Seleziona Pagina

Il Movimento per la Vita italiano è fermo

2010-09-18

Pubblichiamo un interessante articolo di Francesco Agnoli

Clicca per Ingrandire


Clicca per Ingrandire

Il
Comitato Verità e Vita vi invita alla lettura di questo
interessante articolo di Francesco Agnoli, pubblicato con grande
evidenza da il Foglio di Giuliano Ferrara il 16
settembre.


Il Movimento per la Vita in Italia è
fermo. Ingessato. Quasi inesistente. Mi spiego meglio. Non che
manchino persone valorose, coraggiose, con idee e buona
volontà. Ci sono, qua e là. Neppure mancano
volontarie e volontari attivissimi, straordinari, che rendono il
loro servizio, ogni giorno, nei Centri Aiuto alla Vita, dando
speranza e salvando molti bambini dalla morte. Quello che manca
è un movimento culturale per la vita forte, che sappia
intervenire, dire la propria nel dibattito pubblico, quando se ne
parla, sui giornali, in televisione, nelle strade.

Chi lo ha mai visto? Si parla ormai da anni di
bioetica, e il Movimento per la Vita in quanto tale dimostra la sua
estrema debolezza. Perché? Perché in America, ma
anche in altri paesi europei, il mondo pro life appare più
attivo, dinamico, giovane? Anzitutto vi è un motivo di
carattere generale: da troppi anni il mondo cattolico fatica a
capire l’importanza di una battaglia per la vita. Già
all’epoca della legge 194 e poi del referendum, il mondo pro
life italiano era diviso, ma soprattutto, solo. Erano gli anni in
cui buona parte delle gerarchie ecclesiastiche e del mondo
cattolico “progressista” ritenevano inutile e perdente
la battaglia. In cui vigeva l’idea secondo cui è
meglio “cercare ciò che unisce piuttosto che
ciò che divide”, che significò poi farsi da
parte, per non disturbare. Per tanti anni nello stesso mondo
cattolico certi temi sono stati tabù. Essere del Movimento
per la vita significava rimanere emarginati, essere guardati come
dei matti, residui del passato, non solo rispetto alla cultura
radicale e di sinistra, ma anche nel mondo cattolico stesso.

Il concetto di “valori non
negoziabili” non godeva buona stampa: tutto nel clima del
post concilio permanente sembrava negoziabile, anzitutto a molti
cattolici. Perché litigare su queste questioni
“marginali”, si diceva? “Altri sono i
problemi”…

Oggi che ci troviamo nell’inverno
demografico più nero, forse qualcuno si ricrede…Oggi,
grazie al referendum sulla legge 40, promosso dai radicali, e
all’azione di personaggi come Ruini e Boffo, in campo
cattolico, e Ferrara in campo laico, qualcosa sta
cambiando…

Ma i problemi del Movimento per la vita
italiano rimangono, e sono enormi.
Mi permetterò di
elencarne alcuni, anche se so che scontenterò molti, anche
amici, che mi rimprovereranno di non aver capito, oppure di aver
detto cose in parte giuste, ma da tener segrete, “tra di
noi”. Eppure, dopo averle sentite e risentite, viste e
riviste, a me sembra che occorra dirle. Oportet ut scandala
eveniant, se gli scandali non sono fini a se stessi, ma servono a
rilanciare un dibattito ormai sepolto, e a portare linfa nuova,
vitalità nuova. Il primo di questi motivi interni è
sicuramente una presidenza troppo lunga.

Lungi da me negare a Carlo Casini i suoi
meriti.
Non ritengo però possibile che certe
cariche diventano quasi vitalizie, senza conseguenze per tutti!
L’attuale presidente del Movimento è in carica da ben
20 anni, cioè dal lontano 1991. Le presidenze troppo lunghe,
inevitabilmente, soffocano l’attività, paralizzano
l’innovazione e la creatività. Anzitutto perché
si crea intorno ad esse un nocciolo duro che tende a perpetuarsi e
ad escludere nuove forze e nuove soluzioni. In secondo luogo
perché anche la persona più brillante del mondo non
può avere, dopo tanti anni, la voglia, lo slancio, le idee,
il tempo, dei primi anni. Soprattutto se l’età avanza
e le cariche, numerose, si sovrappongono. Soprattutto se colui che
riveste quel ruolo, invece di delegare il più possibile, per
creare sinergie e responsabilizzare nuove persone, accentra il
più possibile.

