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Un Responsum che impone alcune domande

Un Responsum che impone alcune domande

2019-01-14

Comunicato Stampa 210

Il 3 gennaio 2019 la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato il Responsum (http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2019/01/03/0005/00014.html) ad un dubbio sulla liceità morale dell’isterectomia, ossia dell’asportazione dell’utero, in alcuni casi non contemplati dal Responsum del 31 luglio 1993. Il Comitato Verità e Vita ha accolto il documento della Congregazione con grande attenzione, ravvisando tuttavia alcune criticità di linguaggio e di contenuto che, per amore di chiarezza, andrebbero risolte.Per prima cosa, occorrerebbe conoscere quali «casi ben circostanziati» sono stati sottoposti alla Santa Sede, affinché fosse dato un giudizio morale sulla liceità dell’isterectomia: raggruppare, sotto un medesimo dubbio, casi differenti, benché per certi versi affini, ma senza esplicitarne pienamente le circostanze, priva, chi non conosce i casi in oggetto, dell’impossibilità di dare un adeguato giudizio morale sul ricorso all’isterectomia.

I diversi casi sottoposti al giudizio della Congregazione sono, invece, riassunti sotto la situazione in cui «l’utero si trov[i] irreversibilmente in uno stato tale da non poter essere più idoneo alla procreazione, e medici esperti [abbiano] raggiunto la certezza che un’eventuale gravidanza porterà a un aborto spontaneo prima che il feto possa raggiungere lo stato di viabilità». Ora, è lecito chiedersi se davvero la scienza medica possa raggiungere una tale certezza, riuscendo a prevedere l’esito di una eventuale gravidanza; ma, di nuovo, occorrerebbe conoscere le circostanze e il caso, o i casi clinici, su cui verte tale certezza.Inoltre, si è fatto notare che nella formulazione del dubbio come anche nella seguente frase: «l’intervento medico non può essere giudicato anti-procreativo, perché ci si trova in un contesto oggettivo nel quale non sono possibili né la procreazione né di conseguenza l’azione anti-procreativa», il significato della parola “procreazione” tenda ad essere sovrapponibile con il semplice stato di viabilità, mentre in realtà è sinonimo di generare. La questione non è di poco conto, perché se questa interpretazione fosse ritenuta corretta, la risposta ad un dubbio verosimilmente genererebbe nuove inquietanti questioni sulla vita del concepito in grembo.

L’altra questione che non ci convince riguarda l’affermazione di liceità morale dell’isterectomia, in presenza di strade alternative percorribili, come il ricorso ai periodi infecondi o l’astinenza sessuale da parte dei coniugi. In altre parole, perché ricorrere all’isterectomia, quando sono possibili azioni di sicura liceità morale, ma certamente meno invasive? Temiamo inoltre che, a seguito delle enunciazioni di tale Responsum, l’uso della contraccezione, in alternativa all’isteroctomia, verrà considerata pratica lecita, in aperta contraddizione con tutto il precedente Magistero mirabilmente accolto e ricapitolato da S. Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae.

Il Comitato Verità e Vita ritiene, per amore alla chiarezza e alla verità, che questi nodi debbano essere sciolti, in una cultura in cui le manipolazioni linguistiche hanno ormai reso lecito l’illecito e un diritto il delitto.

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