
Essere pro-life in giro per il mondo

2018: Essere Pro-Life in giro per il mondo – Maniscalco
Samuele Maniscalco, Direttore di Generazione Voglio Vivere
Ringrazio innanzitutto la Dott.ssa Cinzia Baccaglini e il Comitato Verità e Vita per l’invito a questo Seminario di formazione. Come già accennato nella presentazione, i rapporti di Generazione Voglio Vivere con Verità e Vita e Mario Palmaro risalgono a parecchi anni fa. Noi nasciamo nel giungo del 2001, ma già nel 2003, quando organizziamo un grande convegno contro l’aborto, in Lombardia, tra i relatori c’era proprio Mario Palmaro. E rileggendo un po’ la sintesi dei vari interventi, all’epoca quello più applaudito fu proprio il suo: per la chiarezza, per la sintesi, per esprimere una posizione senza compromessi contro l’aborto. Capirete, dunque, come per me sia un grande piacere essere oggi qui, anche perché per alcuni anni, io stesso, ho preso parte come alunno ai questi seminari dove tra l’altro ebbi modo di conoscere personalmente Palmaro pochi mesi prima della sua prematura scomparsa.
La mia sarà una testimonianza, non una conferenza, e vi parlerò della mia esperienza personale.
Faccio prima una piccola premessa per spiegare che cos’è Generazione Voglio Vivere. Questa realtà, come ho detto prima, nasce per l’appunto nel giugno del 2001. Sin dalla sua nascita ha fatto parte di una rete di associazioni a livello mondiale che ispirano il proprio operato al pensiero del leader cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), fondatore della Società Brasiliana per la Difesa della Tradizione, della Famiglia e della Proprietà e ispiratore di altre 28 realtà similari nei cinque continenti.
Accanto all’opera principale di queste realtà, che rappresentavano la più grande entità anticomunista al mondo, si sono via via affiancate diverse altre iniziative come quella pro life.
Il paradigma americano
Sin dall’inizio, ovvero sin dal 1974, abbiamo partecipato alla Marcia per la Vita di Washington essendo già radicati sul territorio statunitense. E anno dopo anno abbiamo preso parte a tutte le edizioni di questo importante avvenimento che oggi rappresenta praticamente il modello per tutte le Marce per la Vita nel mondo.
La Marcia per la Vita di Washington – non so se avuto mai modo di vedere video o fotografie a riguardo – è immensa. All’interno degli USA, infatti, riesce a raccogliere un grande consenso, tanto da arrivare a raccogliere anche mezzo milione di persone. È un avvenimento così importante che i Presidenti degli Stati Uniti, i Bush ma anche Reagan e ora Trump, hanno sempre fatto pervenire un messaggio di appoggio. Addirittura, all’ultima edizione – quella del 2018, Donald Trump ha inviato il suo vice, Mike Pence, a tenere un discorso a nome del governo.
Personalmente ho avuto il piacere e la gioia di partecipare diverse volte a questo grande raduno. È una Marcia che ha fondamentalmente un solo obiettivo: rovesciare la sentenza della Corte Suprema che nel 1973 legalizzò l’aborto e combattere senza sosta e senza compromessi questa battaglia.
Esiste un Comitato Centrale della Marcia cui si aggregano le diverse realtà pro life degli Stati Uniti, che sono davvero tante, purché sottoscrivano una Carta dei Principi per la Vita nella quale è espressa la chiara volontà di cancellare l’aborto dall’ordinamento giuridico americano.
Negli anni il numero dei partecipanti non ha fatto che aumentare. La prima Marcia di Washington poté contare su circa 20.000 persone. Può sembrare una cifra importante ma se paragonata al numero della popolazione locale – circa 300 milioni – non è tantissimo.
Come si è arrivati perciò a mezzo milione di partecipanti?
Bisogna fare un passo indietro, un tuffo nel passato. Per ragioni di tempo dovrò essere sintetico.
