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Legge 194 e aborto



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aborto


Domanda

Gent.mo Dr. Rocchi sono un medico di medicna generale
obiettore di coscienza. Alle pazienti che si rivolgono a me per
richiedere una IVG, io faccio sempre presente di essere obiettore e
quindi le invio presso le strutture più idonee per gli
accertamenti e le procedure del caso. Poi ritornano chiedendomi la
richiesta di ricovero per effettuare la IVG. Tale richiesta rientra
tra le procedure da cui l’obiettore è esonerato? Quali
sanzioni sono previste? Grazie

Risponde il Dr Giacomo
Rocchi

Risposta

Rispondo sotto il profilo strettamente giuridico, associandomi
ovviamente alle parole di Giuseppe Garrone sulla sostanza della
questione.


Gent.mo
Dottore,


                        
ho provveduto a girare la Sua richiesta al Dr. Giacomo
Rocchi.


Personalmente
penso che un obiettore non dovrebbe inviare

presso le strutture più idonee per gli accertamenti e le
procedure
, ma semplicemente spiegare
le ragioni della propria obiezione, sperando così di salvare
il bambino dalla morte ed anche la sua mamma dal baratro
dell’aborto.


Cordialmente.


Giuseppe
Garrone


Segreteria




L’articolo 9 della legge 194 del 1978 permette a coloro che
sollevano obiezione di coscienza di “non prendere parte alle
procedure di cui agli artt. 5 e 7 ed agli interventi per
l’interruzione di gravidanza quando sollevi obiezione di
coscienza”.



Il terzo comma della legge chiarisce la portata dell’esenzione:
l’obiettore di coscienza è esonerato “dal compimento delle
procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a
determinare l’interruzione della gravidanza
“, mentre non
esonera “dall’assistenza
antecedente e conseguente all’intervento
“; ulteriore
eccezione – che però non riguarda il caso in questione – si
ha quando il personale intervento del medico o dell’infermiere
“è indispensabile per salvare la vita della donna in
imminente pericolo”.



In sostanza la legge riconosce un diritto molto ampio
all’obbiettore, quello di non essere coinvolto in nessun modo nell’uccisione del
bambino che è la sostanza dell’aborto; l’unica eccezione (a
parte l’imminente pericolo di vita della donna) è, in
realtà, diretta ad evitare che gli assenteisti e gli
scansafatiche che sono presenti in qualunque luogo di lavoro
approfittino dell’obiezione di coscienza per non adempiere ai
normali doveri lavorativi: quindi, per fare un esempio, rispetto ad
una donna ricoverata in un reparto di ginecologia per compiere
l’aborto, nessuno potrà rifiutarsi di fornirle i pasti o
cambiare le lenzuola al suo letto e, dopo l’aborto, di assisterla
nelle esigenze mediche o infermieristiche di base (ad esempio:
misurazione della temperatura; forse anche controllo di eventuali
flebo o adempimenti del genere).



Veniamo alla domanda posta: la “richiesta di ricovero per
effettuare la IVG” fa senza dubbio parte delle procedure
specificamente e necessariamente dirette a determinare
l’interruzione di gravidanza: l’unico motivo per cui la donna
incinta si ricovera, infatti, è quello di eseguire l’aborto;
in altre parole il ricovero non è giustificato da patologie
della gravidanza che possono essere curate solo in ospedale, ma
solo dalla decisione della donna di abortire.



E’ vero che l’articolo 5 non menziona la richiesta di ricovero
all’interno delle procedure, limitandosi a prevedere che, sette
giorni dopo il rilascio del certificato “la donna può
presentarsi, per ottenere la interruzione di gravidanza … presso
una delle sedi autorizzate”: ma, evidentemente, almeno rispetto a
determinati ospedali, l’intervento è di fatto impossibile se
manca la richiesta di ricovero di cui parla il medico.



In definitiva la risposta può così articolarsi:



a) di per sé non è necessario alcun certificato di
ricovero per effettuare la IVG: è sufficiente che la donna
si presenti, con il certificato del colloquio avvenuto sette giorni
prima, presso un ospedale autorizzato, senza alcun certificato del
medico generico. Quindi il medico generico può rifiutarsi di
rilasciare un certificato del genere in quanto non previsto dalla
legge;



b) se alcuni ospedali non accettano le donne che intendono abortire
senza un certificato di ricovero del medico generico, tale
certificato entra a far parte della procedura abortiva e quindi il
medico obbiettore è esonerato dal rilasciarlo: quindi si
può rifiutare (anzi: a mio parere si deve rifiutare,
perché rischia di vedere revocata la sua obiezione di
coscienza ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 9 della legge,
per aver preso parte a procedure per l’interruzione della
gravidanza).



Ovviamente il medico obbiettore non viene in nessun modo
sanzionato, perché, con il suo rifiuto, egli esercita il
diritto riconosciuto dalla legge.



La saluto,



Giacomo Rocchi


 









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