L’altro problema della presidenza attuale
è poi la sovrapposizione tra la militanza pro life e
l’appartenenza ad un partito
(sovrapposizione che
per esempio Paola Binetti ha evitato, dimettendosi da presidente di
Scienza e Vita prima di entrare in politica, o che si potrebbe
comunque scongiurare dimettendosi dalla politica, qualora da
lì si provenga, una volta eletti presidenti del MPV). In
primo luogo, infatti, non sembra realistico poter svolgere nel
contempo i compiti tanto gravosi di Presidente del Movimento per la
vita italiano e di europarlamentare, a Bruxelles. In secondo luogo
perché l’appartenenza ad un partito limita
inevitabilmente la libertà d’azione e di parola che
dovrebbe caratterizzare un incarico così delicato come
quello di guida dei pro life italiani. Recentemente per esempio
l’Udc, partito in cui milita Carlo Casini, si è
schierato a fianco della Bonino piemontese, Mercedes Bresso, senza
che la posizione del presidente del movimento per la vita
risuonasse forte e sicura: non possumus! Analogamente Buttiglione,
presidente dell’UDC, ha recentemente dichiarato che i pro
life italiani si sarebbero sbagliati a prendere la posizione che
presero nel 1981, senza che Casini contraddicesse pubblicamente il
suo superiore di partito, al fine di tutelare l’onore di chi
non ritiene assolutamente vere le parole del
politico-filosofo-ondivago per eccellenza.

In terzo luogo l’appartenenza del leader
del MPV italiano ad una fazione, limita la sua stessa
capacità di manovra, che dovrebbe essere invece a 360 gradi:
come chiedere un appoggio a destra e a manca, se colui che chiede
è già schierato? In questo campo, purtroppo, le
appartenenze politiche vengono spesso prima della battaglia per il
bene e la verità.

Infine, l’ultimo inconveniente della
sovrapposizione tra politica e presidenza del Movimento, sta nella
mentalità che può (non che deve) venirsi a creare.
Uno dei problemi principali del MPV italiano è infatti che
ha cessato di portare avanti battaglie di testimonianza, culturali,
capaci di attrarre ed educare i giovani agli altissimi valori del
rispetto della vita. La battaglia pro life è divenuta quasi
esclusivamente, con l’appoggio di qualche ecclesiastico molto
politicante, un affare di politica e di parlamenti: incontri tra
Casini, qualche vescovo e altri politici di alto rango. Senza
coinvolgere più di tanto il Movimento stesso: “ce la
vediamo noi”. In questi incontri, alla fine, si è
spesso ragionato da politici: io cedo qui, tu cedi
là…così di compromesso in compromesso si
è dimenticato che alle nuove leve, alle generazioni che
crescono, il Movimento non deve dare solo leggi che siano il
“meno peggio possibile”, ma anche valori non
negoziabili, verità complete per cui valga veramente la pena
battersi. Il pontefice Benedetto XVI lo ha fatto capire in molte
occasioni, e difficilmente certe posizioni del MPV oggi possono
dirsi compatibili con documenti magisteriali assai chiari e ben
poco “diplomatici” (vedi l’ “Evangelium
vitae” e la “Donum vitae”)

Pensiamo al movimento pro life
americano
: è forte perché accanto alla
strada della politica, che ci vuole, che non va trascurata, non
cessa di dire tutta la verità, e nient’altro che la
verità (almeno per un pro life). Invece in Italia accade che
proprio nel Movimento per la vita questa mentalità abbia
portato a dissociazioni mentali inconcepibili. Mi è capitato
di sentire: “sì, è vero, hai ragione a dire
così, ma ora è politicamente inopportuno dirlo, come
ha spiegato bene Casini”! Portare la battaglia quasi solo nel
campo della mediazione politica ha generato un ulteriore
indebolimento: perché la mediazione politica la può
perseguire soltanto qualcuno, soltanto chi rappresenta il movimento
ai suoi vertici.

