
LEGITTIMA DIFESA
Come reagirebbero i ‘pacifisti’ e gli
‘animalisti’ se andassimo ad impedire l’ingresso
in ospedale ai medici (si possono ancora chiamare così?) che
entrano per sopprimere, anzichè curare, esseri umani
innocenti?
L’art. 52 del codice penale così prevede: “non
è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato
costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od
altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta,
sempre che la difesa sia proporzionata
all’offesa”.
Questo articolo del codice penale è molto chiaro: nel caso
di certo rischio di morte si può dunque arrivare fino
all’omicidio, se non ci sono altri mezzi per impedire il
fatto. Come si può applicare questo articolo del codice
penale nel caso di un paraplegico grave che sta per essere ucciso?
Lui non può difendersi. Come si dovrebbe comportare uno
spettatore? Se interviene ed in qualche modo riesce ad impedire il
crimine fa certamente un atto di coraggio e di civiltà.
Mentre se assiste indifferente diventa in qualche modo
corresponsabile del delitto. E come possiamo applicare questo
stesso articolo nel caso dell’aborto? Il problema è
certo di capire due cose: di chi si tratta? Quale l’effetto
dell’intervento?
Nel mese di agosto del 1989 a Maryville, città del
Tennessee, un giudice si trova di fronte un grosso problema: una
coppia ha cercato di avere un figlio attraverso la FIVET. Poi
litigano e il marito vorrebbe abbandonare i sette embrioni
congelati, mentre la moglie li vuole salvare ad ogni costo e li
chiama figli. Il giudice, per dirimere la questione, deve decidere
se quelli sono dei ‘figli’ o dei ‘cosi’.
Intelligentemente ha accolto la testimonianza del grande genetista
francese Jérôme Lejeune (ora Servo di Dio). E’
molto interessante leggere tutto il dibattito riportato nel libro
‘L’embrione segno di contraddizione’1. Il giudice
Dale Young il 21 settembre emette la sentenza. Riporto solo alcuni
interessanti passaggi: ‘Gli embrioni umani non sono oggetti
di proprietà – La vita umana inizia nel momento del
concepimento’. Ed in conclusione ha concesso i
‘figli’ alla mamma, perché potesse tentare di
farli nascere attraverso l’impianto in utero. A parte il
giudizio assolutamente negativo sulle tecniche di fecondazione
artificiale, che provocano stragi di bambini, questo processo
è veramente emblematico.
Ma mi preme ricordare l’andamento del dibattito. Lo
scienziato ha dimostrato chiaramente la realtà di essere
umano dell’embrione, ma poi, nel caso qualcuno ancora
dubitasse, attraverso l’esempio di Salomone (che
provocatoriamente minaccia di dividere in due un bambino conteso da
due madri), ha dimostrato che anche chi non ci credesse non
potrebbe comunque cosificare un embrione, almeno per il beneficio
del dubbio. Giovanni Paolo II nell’Evangelium Vitae con
semplicità affermava: “Del resto, tale è la
posta in gioco che, sotto il profilo dell’obbligo morale,
basterebbe la sola probabilità di trovarsi di fronte a una
persona per giustificare la più netta proibizione di ogni
intervento volto a sopprimere l’embrione umano”.2
A Maryville si trattava di embrioni al primissimo stadio e per di
più fuori dell’utero della donna e che pertanto molto
difficilmente avrebbero potuto sopravvivere, mentre
nell’aborto parliamo, quasi sempre, di bambini in condizioni
normali e con tutte le possibilità di crescere e nascere, ma
soprattutto col massimo di diritto alla vita, avendo ancora tutto
da vivere.
All’inizio citavo il caso di un paraplegico a rischio di
vita, che certamente avrebbe diritto ad essere difeso da un
eventuale testimone. Quando viene uccisa una persona
impossibilitata a difendersi, chiunque giudica il delitto
più vigliacco e detestabile. E nel caso dell’aborto
cosiddetto ‘terapeutico’? In questo caso abbiamo un
bambino in una età che spesso già gli potrebbe,
addirittura, permettere di vivere autonomamente, ucciso
perché supposto malato. Mi piacerebbe chiedere a chi
sostiene questo come ‘diritto’ quale sia la differenza
tra Hitler (che uccideva gli handicappati) e gli abortisti nostri:
questa è semplicemente abominevole eugenetica.
A questo punto mi devo chiedere: fino a che punto dovrei giungere
io per difendere i bambini che tutte le settimane vengono uccisi
nell’ospedale della mia città? Se il testimone
dell’omicidio di un paraplegico resta indifferente, lo
giudico un vigliacco. Eppure la condizione del paraplegico è
meno grave di quella del bambino prima di nascere: il primo
può almeno gridare, mentre il secondo, nonostante tenti di
fuggire saltando nell’utero (vedi il filmato ‘Il grido
silenzioso’), non ha alcun mezzo né per sottrarsi,
né per protestare. E io so che stiamo parlando di un essere
umano: non ho alcun dubbio, ma dovrei intervenire a difenderlo
persino se non fossi certo della sua natura umana.
Allora mi chiedo: com’è possibile che la
‘cultura di morte’ abbia talmente permeato le coscienze
(anche di tanti cattolici) da far passare per violenti coloro che
osano definire omicidio l’aborto? Com’è
possibile che la legge di uno stato ‘democratico’ possa
finanziare l’uccisione degli innocenti, mentre è
contrario alla pena di morte per i pluricriminali e condanna
duramente chi maltratta gli animali? Come verrei definito se
sostenessi il dovere per un cittadino di intervenire, con mezzi
adeguati, in difesa dei bambini che ogni giorno vengono soppressi
nei nostri ospedali? Come reagirebbero i ‘pacifisti’ e
gli ‘animalisti’ se andassimo ad impedire
l’ingresso in ospedale ai medici (si possono ancora chiamare
così?) che entrano per sopprimere, anzichè curare,
esseri umani innocenti?