anche in caso di pericolo di morte l’aborto non è mai lecito, per la legge di Dio – quale la Chiesa la proclama – anche in caso di pericolo di morte si sarebbe dovuto attendere l’evoluzione naturale delle cose e tentare di salvare le tre vite. E’ un principio fondamentale della legge di Dio e anche della legge naturale: il fine non giustifica i mezzi. Io penso che è un obiettivo eccellente salvare la vita della fanciulla incinta; ma il mezzo per pervenire a questo fine non può in alcun caso essere la soppressione di due vite innocenti. E’ un principio naturale che la logica umana può comprendere. Per evocare un esempio che io do qui in Brasile per farmi capire: se io voglio trovare del nutrimento da dare ai poveri e non ne abbiamo abbastanza qui, io non ho diritto di rapinare una banca di prendere il denaro degli altri per fare un’opera buona; e come ha detto la mia squadra di collaboratori – il vicario generale, il mio avvocato cattolico e gli altri firmatari della nota che io ho menzionato prima- noi non abbiamo il diritto di cambiare la legge di Dio anche se l’opinione pubblica segue una strada diversa. La nostra missione così importante è di proclamare per tutti, anche in casi come questo, quando non è facile.
Bisogna ben comprendere che fin dai primi secoli ci sono state nella Chiesa delle leggi per la scomunica. Questa mira a proteggere il bene comune della società ecclesiale ed è per questo che bisogna avere un diritto canonico; l’aspetto giuridico della Chiesa in quanto società umana è indispensabile: Noi non possiamo sperare semplicemente che ognuno segua la propria coscienza. La Chiesa deve evidentemente prima prendere cura della vita spirituale di ciascuno, ma il bene comune in senso tecnico è pure molto importante: si tratta di un ambiente adeguato ove ognuno possa vivere tranquillamente. Le penalità previste dal codice di diritto canonico hanno appunto questa finalità.
Cosa sapete voi di quello che si dice a riguardo di Monsignor Fisichella: che lui ha scritto questa nota “ingannato e costretto” ?
– Questa informazione mi è arrivata indirettamente. Certe persone in Brasile, compresi dei vescovi, hanno chiamato Monsignor Fisichella e mi dicono che a loro lui ha risposto questo: che egli avrebbe seguito le indicazioni di superiori gerarchie.
Il fatto è che oggi la stampa internazionale arriva a dire che la Chiesa è d’accordo con aborti terapeutici. Questo mi sembrerebbe assai grave: come si potrebbe lottare contro questa impressione ?
– E’ nostra missione proclamare sempre la legge di Dio. Voi sapete che in Africa Benedetto XVI ha parlato chiaramente sulle questioni morali e che la stampa particolarmente in Francia non l’ha accettato. E’ tuttavia missione della Chiesa: noi non possiamo tacere se, per delle ragioni di convenienza sociale nella libertà democratica che è una buona cosa, c’è un abuso nel voler legittimare nel quadro della legge usi e atti che vanno contro la legge di Dio. La nostra missione, quella della Chiesa, è di proclamare la legge di Dio e il Vangelo di Gesù Cristo, anche se questo non è facile.
E le vostre relazioni con gli altri vescovi del Brasile ?.
– Esse sono buonissime. Tre settimane fa noi eravamo riuniti in assemblea nazionale dei vescovi a San Paolo: tutti i vescovi con cui ho parlato hanno approvato, nessuno è contro di me. All’opposto io ho letto ciò che hanno scritto certi vescovi francesi. Mi sembra che essi non conoscessero tutte le circostanze. Essi hanno letto l’articolo di Monsignor Fisichella e hanno pensato che questa fosse la verità.
Può darsi che oggi essi siano nella condizione di constatare di aver reagito sulla base di informazioni false… Ma come riparare a questo ?
– Mi è parso importante che l’Osservatore Romano pubblichi le mie risposte. È quello che noi cerchiamo di ottenere ed è quello che noi abbiamo fatto fin dall’inizio. Noi abbiamo inviato a Roma la risposta dell’arcidiocesi all’articolo di Monsignor Fisichella. È un diritto naturale quello di rispondere se qualcuno pubblica delle cose false perché non sa come stanno le cose; bisogna che i lettori del giornale romano possano conoscere anche l’altro punto di vista.
Quanto a me ho la coscienza tranquilla. Non mi aspettavo e non mi auguravo queste ripercussioni che hanno raggiunto dimensioni internazionali. Io ripeto che il bene comune della Chiesa ha bisogno di queste leggi latae sententiae che servono di allerta permanente e che la Chiesa non abrogherà mai. Essa ha sempre condannato l’aborto e ha sempre spiegato perché questo fa torto non solo alla persona ma anche a tutta la società. Oggi io ripeto: noi siamo a un milione di aborti ogni anno in Brasile, 50 milioni nel mondo e il nostro silenzio sarebbe complicità.
Io desidero ringraziarvi per avermi permesso di esporre queste cose che mi sembrano importanti per il bene spirituale delle anime. Io vi prego di dire ai lettori di Present che io li benedico molto volentieri.
SECONDA DOMANDA DEL DIRITTO DI RISPOSTA
Recife, 10 giugno 2009
Sig. Giovanni Maria Vian
Direttore dell’Osservatore Romano
Città del Vaticano
Illustre Signore
Io mi rivolgo a Lei per chiedere ancora una volta la pubblicazione sull’Osservatore Romano del testo allegato in risposta all’articolo firmato da S.E. Mons. Salvatore Fisichella pubblicato nell’ Osservatore Romano il 15 marzo scorso, nell’edizione italiana ed anche nelle altre lingue delle edizioni settimanali.
L’articolo in questione di Mons. Fisichella ha avuto una ripercussione internazionale e purtroppo contiene delle false asserzioni, non esatte e offensive per la mia persona.
I lettori dell’ Osservatore Romano , nelle diverse lingue, hanno il diritto di conoscere la verità. Come ha detto il Nostro Salvatore., “Voi conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi” (Gv 8,32).
Vi ringrazio in anticipo e Vi presento i miei distinti saluti.