Gli Stati Uniti d’America sono stati per molto tempo il principale motore della secolarizzazione in Occidente. Già l’Hollywood degli anni ‘20, con i suoi film, inondava l’Europa, il Sud-America e il resto del mondo con messaggi che andavano contro tutto quanto rappresentavano i valori della società tradizionale. Ma a partire dal secondo dopoguerra si comincia a notare in larghe fasce dell’opinione pubblica americana una crescente tendenza a fermarsi sulla china di questo processo distruttivo, e dunque reagire contro di esso. Negli anni ’50 nascono i primi gruppi e i primi think tank conservatori. Sulla fine degli anni ’60 nasce la New Right. Questa era la parte militante del conservative movement, e lavorava attraverso le coalitions, cioè vaste aggregazioni di gruppi monotematici che poi venivano coordinati a livello federale dai vertici della New Right, a Washington DC, nelle Coalitions for America. Queste contavano quattro grandi aree: i gruppi impegnati nelle questioni sociali; quelli impegnati nelle questioni economiche; quelli impegnati nelle questioni politiche, sia nazionali che estere; quelli impegnati nelle questioni giuridiche. Una di queste coalizioni era, appunto, quella pro life. In altre parole, la lotta per la vita era concepita come un elemento all’interno di una lotta molto più ampia in difesa della civiltà cristiana e della Patria. Il conservative movement arriva al potere nel 1980 con Ronald Reagan. Un po’ affievolito nell’era Clinton, anche a causa della morte del fondatore Paul Weyrich, prende di nuovo fiato con la reazione contro Barack Obama.
Negli ultimi due decenni, poi, la destra americana è divenuta sempre più cattolica. A riscontrare questa evidenza è stato un professore di scienze politiche dell’Università di Wisconsin con un articolo apparso su The Huffington Post nel 2012. Howard Schweber, questo il nome del professore, dice infatti:
Nel senso letterale, abbiamo visto l’emergere di scrittori cattolici come leader intellettuali della destra religiosa nelle università, nei centri di potere, nella stampa e nei tribunali. Questi scrittori promuovono un programma che, a livello teoretico, prevede il recupero della tradizione del diritto naturale sulla scia di S. Tommaso d’Aquino. A livello più pratico, comporta un appello al buonsenso, del tipo “tutti lo sanno” o “è così e basta”, che ha caratterizzato le recenti lotte della destra contro, per esempio, il matrimonio omosessuale.
Non c’è nulla di nuovo (…). La novità è la crescente importanza che questi pensatori e leader cattolici stanno acquisendo nel mondo della politica americana, uno spazio finora occupato dai protestanti evangelici. Gli intellettuali cattolici sono diventati per la destra americana ciò che gli intellettuali ebrei erano una volta per la sinistra americana.
Nelle università, nei tribunali, nello stesso Congresso nazionale, sono questi intellettuali cattolici a fornire la cornice teorica che modella gli argomenti conservatori nel dibattito pubblico su un’ampia gamma di questioni. Spesso questi argomenti sono perfettamente identificabili come provenienti da fonti tomiste o gesuitiche, ma la maggior parte delle volte entrano nel dibattito politico semplicemente come questioni “conservatrici”.
(…) A livello nazionale, i politici cattolici sono emersi come figure di spicco del Partito Repubblicano. Oramai sono i protestanti evangelici a inseguirli. Come mai?
Evidentemente Trump e Pence sono frutto di questo processo di reazione, non privo comunque di alcune debolezze.
Così come è frutto di questa reazione, soprattutto in questi ultimi anni, il fatto che in diversi Stati americani le varie disposizioni che riguardano l’aborto siano divenute via via sempre più restrittive.
Proprio in questi giorni, i gruppi pro life statunitensi hanno una grande occasione. È andato infatti in pensione uno dei 9 Giudici della Corte Suprema. Questo ha permesso a Trump di proporre come sostituto il Giudice Brett Kavanaugh.
