
La legge 40
La legge 40
- Premessa alle linee guida sulla – Legge 40/2004 –
- La relazione ministeriale su legge 40/2004 – Ministro Turco 07/2007
- Prime considerazioni in ordine alla relazione del Ministro della Salute
- Approfondimento in ordine alla relazione del Ministro della Salute
- Risultati Legge 40 – anno 2005
- Il compromesso non paga mai.
La produzione di esseri umani in provetta è una pratica fallimentare. Lo confermano i dati contenuti in un documento al di sopra di ogni sospetto: la relazione diffusa in questi giorni dal Ministro Livia Turco, che fotografa l’andamento della legge 40 del 2004. Anche se i numeri sono di solito noiosi, qui varrà la pena di mettere nero su bianco qualche cifra. Nel 2005 sono giunti alla nascita 6.231 bambini prodotti con le tecniche di PMA. Si tratta di un esigua pattuglia di fortunati, perché moltissimi dei loro fratelli hanno subito ben altra sorte: dei circa 71mila embrioni di uomo prodotti nel 2005, ben 65.000 sono morti, o in vitro o dopo il trasferimento, per mancato attecchimento nel corpo della madre. La relazione del Ministro Turco conferma un dato che sapevamo già da anni: e cioè che il 90% degli embrioni prodotti è destinato immancabilmente a morte certa. In altri termini, si sacrificano scientemente molti figli, usati come mezzo per ottenere che qualche fratello nasca. Nella relazione ministeriale si scoprono anche aspetti sbalorditivi: in 39 casi le donne – dopo essersi sottoposte alla fivet – hanno fatto ricorso all’aborto volontario, come previsto dal combinato disposto della legge 40 e della legge 194. Dunque: prima i figlio ad ogni costo; poi, l’eliminazione di quello stesso figlio.
Molti lettori resteranno interdetti di fronte a questo bilancio fallimentare, pensando che in Italia abbiamo una legge tendenzialmente restrittiva rispetto a quelle in vigore all’estero. Certo, la legge 40 introduce alcuni importanti divieti: su tutti, quello che impedisce la fivet eterologa, o quello che vieta il congelamento di embrioni. Ciò non toglie, però, che le tecniche di PMA, anche se praticate a norma della legge vigente, sono disumane. Dal punto di vista dell’embrione, nella fivet omologa (che è proprio quella consentita dalla legge) si verificano gli stessi tragici effetti di qualsiasi procreazione extracorporea: scarse percentuali di successo per la madre (intorno al 20 per cento, ma anche molto meno man mano che aumenta l’età della gestante); scarsissime percentuali si successo per il concepito (10 nati su 100 prodotti, quando va bene); problemi di prematurità e di nascita sottopeso per i figli della provetta; problemi di salute per la donna (più di 800 casi secondo la relazione Turco). Questa inaccettabilità di ogni fivet va denunciata con coraggio, senza farsi paralizzare dalla preoccupazione di difendere la legge vigente. Capita invece sempre più spesso che il dibattito sulla fivet sia “ingessato”: da un parte, quelli che vogliono cambiare la legge in peggio, e che la contestano con argomenti infondati; dall’altra parte, quelli che, per impedire il peggioramento della legge, la difendono come se fosse buona e giusta. Ma una legge che regolamenta l’eliminazione di decine di migliaia di embrioni non può essere giusta. Occorre recuperare al più presto una visione più completa che, senza rinunciare a un sano realismo della politica, eviti però di inscenare una vera e propria “apologetica” della provetta legale. Con il risultato diseducativo di diffondere nelle comunità cristiane – o nella testa di certi medici cattolici – l’idea secondo cui “la fivet omologa è moralmente lecita”.
E’ ovvio che i tentativi di scardinare alcuni divieti contenuti nella legge 40 o nelle Linee Guida, devono essere respinti e rimandati al mittente con energia. Ma nel fare questo, non bisogna nascondere la verità: e cioè che le madri e i figli non meritano un esperienza terribile come quella della provetta, anche quando questo avviene dentro i confini della legge vigente. E’ un messaggio culturale prima ancora che giuridico. Chiediamo che si faccia almeno quanto avviene per le sigarette: che si dica che la fivet (omologa), anche se è legale, “fa male”.
Per altro, la legge 40 avrebbe bisogno, semmai, di un giro di vite ulteriore, a cominciare dalle linee guida. Nei giorni scorsi ho presentato alla sala stampa di Montecitorio, insieme ad altri esperti di bioetica, un corposo dossier che contiene una serie di modifiche da apportare al testo del regolamento attuativo della legge 40. La proposta – presentata anche al Ministro Turco e all’Istituto superiore di sanità – chiede fra l’altro che l’Italia introduca una moratoria della tecnica ICSI, che ha dato esiti fallimentari sia per la madre che per gli embrioni; che si stabilisca un tetto di massimo tre tentativi di PMA per ogni donna, visto che attualmente non esiste alcun limite; che si riducano il numero di embrioni da produrre a uno solo (oggi sono tre) nelle donne giovani. Insomma: proposte concrete che, senza pretendere di vietare le tecniche di fecondazione extracorporea, rendano meno tragico il bilancio di queste sperimentazioni sull’uomo.
Mario Palmaro – docente di Filosofia del diritto, Università Europea di Roma
Presidente nazionale Associazione Verità e Vita