Dom José CARDOSO SOBRINHO
Arcivescovo di Olinda e Recife
CAPITOLO V
ANALISI DOTTRINALE DEL CASO DI RECIFE
1. Commentario dell’articolo di Monsignor Fisichella
Il solo il titolo indica chiaramente da quale parte si posiziona Mons. Rino Fisichella: lui ha deciso
di puntare soltanto su gli interessi di Carmen. L’unilateralismo di questa scelta è stato spinto così lontano che praticamente nessuna parola di compassione s’era detta in merito ai gemelli, vittime del doppio aborto. La compassione andrà a Carmen e ai medici. Mons. Fisichella sviluppa un’argomentazione per niente demagogica: bisogna far comprendere a Carmen come noi l’amiamo. La sua vita non sarà più facile. Carmen dovrà dapprima essere difesa. Ella è distrutta interiormente. L’ Arcivescovo di Olinda-Recife si è dato da fare per infliggere la scomunica ai medici che l’hanno aiutata a interrompere la gravidanza. Questo intervento dell’arcivescovo Cardoso, osserva l’autore dell’articolo, ha suscitato delle brucianti reazioni. Segue una richiesta di punire il criminale, che d’altra parte è già in prigione.
L’esposto di Mons. Fisichella merita diversi commenti perché è comporta svariati errori. Noi ne esaminiamo alcuni.
• Mons. Fisichella parte dall’asserzione, ripetuta dai giornalisti, secondo la quale Carmen sarebbe morta se non si fosse fatto l’aborto ai gemelli che ella portava. L’aborto dei gemelli è una conseguenza della decisione di intervenire per salvare la vita della fanciulla. Il fine giustifica i mezzi, e i mezzi sono presentati come se fossero i soli utilizzabili poiché, si assicura, Carmen era in pericolo di morte, e per salvarla si sarebbe dovuto procedere a due aborti. O meglio, Carmen sarebbe morta e in ogni modo i gemelli sarebbero morti; o meglio si salvava una vita – quella della madre – perché in ogni modo i gemelli erano condannati in virtù dell’asserzione iniziale sopra menzionata, cioè che Carmen sarebbe morta se non le si fosse fatto l’aborto.
In questa logica, che è poi quella che si trova nei documenti di PPP, il doppio aborto non è voluto per se stesso. ma è voluto per salvare la mamma. Per conseguenza ragiona Mons. Fisichella, né la mamma, Carmen, né gli autori dell’aborto cadono sotto la mannaia della scomunica. L’arcivescovo di Olimpia-Recife, si insiste, non doveva fare delle brucianti dichiarazioni; egli doveva piuttosto andare a consolare la bambina.
Purtroppo per lui e per i suoi lettori non si può chiedere a Mons. Fisichella se si è preso il disturbo di informarsi convenientemente. Non sarà caduto nella trappola dei giornalisti? Egli ha scritto sotto pressione oppure è stato costretto? Ha preso come oro colato l’asserzione, non provata, secondo la quale senza aborto la fanciulla sarebbe morta. Ogni ragionamento di Mons. Fisichella è basato su questa affermazione di principio: si dà come acquisito ciò che avrebbe dovuto essere provato, sapere se l’aborto era il solo mezzo per salvare la mamma reputata essere in pericolo di morte. Per buona misura si aggiunge che Dom Cardoso ha mancato di tenerezza e ha scomunicato. Ma, Mons. Fisichella ha almeno soltanto telefonato all’arcivescovo di Olinda-Recife?.
• La sua vita, scrive Mons. Fisichella era seriamente in pericolo. Evidentemente Mons. Fisichella non era in possesso del dossier sanitario della fanciulla. La vita di Carmen non era in pericolo. Non si poteva evocare nessuno stato di necessità. Si poteva ragionevolmente sperare di salvare la mamma e i suoi due bambini. Questa dichiarazione è stata fatta da vari medici brasiliani che conoscevano il dossier, tra i quali il dottor Bernardo Grazia – medico e prete – e la dottoressa Elisabetta Kipmann , dottore in ginecologia.
Carmen portava in sé una vita innocente, scrive ancora Mons. Fisichella, e aggiunge: nel suo caso, quello di Carmen, la vita e la morte si sono affrontate! Affermazioni teatrali ma inesatte. Carmen portava due vite innocenti e queste due vite – si sarebbe dovuto scrivere nero su bianco – sono state soppresse. La morte è stata data volontariamente e ineluttabilmente senza alcuna giustificazione a due piccoli esseri totalmente innocenti. A causa della determinazione di abortire in qualsiasi momento, la vita non ha avuto la minima possibilità di contare. D’altra parte gli esecutori dell’aborto si sono perfino vantati, non senza un certo cinismo, di essere abituati a fare degli aborti e di essere fieri di farli. Uno di essi, il dottor Rialdo Mendes de Albuquerque, avrebbe anche dichiarato ironicamente che sarebbe già stato scomunicato più volte. Precisiamo qui che, contrariamente a quello che insinua l’articolo di Mons. Fisichella, non c’è mai stata questione di scomunica per la fanciulla.
• Un nuovo errore si è manifestato: non c’era nessun pericolo di morte né per Carmen né per i gemelli. Mons. Fisichella insiste tuttavia, in una scelta come questa di dover salvare una vita, sapendo che per il medico mettere seriamente a rischio una seconda vita non è mai vissuto con facilità. Applicato al nostro caso, questa considerazione è aberrante, poiché non c’era alcuna vita in pericolo, né quella della madre né quella dei due bambini che portava. Il danno proveniva dai medici che scelgono il doppio aborto, come dagli ideologi della libera scelta (free-choice), che incitano i praticanti a commettere un doppio attentato alla vita umana e conferiscono ai loro autori una pseudo liceità morale.
