
Legge 194 e aborto
Domanda
Ho letto l’articolo del prof Palmaro sulla legge 194 che ne
mette in evidenza l’intrinseca negatività. Pur convenendo
con l’autore sulle considerazioni morali e le debite trasposizioni
giuridiche fondate sul diritto naturale, mi domando se,
nell’attuale dibattito pubblico e parlamentare, (che avviene
all’interno di un ordinamento piuttosto giuspositivista) possa
invece essere più utile l’approccio della Roccella e di
altri che non parlano apertamente di malvagità intirinseca
della legge ma magari portano a casa qualche risultato politico non
distruggendo il possible consenso degli incerti con argomentazioni
incomprensibili in una cultura relativista. Spero di essere stato
chiaro. Cordiali saluti. Valentino Cagnin
Risponde il Prof. Mario
Palmaro
Risposta
Caro Cagnin,
la sua domanda è interessante e molto precisa, e merita una
risposta altrettanto netta. La posizione di Eugenia Roccella
è semplicemente sbagliata. Come lo é quella di
chiunque difenda, anche a scopo strategico e in buona fede, la
legge 194. Non si può infatti accettare che – anche in vista
di un bene sperato – si commetta un male: il fine non giustifica i
mezzi. E dire – mentendo, oppure essendone convinti – che la legge
194 è una fra le migliori leggi sull’aborto al mondo, o che
è “una buona legge”, è un gravissimo errore etico e
giuridico. Di più: è una falsità. E con le
falsità non si arriva da nessuna parte. Nessuno di noi
sarebbe disposto ad accettare un giudizio simile riferito a una
legge che legalizzasse la tortura, o la discriminazione razziale, o
la discriminazione della donna. E sa perché? Perché
è convinzione comune che queste condotte siano
intollerabili. Invece, sulla 194 scatta un atteggiamento
assolutorio perché in realtà è l’aborto che
viene accettato come fatto normale. Soprattutto: qui c’è in
gioco una visione femminista della realtà: l’aborto legale
segna l’ingresso di un potere giuridico enorme per la donna, un
potere che non è concesso dalla legge a nessun’altra
categoria di cittadini: il potere di vita e di morte sul proprio
figlio. Questo è il punto terribile, questo è
nocciolo della questione: hic Rhodus, hic salta.
Facciamo un esempio. Poniamo che in Italia ci sia ancora la pena di
morte. Poniamo che Eugenia Roccella si batta per la sua abolizione.
Direbbe: “La legge sulla pena di morte che c’è in Italia
è una buona legge: si tratta solo di applicarla bene”? Io
non credo. Penso che approfitterebbe di ogni occasione – opportuna
e inopportuna – per dire che “la legge sulla pena di morte è
ingiusta, e va abolita”. E non si preoccuperebbe troppo di contare
prima quante persone sono d’accordo con lei.
Domanda: ma dire che la legge 194 è gravemente ingiusta
servirà a cambiare la legge? Non lo sappiamo. Ma una cosa
sappiamo con sicurezza: che dire “la legge è buona” non
potrà mai servire a cambiare nemmeno una virgola. Si
è mai visto qualcuno che va a una trattativa dicendo che le
proposte della controparte gli vanno comunque bene? Si è mai
visto un sindacato andare da Confindustria dicendo: “Ah, le vostre
condizioni sono ottime, per noi vanno bene così” ? Al
dibattito politico si deve andare con una posizione forte, dura,
chiara, netta. Poi si aprirà la discussione, la mediazione.
Ma a nessuno – ripeto: a nessuno – deve venire il dubbio che i pro
life, o i cattolici, siano “a favore” della legge in vigore
sull’aborto. Da molte settimane, invece, caro amico, questa
è la netta sensazione che un osservatore esterno ha del
dibattito italiano.
Ecco, caro Cagnin: qui siamo di fronte alla “grande trappola” che
è stata preparata per i pro life italiani: cominciare a dire
– e poi anche a pensare – che dell’aborto legale non se ne possa
proprio fare a meno. Che sia una condizione inevitabile, e perfino
“giusta”, della nostra realtà. Ma che sia possibile – in
vigenza del “diritto della donna di abortire”, darsi da fare nei
consultori e negli ospedali per salvare quanti più bambini.
Questa seconda cosa è giusta, e va fatta. Ma senza mai
tacere – o perdere di vista – la verità tutta intera: e
cioè che ogni aborto legale è inaccettabile. E
resterà inaccettabile anche se – poniamo – 99 persone su 100
dovessero ritenere il contrario.
I miei figli – il più grande ha 8 anni – già da
qualche tempo mi hanno chiesto: “Papà, che cos’è
l’aborto?” E ancora: “Papà, che cos’é la legge 194?”.
Ora, io potevo rispondere che la 194 é una legge un po’
buona e un po’ cattiva, una legge “che in origine era contro
l’aborto”, oppure che “è una legge ancora da applicare
pienamente”. Ma non sono bravo a raccontare le bugie, e ho detto,
semplicemente: “L’aborto è quando una mamma uccide il
bambino che ha nella pancia, e la 194 è la legge che in
Italia ha permesso tutto questo”. Sfido chiunque in qualsiasi sede
a dimostrare il contrario di questa affermazione. I miei figli
hanno capito benissimo. E nel loro cuore è nato spontaneo il
giudizio. Sull’aborto. E sulla legge. Era loro diritto avere una
risposta vera. Noi pensiamo che questo stesso diritto l’abbiano
tutti i bambini italiani. Di oggi e di domani.
Mario Palmaro
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