Ecco così immobilizzata la base, ma anche
il resto della dirigenza! Mentre si consumavano mediazioni qui e
incontri pre-parlamentari là, dibattiti col vescovo di turno
e col politico di turno, quasi sempre ad opera di un solo
interlocutore, il presidente nazionale, o qualche suo beniamino, il
pro life medio non poteva che dirsi: “ed io che
faccio?” E così il pro life di tutti i giorni, magari
del Movimento da anni e anni, si è trovato quasi senza
possibilità di agire, senza supporto. Lo dimostrano
tantissimi fatti. Uno per tutti. In tanti anni dall’interno
del Movimento per la vita non sono sorti né pensatori
né opere pro life di rilievo! Anche i movimenti si sono
fatti portatori sempre e soltanto delle stesse pubblicazioni, se
possibile del presidente e solo sue. Non si sono valorizzati i
giovani, non si sono valorizzate le penne abili, gli oratori
interessanti e carismatici, con il risultato che alla fine girano
sempre le solite, le medesime facce (o i più generosi, o i
più “carrieristi”) . Eppure, compito della guida
di un movimento è anzitutto creare spazi per altri, che
possano proseguire la battaglia intrapresa. E’ creare una
classe dirigente valida, il più possibile ampia e capace.
Tanto altro ci sarebbe da dire, ma voglio concludere con il fatto
che a mio avviso ha fatto traboccare il vaso: il continuo
stillicidio di espulsioni dal Movimento (come se ci si potesse
permettere di farlo!).

Negli anni ho visto lasciare il Movimento
personalità e intelligenza troppo numerose e troppo
importanti: Angelo Francesco Filardo, Maria Paola Tripoli, Mario
Palmaro, e tanti altri della direzione nazionale! Ho visto molte
persone che avrebbero potuto essere valorizzate per la loro
intelligenza, farsi piano piano da parte, perché quasi si
temeva facessero ombra…Ma la cosa più grave è
che proprio in questi giorni scade l’ultimatum lanciato dalla
direzione centrale del Movimento a personaggi che sono la storia
del movimento stesso (benché nelle rievocazioni ufficiali
siano stati cancellati, come ai tempi di Lenin e Stalin, quando si
sbianchettavano le foto).

Mi riferisco all’alternativa che è
stata imposta dalla presidenza nazionale ad alcuni membri del MPV
italiano: o rinnegate “Verità e vita”, un altro
gruppo pro life italiano, o uscite dal Movimento (scomunicati latae
sententiae).

L’assurdo è che questo
ultimatum è stato lanciato contro personaggi come Mario
Paolo Rocchi, Silvio Ghielmi e Giuseppe Garrone.
Il primo
è stato nientemeno che socio fondatore del primo Centro
aiuto alla Vita in Italia, a Firenze nel 1975; socio fondatore del
Movimento per la Vita, suo primo tesoriere ai tempi
dell’autonomia finanziaria, e co-ideatore del progetto Gemma,
una della più nobili attività concrete del Movimento.
Il secondo, Silvio Ghielmi, è stato cofondatore e per anni
gestore del Progetto Gemma. Il terzo, Giuseppe Garrone, è
stato anch’egli cofondatore del Progetto Gemma, fondatore del
numero verde SOS Vita, e riscopritore della Ruota degli esposti.
E’ la direzione attuale del Movimento che decapita parte
essenziale della sua storia. Come già accadde con la messa
in disparte, poco gentile, del fondatore e primo presidente del
Movimento, l’avvocato Francesco Migliori. Per un pro life
medio, di tutti i giorni, è veramente troppo! Per cui non
può che auspicare il ritorno di un po’ di democrazia
interna, vera. Per dirla in breve: ci vorrebbero meno personalismi,
e le primarie, per rilanciare un Movimento qua e là eroico,
ma nel complesso agonizzante.Il Foglio, 16/9/2010

 

ps Questo articolo è stato scritto, tra
le altre cose, dopo una lettera personale al presidente, dove si
facevano gli stessi rilievi, ma senza risposta.






Circa l'autore