E’ l’occasione per richiedere di annullare la pertinenza della connessione fra il caso di Carmen e quello dei pazienti in rianimazione. Risulta che con questa connessione, non contento di dare una copertura all’aborto, Mons. Fisichella offre anche la sua copertura all’eutanasia per dei medici che scelgono di darla. Evidentemente Mons. Fisichella desidera adulare i medici di cui dichiara di rispettare la professionalità. Egli riconosce ai medici la libertà di scelta, senza ricordare né ricordarsi che nelle loro decisioni i medici sono pure tenuti a rispettare delle regole morali. Mons. Fisichella semina consigli nella coscienza di tutti i medici del mondo in merito al rispetto della vita, dal suo inizio e alla sua fine, cioè in merito all’aborto e l’eutanasia.
• Mons. Fisichella riserva ancora una sorpresa, quando si avventura nelle considerazioni relative alla morale fondamentale. Ecco quello che egli scrive: “fare di un caso singolo una generalità sarebbe non solo non corretto, ma ingiusto… Come ogni caso particolare e concreto, il caso morale merita di essere analizzato senza generalizzazione”. Come al punto precedente, Mons. Fisichella rivela qui la sua adesione alla morale della situazione, alla morale dell’opzione fondamentale, alla morale proporzionalista, il tutto tuttavia chiaramente criticato da Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis Splendor (1993 vedere per esempio n.65-83- 95 102).
Mons. Fisichella scrive: “la morale cattolica ha dei principi che non può ignorare anche se lo volesse. La difesa della vita umana dal concepimento è appunto uno di questi”. Due i motivi di sorpresa: qui Mons. Fisichella afferma l’esigenza di principi morali quando, come indicato prima, egli assegna ai medici la facoltà di scegliere liberamente, e ha appena detto che bisognerebbe analizzare i casi nella loro particolarità!. Inoltre Mons. Fisichella dimentica che la difesa della vita umana è anzitutto un principio di morale naturale. I cristiani non hanno il monopolio del rispetto della vita umana. La condanna dell’aborto risale ben aldilà di quello che Mons. Fisichella chiama l’alba della Chiesa.
• Non è esatto che le parole del Vaticano II, più precisamente di Gaudium et Spes , “utilizzano in maniera inattesa parole inequivocabili e durissime contro l’aborto diretto”; queste parole non sono né inattese né durissime; esse non fanno che riaffermare la tradizione morale naturale e cristiana che vuole proteggere gli individui umani più fragili, e dissuadere gli altri di attentare alla loro vita. Ciò che è curioso è che Mons. Fisichella richiama lui stesso la dottrina della Chiesa sull’aborto provocato! Non sembra rendersi conto che la dottrina da lui citata lo mette in contraddizione con le sue posizioni, come le espone nell’articolo che noi commentiamo. In altri termini, per lui bisogna conservare i principi fin tanto che sia rispettata anzitutto la libertà di scelta a fronte di situazioni concrete. Ecco come si rovina la morale tanto naturale che cristiana…
• “Il diritto… prevede come obiettivo della sua esistenza: il bene e la salute di quelli che credono nell’amore del Padre – e di quelli che accolgono il Vangelo di Cristo come i bambini.” Qui l’autore va oltre: anche se non è precisato, egli pensa al Diritto canonico. Ebbene, come afferma l’insegnamento della Chiesa che Mons. Fisichella ha appena citato, non c’è più grande ingiustizia che attentare deliberatamente alla vita dell’essere umano più innocente e vulnerabile. Questa norma del Diritto canonico è d’altra parte una norma di diritto naturale. Vale non soltanto per quelli che accolgono la salvezza da Dio, ma vale per tutti. C’è qui qualcosa di inammissibile: chiedere perdono al lettore, invitandolo “a guardare al di là del dominio giuridico”, la cui ragion d’essere è qui proteggere l’innocente. E’, tanto per dire, una bestemmia il distorcere le parole del Signore della Vita al fine di scusare gli abortisti, servendosi anche – è il colmo – della sventura di una mamma ferita e spossessata per sempre dei suoi due bambini.
2. Le divisioni nella Chiesa
- Secondo Mons. Fisichella, l’attitudine dell’Arcivescovo Cardoso fa torto alla credibilità della Chiesa. Ma la Chiesa e i suoi Pastori meritano di essere credibili soltanto quando proclamano la Verità. Il Vangelo non raccomanda di piacere agli uomini, ma ci richiede di essere fedeli al messaggio che noi abbiamo per missione di annunciare. Per quanto si riferisce all’aborto, la dottrina della Chiesa è esposta in tutta chiarezza nei documenti più importanti, come Gaudium et Spes (1965), Codice del Diritto canonico (1983), Donum Vitae (1987), Evangelium Vitae (1995), Catechismo della Chiesa Cattolica (1997).
L’articolo di Mons. Fisichella è pubblicato nell’edizione francese dell’Osservatore Romano del 17 marzo, ed è sorprendente che non sia fatta alcuna menzione delle dichiarazioni di Sua Eminenza il Cardinal Re, prefetto della Sacra Congregazione dei vescovi, pubblicate ne “La Stampa” del 7 marzo. E’ possibile che Mons. Fisichella potesse ignorare questa dichiarazione nel momento di firmare il suo articolo?
In questa dichiarazione il cardinal Re dichiara a proposito del doppio aborto attuato a Recife: “E’ un crimine agli occhi di Dio. E’ giusta la scomunica di coloro che hanno provocato l’aborto.” Il 14 marzo Dom Cardoso, Arcivescovo di Olinda-Recife, riceveva una lettera di elogio dallo stesso cardinale. La posizione della Chiesa è ugualmente riaffermata dal padre Gianfranco Grieco, capo dell’ufficio del consiglio pontificio per la famiglia, ne “La stampa” del 7 marzo. - L’Osservatore Romano è l’organo ufficiale del Vaticano. Esso pubblica testi pontifici.e anche articoli a richiesta di certi dicasteri. Pubblica ugualmente testi proposti da autori censiti come conoscitori e rispettosi della dottrina della Chiesa. Questa pubblicazione prestigiosa è particolarmente necessaria in un’epoca in cui i media si pronunciano con disinvoltura su ogni argomento. Come scriveva Molière, “la gente di qualità sa tutto senza avere mai imparato niente”. A meno di brillanti eccezioni, il rispetto di una deontologia elementare, consistente per esempio nel verificare le sorgenti sulle quali ci si appoggia, non pare essere una priorità. Nel caso che noi esaminiamo, i responsabili dell’Osservatore Romano hanno lasciato passare un testo macchiato di gravi inesattezze, di omissioni parziali in tutti i sensi della parola. Ancor più, al posto di fermare la divulgazione di questo articolo in lingue straniere, il Direttore della pubblicazione ha fatto circolare questo testo in diverse lingue. L’organo del Vaticano coopera così seriamente alla confusione degli spiriti, nella misura in cui non rispetta il suo mandato di messaggero fedele, per rifilare ai suoi lettori dei prodotti dottrinalmente avariati.