Cattolico praticante e antiabortista, Kavanaugh si è schierato apertamente contro l’Obamacare. Stranamente, però, il New York Times ne ha parlato bene. La sua nomina dovrà comunque essere ratificata dal Senato dove i Repubblicani hanno una maggioranza di appena 51 voti su 100, e non tutti i senatori repubblicani sono contrari all’aborto.
Se però dovesse farcela, le possibilità di ribaltare la sentenza Roe Vs Wade del ’73 aumenterebbero notevolmente con 5 giudici conservatori su 9.
Ripeto, negli USA si è arrivati a questa svolta piano piano ma con costanza. Ci sono voluti diversi decenni. E ancora la strada è lunga prima di poter cantare vittoria.
La forza del movimento pro life americano è quella di essere molto variegato. La maggioranza è cattolica, ricordo infatti che la Marcia per la Vita di Washington è stata fondata da cattolici, così come è avvenuto per la gran parte delle Marce nel mondo. Ovviamente ci sono protestanti, ortodossi etc.. ma tutti accomunati da un unico scopo.
Un punto di forza è certamente quello di operare per Coalition, agli americani piacciano molto le coalizioni. Per loro è molto più importante raggiungere l’obiettivo che non rivaleggiare fra di essi. Questo è purtroppo un problema più europeo, forse perché siamo per natura più orgogliosi e litigiosi. Ciò rende più complicato organizzare qualcosa insieme. Quando, però, si riesce, abbiamo dei risultati eccezionali. Ad esempio, pochi anni fa, in Spagna, la Marcia per la Vita di Madrid ha raccolto un milione di persone, qualcosa di veramente monumentale.
Il Sud America
Esistono evidentemente altre Marce per la Vita, altrettanto partecipate, come quelle in Sud America. Ma spesso e volentieri i media non ne parlano pur trattandosi di manifestazioni giganti. Se la Marcia di Washington arriva a contare mezzo milione di partecipanti, quelle del continente sud-americano arrivano tranquillamente anche sopra al milione di persone.
Bisogna ricordare che il Sud America è un continente a preponderanza cattolica grazie alla colonizzazione degli spagnoli e dei portoghesi.
Oggi si assiste purtroppo a una forte infiltrazione protestante, soprattutto in Brasile dove la percentuale di quanti si dichiarano cattolici è passata dal 97% al 60% odierni. Questo fenomeno ha diverse cause: una di queste, un po’ triste a dirsi, è che i brasiliani si sono ritrovati orfani di certo clero che si è preoccupato più di parlare di giustizia sociale dagli amboni piuttosto che di predicare gli insegnamenti di Nostro Signore. È perciò accaduto che molti abbiano deciso di farsi protestanti.
In questo contesto, mi riferisco al Brasile, pochi anni fa anche lì è nata la Marcia per la Vita. Non sono ancora grandi numeri ma piano piano iniziano a vedersi i frutti.
Prima però che ciò avvenisse, la realtà nata e consolidatasi attorno alla figura del prof. Plinio Corrêa de Oliveira attuava – e tuttora attua – in tutto il Paese attraverso un sistema ben congeniato di campagne pubbliche per rompere il ghiaccio del politicamente corretto e il silenzio dei media e andare così a toccare il cuore dell’opinione pubblica attraverso la distribuzione, ad esempio, di materiale contro l’aborto o invitando la gente a firmare una petizione per fermare una proposta di legge immorale.
Sin dagli anni sessanta queste campagne pubbliche hanno toccato sia le città più importanti del Brasile come le zone più sperdute. Grazie ad esse si ha un contatto diretto e costante con la popolazione, spesso tenuta all’oscuro delle vere intenzioni di certe iniziative contro la vita, e si dà coraggio alla gente, soprattutto ai più giovani, mostrando loro che ci sono altri che la pensano diversamente dal politicamente corretto, che esiste un’altra campana diversa da quella ufficiale.
È di vitale importanza scendere nella piazza pubblica e gridare il nostro “No!” ad ogni iniziativa che leda i principi non negoziabili, senza nascondere il nostro essere cattolici, senza mettere sotto il tappeto l’aspetto religioso della nostra battaglia. Perché se l’aborto è un problema morale, a fortiori è un problema religioso e la gente lo sa.
