
Valore e dignità della vita
Domanda
Che differenza c’è tra conservazione della vita ed
accanimento terapeutico nel caso di certi malati gravi? Nel 1957,
in una lettera al dott. Bruno Haid, Pio XII scrisse che: “è
doveroso adottare le cure necessarie per conservare la vita e la
salute. (…) Ma esso non obbliga, generalmente, che all’impiego
dei mezzi ordinari (secondo le circostanze di persone, di luoghi,
di tempo e di cultura), ossia di quei mezzi che non impongono un
onere straordinario, per se stessi o per gli altri. Un obbligo
più severo sarebbe troppo pesante per la maggior parte degli
uomini, e renderebbe troppo difficile il raggiungimento di beni
superiori, più importanti…”. Alla luce di tali parole come
dobbiamo considerare un caso come quello di P. Welby? Cordialmente,
Marco
Risponde il Dr Algranati
Roberto
Risposta
Rispondo alla domanda di Marco che chiede come si debba
considerare il caso Welby alla luce delle affermazioni di Pio XII
secondo cui “ il dovere di adottare le cure necessarie per
conservare la vita e la salute….non obbliga generalmente che
all’impiego di mezzi ordinari (secondo le circostanze di
persone, di luoghi, di tempo, di cultura)…..”
Oggi, grazie allo sviluppo delle conoscenze mediche ed al grande
progresso nel campo della tecnologia e dell’assistenza
sanitaria, i mezzi adottati per mantenere in vita pazienti come
Welby devono essere considerati mezzi ordinari.
Vediamo perché.
I pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica, come Welby,
perdono progressivamente la capacità di far funzionare i
loro muscoli in seguito alla morte delle cellule nervose che
comandano, attraverso i nervi, i movimenti dei muscoli stessi,
mentre tutte le altre funzione del corpo persistono intatte.
Quando la malattia, in stadio avanzato, colpisce i muscoli che
provvedono ai movimenti della deglutizione, il paziente non riesce
più ad alimentarsi e, se si sforza ugualmente di deglutire,
rischia di morire perché c’è il pericolo che
parte del cibo finisca nei polmoni invece che nello stomaco,
causando immediatamente crisi di soffocazione e, successivamente,
polmoniti da ingestione.
Quando infine vengono colpiti i muscoli che provvedono ai movimenti
della respirazione (muscoli delle pareti toraciche e muscolo
diaframma), il paziente non riesce più a respirare e muore
soffocato, anche se i suoi polmoni sono perfettamente
normali.
Per mantenere in vita questi pazienti è perciò
necessario garantire loro una normale respirazione e una normale
alimentazione.
La respirazione viene garantita mediante insufflazione ritmica di
aria nell’apparato respiratorio del paziente. Ciò
viene ottenuto praticando un’apertura nella trachea,
anteriormente, a livello della base del collo per mezzo di un
piccolo e semplice intervento chirurgico (tracheotomia). A questa
apertura viene collegato un tubo flessibile, attraverso il quale
una apposita macchina (respiratore) insuffla ritmicamente una
adeguata quantità di aria nei polmoni, il cui volume,
pressione e ritmo di insufflazione possono essere opportunamente
regolati. Lo sviluppo tecnologico ha permesso di costruire
respiratori di piccole dimensioni, gestiti da microchips e
automatizzati, addirittura portatili ed azionati da batterie, che
oggi sono facilmente disponibili e forniti gratuitamente in uso dal
Servizio Sanitario.
L’alimentazione viene garantita immettendo direttamente nello
stomaco apposite soluzioni nutritive (già pronte e
reperibili sul mercato), in due possibili modi.
Si pratica una piccola apertura nella parete anteriore
dell’addome e in quella immediatamente sottostante e
adiacente dello stomaco mediante una procedura tecnicamente molto
semplice detta PEG (percutaneous endoscopic gastrostomy -
gastrostomia percutanea endoscopica) e, attraverso questa apertura,
si inserisce nello stomaco un apposito sondino. Oppure si pratica
una faringostomia, cioè una piccola apertura a lato del
collo che raggiunge l’ipofaringe ( il tratto di tubo
digerente immediatamente soprastante l’esofago) e si
inserisce poi in essa un sondino, la cui estremità viene
spinta in basso, lungo l’esofago, fino a raggiungere lo
stomaco . La somministrazione del liquido nutritivo può
essere attuata semplicemente, goccia a goccia, per gravità
o, se è opportuna una maggiore precisione, mediante apposite
piccole pompe anch’esse facilmente disponibili.
E’ importante tener presente che l’assistenza
respiratoria e l’alimentazione con sondino non causano alcuna
sofferenza al paziente.
Perciò oggi in un paese come l’Italia, altamente
sviluppato sul piano della tecnica e dell’assistenza
sanitaria, nei pazienti come Welby, “l’assistenza
respiratoria” e la somministrazione di soluzioni nutritive
direttamente nello stomaco, può essere attuata gratuitamente
a domicilio, con un minimo di impegno e di addestramento da parte
dei familiari, senza necessità di personale
specializzato.
Di conseguenza in Italia queste forme di assistenza debbono essere
considerate cure ordinarie, mentre 50 anni fa erano trattamenti
straordinari, difficilmente applicabili anche in ambiente
ospedaliero. Prima del 1951 sarebbero stati addirittura
impossibili, perché i respiratori non erano ancora stati
inventati.
Giustamente il Papa Pio XII ha parlato di mezzi ordinari mettendo
però l’aggettivo “ordinario” in relazione
con circostanze di persone, di luoghi, di cultura. Ad es. in un
paesino del terzo mondo, anche oggi l’assistenza respiratoria
sarebbe sicuramente da considerare straordinaria e non obbligante
in coscienza, perché molto difficile da realizzare e con
costi non affrontabili da una famiglia che non fosse più che
benestante.
Dr Roberto Algranati
Merano (BZ)
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