- Il 20 marzo, alcuni giorni dopo l’articolo di Mons. Fisichella, mentre incontra l’autorità del Luanda, Benedetto XVI si riferisce all’aborto. Il Papa si rammarica che l’aborto sia presentato come cura della salute materna; citiamo le parole forti pronunciate dal Papa: “Come è amara l’ironia di quelli che promuovono l’aborto al rango di cure della salute delle mamme! Come sconcerta la tesi di quelli che pretendono che la soppressione della vita sarebbe una questione di salute riproduttiva!” Da qui la protesta immediata di certi giornalisti, il cui ragionamento si riassume così: “L’aborto fa parte delle cure della salute riproduttiva, per cui il Papa è contrario all’aborto, dunque è contrario alla salute riproduttiva, la quale deve includere l’aborto terapeutico”. Secondo questa sofistica petizione di principio, i gemelli prematuri costituiscono un pericolo grave per la giovane Carmen , e sono essi stessi in pericolo, dunque si può procedere all’aborto.
L’indomani, sul Luanda, il padre Federico Lombardi s.j., direttore della sala stampa del Vaticano si ritiene obbligato, perfino autorizzato, a smussare d’autorità la dichiarazione del Papa che noi abbiamo appena citato. Questa non si riferirebbe all’aborto terapeutico, come inteso dagli ideologi della salute riproduttiva e della maternità sicura. In un contesto dove lui commenta le parole del Papa, padre Lombardi arriva fino ad affermare imprudentemente che la Chiesa cattolica “ha sempre ammesso l’aborto indiretto”, quando le cure prodigate alla donna incinta per salvare la vita “hanno per conseguenza la morte del feto”. Il doppio aborto operato su Carmen sarebbe quindi terapeutico, nella logica tortuosa del Reverendo Padre, e sfuggirebbe alla sanzione del Diritto canonico. Esso non sarebbe più condannato dal Papa, che, d’altra parte – si aggiungerebbe – non ha detto niente in l’Africa, sugli avvenimenti di Recife. Pertanto è dunque per poco che il Padre Lombardi non compromette il Santo Padre, facendo pensare che il Papa non abbia stigmatizzato il doppio aborto di Recife per il motivo che questo sarebbe terapeutico! Ne segue che il Papa avrebbe implicitamente disapprovato l’Arcivescovo Cardoso!
Certo, Padre Lombardi ha fatto valere che, con i vescovi del Luanda, egli non disponeva di tutte le informazioni augurabili in merito al caso di Recife. La sua dichiarazione pone tuttavia un problema di fondo. E’ forse normale che un giornalista, sia pure di alto livello, si ponga come interprete autorizzato di quello che il Papa ha detto, soprattutto se la sua interpretazione ha per effetto di smussare la punta delle dichiarazioni del Santo Padre?
Bisognerebbe senza dubbio precisare i livelli di competenza e di autorità. I propositi del Papa sarebbero così oscuri da essere decifrati da un magistero parallelo, mediatico? - Gravi motivi di preoccupazione appaiono negli ambienti prossimi all’Accademia Pontifica per la Vita e del Consiglio Pontificio per la Famiglia:
i. Incomprensione e tristezza di un numero considerevole di cristiani impegnati da anni nei multipli programmi pro-vita incoraggiati dalla Chiesa. Sentimento fondato spesso nell’essere trascurati dai loro pastori.
ii. Perplessità e vergogna di molti membri dell’Accademia Pontificia per la Vita che domandano come un tale passo falso ha potuto prodursi, e quale seguito gli sarà riservato.
iii. Discredito che colpisce il Presidente dell’Accademia Pontificia per la Vita che ha colpito la sua propria autorità morale, teologica e scientifica. Perdita di confidenza nel Presidente, e disincanto. Molti membri dell’Accademia Pontificia per la Vita temono che le dichiarazione di Mons. Fisichella li compromettano presso le loro basi. Queste diminuiranno gli aiuti di ogni sorta destinati alle attività dell’Accademia Pontificia per la Vita.
iv. Timore di una disattivazione dell’Accademia Pontificia per la Vita: i membri saranno meno motivati e si divideranno tra loro; già si fa questione di convocare i membri dell’Accademia ogni due anni; ma se viene confermata, da dove viene questa decisione? Essa prelude, secondo certi pettegolezzi, a una sepoltura dell’Accademia Pontificia per la Vita mentre gli attacchi contro la vita non cessano di moltiplicarsi.
5. Nella sua lettera ai vescovi del mondo datata il 10 marzo del 1005, il Santo Padre, citando l’epistola ai Galati scriveva: “State attenti! se vi morsicate e vi divorate l’un l’altro, vi distruggerete tra voi”. Questa citazione, fatta in riferimento ai vescovi lefevriani, merita di essere richiamata anche a proposito dello scandalo della Università di Notre Dame e della storia straziante di Carmen e dei suoi gemelli.