Diverse volte in Brasile si è cercato di allargare le maglie dell’aborto legale, ad oggi ammesso in caso di rischio di morte per la gestante e di gravidanza risultante da stupro, ma finora non si è riusciti grazie anche a una azione di lobby – parola così tanto vituperata in Europa ma che significa soltanto far sentire la voce del popolo a livello governativo – che anzi ha fatto sì che l’anno scorso una commissione speciale della Camera dei deputati approvasse per 18 voti a 1 una proposta di modifica della Costituzione che prevede il riconoscimento del diritto alla vita sin dal concepimento.
Le campagne pubbliche di cui vi ho parlato prima non si sono mai fermate, anzi. Proprio l’anno scorso ne abbiamo fatto una molta grande, contro il gender, a San Paolo del Brasile. Abbiamo subito diversi attacchi, anche fisici, da parte di attivisti LGBT– alcuni ci hanno spintonato, altri hanno tentato di distruggere i nostri cartelloni, altri ci hanno tirato secchiate d’acqua addosso, altri ancora ci hanno sputato – ma abbiamo riscontrato anche un grande appoggio da parte dei passanti, che ci hanno incoraggiato a proseguire. Nel concreto stavamo distribuendo una petizione contro una proposta di legge che si stava discutendo in Parlamento per insegnare il gender nelle scuole. Abbiamo raccolto oltre 2 milioni di petizioni, tra l’online e il cartaceo. E la maggior parte delle firme le abbiamo ottenute per strada.
Parlando sempre di Sud America, non so se state seguendo quanto sta accadendo in Argentina, dove la sinistra sta portando avanti un disegno di legge per rendere legale l’aborto. Per manifestare contro questa proposta di legge, approvata per il momento soltanto alla Camera, sono state organizzate diverse Marce per la Vita in contemporanea in tutto il Paese. Il risultato è stato eccezionale: oltre due milioni di partecipanti. Il dibattitto, come era prevedibile, si è via via surriscaldato. Al Senato, dove la legge tutt’ora è ferma, sembra che i numeri siano a favore dei pro life. Addirittura c’è stato l’intervento appassionato di un senatore socialista che ha detto che voterà contro questa legge. Si vede che c’è un problema di coscienza molto grande anche nei politici che sentono forte la pressione dell’opinione pubblica.
L’esempio della Polonia
Un’altra parte del mondo di cui posso parlarvi è la Polonia. Nel 2006 abbiamo dato vita alla prima Marcia per la Vita a Cracovia. Se all’epoca i partecipanti furono appena 2.000, quest’anno – a giugno – sono state organizzate in ben 150 città polacche altrettante Marce per la Vita con la partecipazione di decine di miglia di polacchi.
La Polonia è un caso molto interessante. Lì, una legge sull’aborto c’è, anche se la sinistra la ritiene troppo restrittiva. Circa un anno e mezzo fa si è dato vita a una campagna molto agguerrita per cancellare le tre possibilità per cui è possibile abortire: malformazione del feto, stupro e pericolo di vita per la madre.
Seguendo l’esempio degli Stati Uniti abbiamo dato vita a una Coalition insieme ad altre associazioni pro life polacche e raccolto oltre 450.000 firme a sostegno di un disegno di legge teso a modificare la legge del 7 gennaio 1993, relativa alla pianificazione famigliare, la protezione del feto umano e le condizioni per l’interruzione consentita della gravidanza. La stessa petizione chiedeva inoltre di modificare il codice penale del 6 giugno 1997.
Era talmente grande il dibattito e la forza di questa iniziativa, che l’allora premier polacca, Beata Szydlo, si disse favorevole a una proibizione totale dell’aborto nel suo Paese. Appoggio questa iniziativa, aveva dichiarato parlando alla radio pubblica polacca.
