
Quanto è lontana Liverpool? Alfie Evans e l’Italia

Comunicato Stampa 203
1. La vicenda di Alfie Evans fa orrore non solo perché, ad essere destinato alla morte è un bambino innocente, ma soprattutto per il modo in cui ciò avviene: una condanna a morte da parte dei Giudici inglesi che stabiliscono a chiare lettere che la sua vita è inutile perché è un disabile incosciente senza possibilità di alcun miglioramento delle sue condizioni di salute.
Si tenta di nascondere la sostanza della decisione – una uccisione obbligatoria e non più rinviabile – con il velo del “miglior interesse” del bambino – quasi che Alfie, se potesse parlare, chiederebbe di essere fatto morire – e con quello del sostegno vitale della respirazione artificiale presentato come terapia che non è più opportuno somministrare.
In realtà, un bambino con bassa “qualità di vita” scandalizza, deve essere eliminato, anche se non soffre ed è amorevolmente accudito dai genitori.
2. “Torna la pena di morte: Eluana può essere uccisa”: così, il 10/7/2008, il Comitato Verità e Vita commentava il decreto della Corte d’appello di Milano che aveva dato il via libera all’uccisione di quella disabile per fame e per sete; si diceva, tra l’altro, che “i giudici italiani discriminano espressamente una categoria di malati: quelli incurabili che mancano di coscienza e percezione del mondo esterno”.
Come non vedere le analogie con le uccisioni dei bambini in Gran Bretagna? Diversi giudici che cancellano la pietà disponendo la cessazione del sostegno vitale a chi non può difendersi; medici pronti a sostenere che certe vite sono inutili e che è meglio non curarle, anzi, è meglio farle scomparire; e soprattutto le vittime: disabili, in stato di incoscienza, inguaribili; e infine, i soliti trucchi: il best interest o la volontà dell’incapace desunta da quello che aveva fatto anni prima non sono forse un velo per mantenere fermo il principio di autodeterminazione che, nella sostanza, si trasforma nel suo opposto?
3. L’uccisione di Eluana Englaro è stato un caso isolato in Italia? La legge sul consenso informato e sulle DAT che – dicono – segna il trionfo dell’autodeterminazione del paziente, dispone che “il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati” anche nel caso di pazienti “con prognosi infausta a breve termine” e, soprattutto, permette che ai minori e agli incapaci vengano negate le terapie salvavita sulla base della semplice decisioni dei genitori o dei rappresentanti legali (questi ultimi nominati dai giudici): tra queste “terapie” la legge inserisce anche i sostegni vitali.
Se il medico è d’accordo sulla decisione di far morire l’incapace, non ha bisogno di nessuna autorizzazione per procedere ed è garantito dalla legge di essere “esente da responsabilità civile o penale”.
Se il medico non è d’accordo? Il Giudice tutelare deciderà della vita o della morte dell’incapace “nel pieno rispetto della sua dignità”.
4. Ecco: “dignità” è la parola che ricorre anche per Alfie Evans; per tutelarla i giudici e i medici – che non sanno più riconoscere la dignità intrinseca ad ogni uomo – decidono che è meglio che Alfie muoia.
Ma la nostra società, il nostro legislatore e i nostri giudici sanno riconoscere la dignità di ogni uomo?
Quanto è lontana Liverpool dall’Italia?