3. Impatto sulla vita politica.
- Secondo i movimenti free-choice e secondo altri movimenti simili, non siamo a Recife in presenza del caso tipico della donna di cui si assicura che bisogna farla abortire per salvargli la vita. Il caso di Carmen è, d’altra parte, più sfruttabile mediaticamente per il fatto che Carmen è una fanciulla di nove anni. Il testo di Mons. Fisichella ricorre a questo argomento, che è l’argomento massiccio utilizzato da FNAP, OMS, IPPF etc. per cambiare la legislazione che protegge il bambino non nato. Legalizzare l’aborto ovunque nel mondo, si assicura, permette di salvare delle vite umane. Esso diminuisce la mortalità materna. Mons. Fisichella ha portato acqua al mulino di tutti i pro-choice del Brasile, del mondo e della Chiesa. Egli indebolisce i movimenti pro-vita che sono in posizione di battersi in Brasile e altrove contro i progetti di legalizzazione dell’aborto. Esso apporta una legittimità a tutti quelli che si dicono da anni movimenti anti-vita a proposito della salute riproduttiva e della maternità senza rischi. Precisiamo che sotto queste due espressioni si nasconde evidentemente il diritto all’aborto. Infine Mons. Fisichella stima di poter esentare i medici abortisti di Recife dalla scomunica, e così altri medici cattolici non mancheranno di avvalersi di questa esenzione per praticare – anche in strutture cattoliche – degli aborti, il cui carattere terapeutico sarà definito secondo i criteri della salute riproduttiva o della maternità senza rischi.
- In ragione della sua influenza sugli ambienti politici e della audience che gli riservano i media, è utile rilevare le reazioni del movimento Catholics for free-choice – diventato Catholics for choice – a proposito di Mons. Fisichella.
Ecco ciò che scriveva il 23 marzo Frances Kissling, loro presidente onorario, a proposito dell’affare di Recife:
l’analisi di Frances Kissling
In uno stupefacente cambiamento di linea della strategia del Vaticano, che consiste nel non deviare dalla sua posizione secondo la quale l’aborto dovrebbe non essere mai permesso anche per salvare la vita di una donna, il più alto funzionario bioetico del Vaticano, l’arcivescovo Mons. Rino Fisichella, ha fatto notare che i dottori che in Brasile hanno realizzato un aborto su una fanciulla di nove anni, incinta di gemelli a 15 settimane , non meritano la scomunica. Ciò che forse è più interessante è che Fisichella considera le decisioni difficili che i dottori devono prendere e il giudizio morale che essi hanno….. Il fatto che egli (Mons. Fisichella) riconosca un giudizio morale per i dottori, è estremamente importante. Se i dottori avessero la coscienza del fatto che qualcuno, in alto livello della gerarchia, riconosce che in queste situazioni ci sono dei dilemmi morali davanti a cui la coscienza deve decidere ciò che è bene o male, essi potrebbero decidere che possono offrire il servizio di aborto e – questo va da sé – è quello che il Cardinale (sic) Cardoso Sobrinho vuol evitare.
Frances Kissling conclude:
Si può scommettere sul clamore che si alzerà dagli ultraconservatori dentro la chiesa, forse un chiarimento dello stesso arcivescovo, ma il fatto è che egli ha scardinato una porta attraverso la quale possono infiltrarsi delle donne, dei medici, dei decisori politici : e io sono riconoscente per i piccoli regali…
Questo testo mostra bene la percezione che Frances Kissling e, attraverso di lei, i free-choice, hanno della posizione esposta da Mons. Fisichella. Ciò di cui gioisce Frances Kissling, e di cui dovrebbe gioire IPPF, non è soltanto che Fisichella abbia dato la sua copertura al doppio aborto di Recife. È, assai semplicemente, che ella considera per la prima volta che un funzionario del Vaticano di alto rango bioetico devia dalla posizione della Chiesa, secondo la quale l’aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale (Catechismo 2271).
- Le posizioni di Mons. Fisichella sono assai prossime a quelle che si trovano nelle pubblicazioni di IPPF, dell’ OMS di FNUAP, dei Catholics for free-choice .
Non è proibito domandarsi se questa prossimità è il frutto del caso o se altre spiegazioni meritano di essere intraviste. I lettori dell’articolo di Mons. Fisichella hanno la sensazione che una mano nascosta sia intervenuta. Quello che incita a formulare questa ipotesi è la grande differenza di stile e di dottrina rispetto all’articolo pubblicato sotto la firma di Rino Fisichella dell’Osservatore Romano del 17 marzo, e l’intervista concessa da Fisichella e pubblicata nel Corriere della Sera del 24 gennaio 2009. In questa intervista – che si trova facilmente su Internet – Rino Fisichella si dice preoccupato e un po’ desolato dei primi passi fatti da Obama in materia di aborto. Ed aggiunge che il cammino che conduce alla disillusione è assai breve….. così “quando ci si erge giustamente a paladini della dignità della persona, ci si aspetta che tale diritto sia esteso a tutti senza discriminazioni nè contraddizioni profonde”.
- Mons. Fisichella ha operato un sorprendente colpo di mano a favore di quelli che in Brasile, in America Latina, in Africa e altrove vogliono realizzare l’aborto come mezzo di controllo della popolazione. Egli vuole piacere al governo brasiliano che si affretta a procedere a questa liberalizzazione. Mons. Fisichella indebolisce la Chiesa del Brasile nel momento in cui nella campagna della fraternità i Cristiani danno la priorità alla difesa della vita. Sconfessando Dom Cardoso, Mons. Fisichella si allinea al giudizio espresso dal presidente Lula nei confronti dell’Arcivescovo di Olinda-Recife. In una dichiarazione fatta il 5 marzo a Vittoria (capitale dello stato di Spirito Santo), il presidente Lula se la prendeva vivamente con Dom José Cardoso Sobrinho, dichiarando particolarmente: “ Come cristiano e come cattolico sono profondamente dispiaciuto che un vescovo della Chiesa Cattolica abbia un comportamento conservatore come questo. Non è possibile permettere che una fanciulla violentata dal suo patrigno abbia questo bambino (al singolare, nel testo) non fosse che perché la sua vita era in pericolo..”. La medicina è più corretta della Chiesa e ha fatto quello che doveva essere fatto: salvare la vita di una fanciulla di 9 anni .
Non si osa immaginare che l’influenza di Lula impregni certi settori della Curia romana!
