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La legge 40 ancora sotto attacco

La legge 40 ancora sotto attacco

Una coppia si appella al tribunale di Firenze, contro il 

divieto di fecondazione eterologa. Il dottor Leandro Aletti,
primario di ginecologia all’ospedale Santa Maria delle Stelle di
Melzo, spiega a Tempi perché i due si autocondannano

Pubblichiamo un’intervista al Dr. Leandro Aletti, primario di ginecologia all’ospedale Santa Maria delle Stelle di Melzo, pubblicata su Tempi il 07/10/2010.


Si cerca nuovamente di scardinare la legge 40 votata con un referendum popolare e approvata dal Parlamento. Il tribunale di Firenze ha sollevato ieri il dubbio di costituzionalità sul divieto alla fecondazione eterologa (fuori dalla coppia). Già lo scorso aprile la Corte costituzionale aveva tolto il limite, stabilito con referendum, di produzione e impianto di più di tre embrioni. Resterebbe il divieto del congelamento degli embrioni, che comunque dovrebbero essere tutti impiantati, ma di fatto, come dimostra una recente inchiesta di Tempi, non è così: sono rinate le banche degli embrioni

Nei mesi scorsi una coppia che non può aver figli si è appellata al tribunale di Firenze, insieme all’Associazione Luca Coscioni chiamando la norma, che vieta la fecondazione eterologa (per  tutelare il diritto del figlio a nascere all’interno della famiglia e sapere chi sono i suoi genitori) discriminatoria e anticostituzionale. Eugenia Roccella ha dichiarato che la legge è attaccata da «Lobby potenti, perché sul Dna ci sono interessi economici forti, e da una parte della magistratura che è intervenuta in modo giacobino per modificare la volontà popolare». E’ d’accordo con lei Leandro Aletti, primario di ginecologia all’ospedale Santa Maria delle Stelle di Melzo. Secondo l’enciclica Evangelim vitae, infatti, «Un particolare problema di coscienza potrebbe porsi in quei casi in cui un voto parlamentare risultasse determinante per favorire una legge più restrittiva, in alternativa ad una legge più permissiva già in vigore o messa al voto…Nel caso ipotizzato, quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge eticamente sbagliata, un parlamentare, la cui personale opposizione fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni».

Questa è la logica del meno peggio ,
«su una legge che è di per sé sbagliata, ma che almeno tutelava certi diritti», spiega Aletti. Ma il problema è che con una Corte costituzionale che ha il potere di scardinare le leggi, la tattica del meno peggio non funziona più. Secondo il ginecologo quindi, «bisognerebbe quindi rincominciare a dire che la legge 40, come la 194 o quella sul testamento biologico sono sbagliate in sé. Se no oltre che a perdere politicamente perdiamo anche il giudizio vero».

Ma perché la legge 40 è sbagliata in sé? «Perché ha dentro la stessa logica errata per cui si è dato il nobel a Robert Edwards». La fecondazione in vitro, infatti, non risolve il problema della fertilità. «Si spendono soldi per la fecondazione, senza rimuovere le cause della sterilità su cui andrebbero girati i fondi. Evidentemente non interessa questo,
ma la ricerca sull’embrione
». Non solo questa norma slega «l’atto sessuale da quello procreativo e ora, se la Consulta accettasse il ricorso sollevato dal Tribunale di Firenze arriveremmo pure a disgiungere la procreazione dalla famiglia».

Le conseguenze nefaste pertanto diventerebbero due . «La prima, già presente, è che con la fecondazione il bambino diventa un prodotto tuo, da avere a tutti i costi: si crea una mentalità per cui la fecondità non sta più nella generazione di un terzo da accettare come come dono misterioso e altro da te. E infatti oggi si mettono al mondo i figli senza capirne il senso. Il figlio è un essere altro, da educare come tale per la sua, e non solo la tua, realizzazione». Se venisse accettata l’eterologa avremmo invece embrioni figli di nessuno, «venuti al mondo non solo forzatamente, ma al di fuori della famiglia».

Ma che risponderebbe ai due coniugi in questione che si lamentano perché per cercare la felicità dovevano andare all’estero?
«Che la felicità non è l’attuarsi del mio progetto. Io non rispondo da me al desiderio che ho. Quando cerco di farlo, se ci pensiamo, non siamo mai soddisfatti, perché il nostro bisogno è infinito e la risposta è più grande di quanto possiamo costruire con le nostre mani. Perciò va tenuto aperto quel grido. Penso a santa Teresa di Lisieux, voleva essere missionaria e salvare le anime dei peccatori. Come le ha risposto la vita? E’ stata chiamata alla clausura ed è lì che è diventata la patrona delle Missioni. Teresa è stata madre di molte anime senza fare figli nel senso biologico del termine. ».

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