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Hanno aperto le porte all’eutanasia.

Hanno aperto le porte all’eutanasia.

La sentenza della Corte di Cassazione sul caso Englaro è
un fatto molto grave, perché introduce in Italia il
“diritto a morire”.

Nelle nostre leggi la vita è un bene indisponibile: non solo è vietato uccidere qualcuno, ma è illecito anche ottenere da altri la propria morte. Tanto è vero che il codice penale punisce l’omicidio del consenziente e la istigazione al suicidio. La Cassazione non può ignorare proprio il principio di indisponibilità della vita. Il testamento biologico è, in tal senso, una soluzione sbagliata e inaccettabile.

Alcuni sostengono che sia accettabile far morire una persona nelle condizioni di Eluana. Ma, benché incapace di esprimere le qualità razionali tipiche dell’essere umano, Eluana è indiscutibilmente, incontestabilmente viva. Si può anche ritenere – sbagliando – che la sua sia una vita inutile. Ma resta il fatto che, togliendole cibo e acqua si sta parlando di un gesto terribile: la sua uccisione volontaria. Decidendo per “il diritto a morire” di Eluana, la Cassazione ha automaticamente imboccato una strada spaventosa, lungo la quale incontreremo feti nati prematuri, bambini cerebrolesi, ragazzi forti e belli inchiodati a letto da un incidente, malati di mente, anziani in preda all’Alzhaimer: è solo questione di tempo, e in ognuna di queste situazioni si invocherà il principio sancito dai giudici per il caso di Eluana: a certe condizioni, “per il bene del paziente”, si può uccidere. Razionalmente, laicamente, non possiamo accettare questa legalizzazione di un impossibile “diritto a morire”.

Mario Palmaro, Filosofo del diritto,

Presidente Associazione Verità e Vita

www.comitatoveritaevita.it

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