- L’articolo di Mons. Fisichella cade in un momento in cui il presidente Obama moltiplica le sue iniziative miranti a intensificare, in America Latina e altrove, le campagne finanziate dal governo nordamericano a favore della salute riproduttiva nella maternità senza rischi. La sua azione in questo senso è collegata e allargata dagli interventi di Hillary Clinton e di quelli di organizzazioni come IPPF, delle agenzie dell’ONU, e Unione Europea. Questa campagna basata negli USA è ancora intensificata dall’azione di Tony Blair, di cui si conosce l’aspirazione a diventare il primo presidente dell’Unione Europea, e dall’azione di sua moglie Cherie Blair che non lesina in materia di dichiarazioni femministe radicali. Come tanti altri, questa coppia non esita a proclamarsi cattolica, ma non si priva di scostarsi pubblicamente dall’insegnamento della Chiesa in merito della vita e della famiglia. I Blair sarebbero dei cattolici free-choice? Sotto l’influenza di queste due nazioni leaders e dell’ONU, ove il loro peso è preponderante, bisogna aspettarsi che presto l’America Latina sarà messa sottopressione per adottare dei “diritti nuovi dell’uomo” tra i quali il diritto all’aborto. Col tempo, il personale sanitario sarà privato del diritto di obiezione di coscienza. Il presidente Lula ha già manifestato chiaramente la sua simpatia spontanea per tale riforma. D’altra parte bisogna aspettarsi che le reti educative latino-americane servano prossimamente da canale all’espansione dell’educazione sessuale dei giovani. Da alcuni anni una campagna è già stata intrapresa a questo scopo.
Nel momento che il presidente Obama e Lula intensificano il loro progetto di collaborazione in materia di controllo della popolazione, i propositi di Mons. Fisichella non possono che andare contro la buona causa delle popolazioni e delle nazioni latino-americane.
4. Alcune questioni che chiedono delle risposte chiare
A fine analisi di questo dossier, si pongono delle domande. Eccone alcune.
- Come è d’uso nei dicasteri, documenti “delicati” devono essere sottoposti alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il testo di Mons. Fisichella ha avuto l’approvazione preventiva di questa Congregazione? Questo deplorevole episodio non evidenzia quanto è urgente ristabilire la presenza della Congregazione per la Dottrina della Fede in seno alla Curia?
- Il testo di Mons. Fisichella è stato pubblicato con il sostegno di altre autorità vaticane? Se sì, quali? Chi ha comandato, organizzato e coperto questo complotto? In una lettera del 14 maggio (PAV, Prot n.4235/09), Mons. Fisichella scrive: “l’articolo è stato scritto su richiesta”. A richiesta di chi?
Alcuni arrivano perfino a insinuare che un placet sia stato dato a Mons. Fisichella addirittura a livello di segreteria di Stato….. ecco una questione cruciale sulla quale si deve fare luce.
- Perché l’Osservatore Romano ha pubblicato questo articolo? Perché avergli donato moltissimo rilievo accordandogli la prima pagina? Non c’è stato per caso un progetto di compromettere l’organo ufficiale della Santa Sede? Come l’abbiamo già intravisto a proposito della sala stampa, non c’è stato qui un abuso di potere? Chi dell’Osservatore Romano ha lasciato passare questo articolo? Perché pubblicare le traduzioni in inglese e spagnolo portoghese del testo di Mons. Fisichella dopo le dichiarazioni di Benedetto XVI a Luanda il 20 marzo? Perché non aver fermato la pubblicazione di queste traduzioni? Come avvenuto che questo testo sia stato pubblicato in italiano il 15 marzo, cioè dopo l’intervento di Sua Eminenza il cardinale Re, che portava per iscritto il suo sostegno all’arcivescovo Cardoso?
- Cosa si intravede per continuare a procedere alle indispensabili rettifiche dottrinali pastorali e canoniche che richiede il testo di Mons. Fisichella? E’ ormai tempo perché la Congregazione dell’educazione cattolica consideri l’opportunità di una visita alle università cattoliche, comprese quelle romane. Già in certi corsi di morale si insegna la nuova dottrina sull’aborto.
• – La deriva del relativismo.
• Tutti sono d’accordo nel dire e ripetere che quello che ha vissuto la bambina è particolarmente orribile: violenze ripetute seguite da gravidanza gemellare. Quello su cui si insiste meno è il fatto che una rete efficace si è costituita per venire in aiuto alla fanciulla e al suo ambiente. L’azione di questi buoni samaritani non è evocata nell’articolo. Essi tuttavia hanno fatto opera di tenerezza e compassione per la giovane mamma. Con altre peripezie dello stesso genere, l’episodio di Recife ha portato alla luce profonde disfunzioni del sistema romano di informazione e di comunicazione. Ci sarebbero delle talpe in Vaticano? Dei sottomarini nei servizi diplomatici della Santa sede?
• L’articolo di Mons. Fisichella riflette tesi che l’apparentano ai cattolici pro – choice. Esso compromette lo sforzo gigantesco che è stato realizzato sotto l’impulso del Papa del secolo scorso a favore della vita e della famiglia. Nel testo che noi abbiamo analizzato non si trova la minima eco dei lavori patrocinati dal cardinale Lopez Trujillo al Consiglio Pontificio per la Famiglia, come per esempio il celebre Lexicon . Non si trova inoltre il minimo riferimento alla prestigiosa scuola di bioetica personalista, fondata da Sua Eccellenza Monsignor Sgreccia e che ha largamente modellato l’Accademia Pontificia per la Vita.
• Sarebbe disastroso che si soffocasse questo caso, e che ci si lasciasse trascinare perché il turbamento è grande, e perché i movimenti “laici” sono evidentemente pronti a sfruttare la più piccola nuova crepa nell’unità della Chiesa. Un silenzio anormale farebbe intendere che la Santa Sede conferma la sconfessione dell’arcivescovo Cardoso pronunciata implicitamente da Mons. Fisichella.
