
Il grido della vita
da ‘Il Giornale’ – articolo di Luca Doninelli – lunedì
24 dicembre 2007
Le parole controcorrente di due giornalisti laici – Giuliano
Ferrara e Mario Giordano – uscite nei giorni scorsi a proposito
dell’aborto sono la dimostrazione che, come titolava un
vecchio romanzo sudamericano, «i morti sono sempre meno
docili», mentre i distinguo allestiti per ricacciarli
nell’oblio sono sempre più contorti, macchinosi. Ma la
scienza non aveva messo la parola fine alla discussione?
L’umanità non si era lasciata alle spalle le vecchie
superstizioni?, non aveva compiuto il suo passo irreversibile verso
la sua maggiore età? Invece ecco: i morti si agitano e
continuano a domandare, e a Natale, anziché fare i bravi,
sono più indocili che mai.
Perché noi viviamo nella storia, e nella storia la parola
fine non viene detta mai. Nel bene come nel male. Venticinque,
trent’anni fa molti pensavano alla storia come a una scienza.
Nel 1981 chi si schierava contro l’aborto si sentiva dire che
la sua posizione era antiscientifica. Oggi nessuno lo dice
più, però le conseguenze di quella sciocchezza si
continuano a scontare. Giustamente, perciò, qualcuno deve
cominciare a dire che quella era una sciocchezza. E fa piacere che
siano parole laiche, parole che non devono chiamare in causa il
cattolicesimo.
Infatti il problema dell’aborto non è un problema
cattolico, relativo cioè a quella minoranza di persone che
pensano che la vita umana sia sacra. È invece un problema di
ragione, un problema – dunque – culturale, che riguarda tutti
indistintamente. Anch’io, come Giordano, ho visto per la
prima volta i miei figli disegnarsi nettamente nel fluido un
po’ magmatico dell’ecografia. E quando li ho visti ho
pensato che erano lì, certo, ma che esistevano anche prima
che li vedessi, prima che fosse possibile individuarli mediante
l’ecografia. La visibilità mi rimandava a un
«prima»: per diverse settimane quei corpi erano
esistiti senza dare nessun segnale visibile.
Noi tutti (favorevoli o contrari che siamo) apparteniamo a una
cultura che, viceversa, ha identificato la realtà con
ciò che è visibile. Questo ha premesso di pensare
alla realtà come a una cosa prevedibile, controllabile,
riducibile a legge naturale (in questo senso Auschwitz è la
conseguenza perfetta dello scientismo). Eliminando ogni traccia di
mistero.
Credete pure in Dio, nei santi e nei miracoli: ma a patto che siano
affari vostri. Così parla l’uomo moderno e tollerante.
Invece i giochi si riaprono, si riapriranno comunque, almeno fino
al giorno in cui l’artificiale non avrà sostituito
completamente la natura. Si riaprono perché le cose visibili
ci dicono che l’invisibile esiste, eccome. Si riaprono
perché sui morti, sui milioni di morti non ci sono contratti
sociali, e le leggi sono, in questo caso, solo coperchi messi sulla
materia più incandescente che ci sia, la vita.