• E’ indispensabile misurare le reazioni che si sono già manifestate dalla stampa internazionale e nei movimenti per la vita, così come nel clero e fra i laici, a fronte di quello che molti qualificano, non senza ragione, uno scandalo. Su tre punti essenziali c’è stato un deragliamento grave: deragliamento in morale del rispetto della vita, deragliamento dalla morale fondamentale: morale della situazione; deragliamento in ecclesiologia, perché la dottrina più solidamente stabilita non fosse spazzata via da un colpo di spugna o abolita da un colpo di forza. Inoltre, a livello disciplinare, non è sicuro che Mons. Fisichella abbia un mandato particolare per sconfessare un Ordinario Arcivescovo come lui. Devono quindi essere prese delle misure d’urgenza perché si è bloccata la situazione. L’Accademia Pontificia della Vita ha bisogno di un pilota. Bisogna ristabilire la verità e restaurare, con la confidenza, l’unità gravemente sbilanciata.
• Mentre egli ha recentemente criticato la politica del presidente Obama in materia di aborto, Mons. Fisichella ha disconosciuto l’impatto politico del suo proprio articolo in un momento in cui il Brasile, l’America Latina e l’Africa sono l’oggetto di un assedio in piena regola intrapreso dei propagandisti della cultura della morte.
• Il dissenso è davanti ad una grande, promettente giornata. Forti del precedente di un capo di dicastero della Curia romana, altri vescovi e dei teologi non mancheranno di prendere a loro volta alcune libertà con la dottrina e rivendicare il diritto del dissenso cioè alla trasgressione. Inoltre ciò che M. Rino Fisichella ha detto in materia di aborto potrebbe essere trasferito a proposito della contraccezione, del matrimonio tra persone dello stesso sesso, di eutanasia etc.
• Il caso di Recife mette in luce che l’unità della Chiesa non può essere condotta a una questione di convenienze politiche. La Chiesa, o almeno certi suoi membri, è vittima della politica del salame. Rigettando l’Humanae Vitae , alcuni suoi pastori hanno avallato il taglio della prima fetta del salame: la contraccezione. Il caso Recife rivela che certi pastori stanno per avallare la seconda fetta: l’aborto. Altre fette aspettano di essere avallate: l’eutanasia, il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso, diverse manipolazioni della vita, etc. Alla verità, fondamento dell’unità, si preferisce sempre più l’unità di facciata, per piacere al mondo. Ci si accomoda su una verità nell’ambiguità. Ma questa ambiguità sbocca inevitabilmente su un relativismo dottrinale generalizzato. Dobbiamo alimentare questa deriva?
• Riassumendo, a fronte delle turbolenze provocate dall’articolo di Mons. Fisichella, non c’è , pare, che una unica soluzione vera: una dichiarazione del Santo Padre. L’articolo di Mons. Fisichella ha creato un dubbio generale a proposito della “liceità” dell’aborto. Tuttavia non si è sicuri che a Roma la gravità della situazione creata sia percepita nella sua giusta misura. Ora il dubbio si è ripercosso nella Chiesa universale, rafforzato da tre fattori: la funzione conferita all’autore dell’articolo, il carattere ufficioso del giornale che lo pubblica, il porta-parola che spiega queste materie.
Se il Papa non dice nulla, il dubbio persisterà e si avrà ripetizione di quello che oggi succede con Humanae Vitae (1968).
CAPITOLO VI
IL CHIARIMENTO DELLA CONGREGAZIONE DELLA DOTTRINA DELLA FEDE
Dopo la pubblicazione, il 15 marzo (2009) dell’articolo di Mons. Rino Fisichella, le autorità romane sono state oggetto di importanti messaggi. Molti militanti pro-vita e famiglia hanno espresso la loro confusione e domandato chiarimenti. Questi sono finalmente arrivati nella forma di un articolo emanato dalla Congregazione della Dottrina della Fede. Questo articolo, annunciato discretamente in fondo alla prima pagina, è stato pubblicato a pag.7 dell’Osservatore Romano, edizione quotidiana, in data 11 Luglio.
Chiarimento della Congregazione per la Dottrina della Fede
Sull’aborto procurato
Recentemente sono pervenute alla Santa Sede diverse lettere, anche da parte di alte personalità della vita politica ed ecclesiale, che hanno informato sulla confusione creatasi in vari Paesi, soprattutto in America Latina, a seguito della manipolazione e strumentalizzazione di un articolo di Sua Eccellenza Monsignor Rino Fisichella, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sulla triste vicenda della “bambina brasiliana”. In tale articolo, apparso su “L’Osservatore Romano” del 15 marzo 2009, si proponeva la dottrina della Chiesa, pur tenendo conto della situazione drammatica della suddetta bambina, che – come si poteva rilevare successivamente – era stata accompagnata con ogni delicatezza pastorale, in particolare dall’allora Arcivescovo di Olinda e Recife, Sua Eccellenza Monsignor José Cardoso Sobrinho. Al riguardo, la Congregazione per la Dottrina della Fede ribadisce che la dottrina della Chiesa sull’aborto provocato non è cambiata né può cambiare. Tale dottrina è stata esposta nei numeri 2270-2273 del Catechismo della Chiesa Cattolica in questi termini:
“La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita. “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato” ( Ger 1, 5). “Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra” ( Sal 139, 15).
“Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L’aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale: “Non uccidere il bimbo con l’aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita” ( Didaché , 2, 2). ” Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l’altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo degno dell’uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l’aborto come pure l’infanticidio sono abominevoli delitti” (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes , 51).
“La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. “Chi procura l’aborto, se ne consegue l’effetto, incorre nella scomunica latae sententiae ” (Cic, can. 1398), “per il fatto stesso d’aver commesso il delitto” (Cic, can. 1314) e alle condizioni previste dal diritto (cfr. Cic, cann. 1323-1324). La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all’innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.
“Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione : “I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell’autorità politica; tali diritti dell’uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell’atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare: il diritto alla vita e all’integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte… Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l’uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto… Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae , III)”.
Nell’Enciclica Evangelium vitae Papa Giovanni Paolo II ha riaffermato tale dottrina con la sua autorità di Supremo Pastore della Chiesa: “Con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi – che a varie riprese hanno condannato l’aborto e che nella consultazione precedentemente citata, pur dispersi per il mondo, hanno unanimemente consentito circa questa dottrina – dichiaro che l’aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave , in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale” (n. 62).
Per quanto riguarda l’aborto procurato in alcune situazioni difficili e complesse, vale l’insegnamento chiaro e preciso di Papa Giovanni Paolo II: “È vero che molte volte la scelta abortiva riveste per la madre carattere drammatico e doloroso, in quanto la decisione di disfarsi del frutto del concepimento non viene presa per ragioni puramente egoistiche e di comodo, ma perché si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti beni, quali la propria salute o un livello dignitoso di vita per gli altri membri della famiglia. Talvolta si temono per il nascituro condizioni di esistenza tali da far pensare che per lui sarebbe meglio non nascere. Tuttavia, queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche, non possono mai giustificare la soppressione deliberata di un essere umano innocente ” (Enciclica Evangelium vitae , n. 58).
Quanto alla problematica di determinati trattamenti medici al fine di preservare la salute della madre occorre distinguere bene tra due fattispecie diverse: da una parte un intervento che direttamente provoca la morte del feto, chiamato talvolta in modo inappropriato aborto “terapeutico”, che non può mai essere lecito in quanto è l’uccisione diretta di un essere umano innocente; dall’altra parte un intervento in sé non abortivo che può avere, come conseguenza collaterale, la morte del figlio: “Se, per esempio, la salvezza della vita della futura madre, indipendentemente dal suo stato di gravidanza, richiedesse urgentemente un atto chirurgico, o altra applicazione terapeutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta né intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe più dirsi un diretto attentato alla vita innocente. In queste condizioni l’operazione può essere considerata lecita, come altri simili interventi medici, sempre che si tratti di un bene di alto valore, qual è la vita, e non sia possibile di rimandarla dopo la nascita del bambino, né di ricorrere ad altro efficace rimedio” (Pio XII, Discorso al “Fronte della Famiglia” e all’Associazione Famiglie numerose, 27 novembre 1951).
Quanto alla responsabilità degli operatori sanitari, occorre ricordare le parole di Papa Giovanni Paolo II: “La loro professione li vuole custodi e servitori della vita umana. Nel contesto culturale e sociale odierno, nel quale la scienza e l’arte medica rischiano di smarrire la loro nativa dimensione etica, essi possono essere talvolta fortemente tentati di trasformarsi in artefici di manipolazione della vita o addirittura in operatori di morte. Di fronte a tale tentazione la loro responsabilità è oggi enormemente accresciuta e trova la sua ispirazione più profonda e il suo sostegno più forte proprio nell’intrinseca e imprescindibile dimensione etica della professione sanitaria, come già riconosceva l’antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate , secondo il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità” (Enciclica Evangelium vitae , n. 89).
(©L’Osservatore Romano – 11 luglio 2009)
I limiti di un chiarimento.
L’articolo della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) è stato accolto generalmente con interesse, ma è stato oggetto di varie riserve. Eccone alcune.
Il chiarimento avrebbe guadagnato nel continuare la citazione (sopraccitata) dello stesso n.89 dell’Enciclica Evangelium Vitae:
Il rispetto assoluto di ogni vita umana innocente esige anche l’esercizio dell’obiezione di coscienza a fronte dell’aborto provocato e dell’eutanasia. Far morire non può mai essere considerato una cura medica, anche se l’intenzione fosse solo rispondere alla richiesta del paziente: è al contrario la negazione delle professioni sanitarie, che si definiscono come un “sì” appassionato e tenace alla vita
Se Mons. Fisichella avesse proposto la dottrina della Chiesa in modo corretto, perché la CDF avrebbe dovuto ricordarla lungamente?
Il chiarimento fa pensare che l’articolo di Mons. Fisichella era dottrinalmente fedele e che, di conseguenza, le critiche in merito erano prive di fondamento, non potendo derivare che da una volontà di manipolare il testo dell’arcivescovo. Affermare questo è quantomeno disobbligante per numerosi vescovi e militanti pro-vita che hanno manifestato la loro sorpresa. La reazione a caldo dei militanti per l’aborto, tra cui Frances Kissling, mostra che i militanti pro-vita, che sono sempre sul chi vive, avevano ben percepito il pericolo di un tale articolo.
Il chiarimento omette di dire chiaramente che Mons. Fisichella si discosta dalla dottrina della Chiesa, ed è per questo che CDF deve ricordarla. Mons. Fisichella cita la dottrina della Chiesa, non per seguirla, ma al contrario per metter in luce la sua personale posizione: in certi casi la coscienza individuale “legittima” la trasgressione del diritto canonico, che su questo punto riafferma la morale naturale. In altre parole Mons. Fisichella cita la dottrina della Chiesa solo per dire che ci si può scostarne se lo richiede la coscienza soggettiva.
Pubblicando il suo chiarimento CDF si è messa in una posizione delicata.. Da una parte essa rifiuta di sconfessare Mons. Fisichella. Dall’altra sa che questi ha eseguito una missione comandata dalla Segreteria di Stato. A questa, CDF non ha voluto dispiacere. Nella misura che agisce così, CDF si pone in una posizione quantomeno scomoda. Essa rischia in effetti di dare l’impressione di coprire la posizione di M. Fisichella.
Il chiarimento dunque è apportatore di confusione e un po’ fuori tema. Esso elude il punto focale della posizione di Mons. Fisichella: “i medici devono sempre seguire la loro coscienza”. Questa lacuna del chiarimento non sfuggirà certamente ai militanti per l’aborto. Ci si può aspettare che Frances Killing e i movimenti pro-aborto approfittino dell’insufficienza di questa risposta per portare avanti il loro programma.
In breve, l’interesse del chiarimento è un po’ limitato nella misura che questa non affronta il problema fondamentale. Questo problema è quello dell’autonomia assoluta della coscienza individuale, che non debba riferirsi a una legge superiore, naturale o cristiana. In ultima analisi l’articolo di Mons. Fisichella pone problemi dogmatici e più precisamente ecclesiologici. A fronte della coscienza soggettiva, la morale cristiana deve cedere la precedenza. Così , in nome della libertà di coscienza del medico e della libertà di scelta della donna, si trova minato il diritto alla vita del bambino non nato.