Che cosa è successo? È successo evidentemente che la sinistra si è scatenata, portando in strada i suoi sostenitori, dicendo che la Polonia sarebbe ritornata all’aborto clandestino, che molte donne per questo sarebbero morte. Insomma il solito repertorio. Poi anche l’Unione Europea ha iniziato a fare una pressione bestiale. A quel punto, purtroppo, il governo ha fatto un passo indietro.
Ci tengo a ricordare che questa campagna ha avuto un grandissimo successo anche grazie alla chiesa polacca perché, dietro suggerimento dei vescovi, nelle Messe dominicali i sacerdoti leggevano un comunicato per spronare i fedeli a partecipare alla campagna per ottenere il divieto totale dell’aborto in Polonia.
Ora, non so se voi conoscete la Polonia ma lì, le chiese, sono ancora piene, anche durante la settimana. Ricordo la mia prima volta in Polonia. Mi trovavo a Cracovia. Era lunedì mattina e entrai nella chiesa dei francescani, che non è piccola. Si stava celerando la Santa Messa: io dovetti rimanere in piedi perché non c’era più posto nelle panche. E ripeto, era lunedì mattina. Non so in quale parte d’Europa, Italia compresa, sia ancora così. Credo da nessun’altra parte.
Se combatti è inevitabile avere dei nemici
Questa azione così capillare, così continua, perché bisogna martellare in continuazione, mai fermarsi, mai scoraggiarsi per le sconfitte che ci sono – se metti in campo tante iniziative è normale che ci siano, ma ci sono anche le vittorie – ti crea dei nemici, anche di un certo peso.
Nel caso specifico mi riferisco al ‘Forum Parlamentare Europeo sulla Popolazione e lo Sviluppo’ (EPF), composto da parlamentari europei impegnati nella protezione della salute sessuale riproduttiva delle persone più vulnerabili nel mondo, che a maggio ha presentato un documento di 50 pagine intitolato Ripristinare l’Ordine Naturale, in cui afferma testualmente:
(…) gli estremisti religiosi stanno mobilizzando le società europee contro i diritti umani sulla sessualità e sulla riproduzione.
Questo significa che loro vedono che c’è una reazione in Europa contro tutte le schifezze che l’Unione Europea ci propina. Un esempio di ciò è stata certamente la Manif Pour Tous in Francia, un movimento di popolo che gli stessi governanti francesi non si aspettavano. Si vede che era stato toccato un nervo scoperto e lì la Francia è esplosa. Soprattutto tantissimi giovani hanno protestato energicamente.
Questi parlamentari dell’EPF vivono un dramma, perché la verità è che non hanno giovani idealisti pronti a combattere per le loro idee. Ciò che loro hanno è soprattutto il potere. Ma prima o poi finirà anche quello.
Nella lista degli estremisti stilata dell’EPF c’eravamo anche noi. Non è la prima volta perché già nel 2012 avevamo avuto questo ‘onore’.
L’importanza dell’azione
Ritorno adesso un attimo alla realtà nord-americana perché è molto interessante. Come vi ho già detto, noi abbiamo partecipato alla Marcia per la Vita di Washington sin dall’inizio, sin dal ’73. Subito abbiamo iniziato a fare campagne pubbliche contro l’aborto e contro gli attacchi alla vita. Ci si potrebbe chiedere perché mai intraprendere iniziative del genere una volta che la legge era passata. A cosa può mai servire?
Ad esempio, nel ’78, in reazione a un oltraggio blasfemo contro la Madonna apparso su un volantino di Planned Parenthood, la più grande catena di cliniche per aborti nel mondo (che pochi anni fa è stata al centro di uno scandalo per il commercio illegale di organi di bambini abortiti), manifestammo davanti ai loro uffici di New York costringendo i dirigenti a scusarsi per iscritto. Perché si scusarono? Perché anche loro avevano capito di aver passato il segno e, cosa più importante, di aver urtato la sensibilità dell’opinione pubblica così importante per la loro attività. Senza l’appoggio dell’opinione pubblica sarebbe impensabile fare o proporre determinate cose. Se nessuno però si attiva contro questi attacchi è normale che la passino liscia e che la gente non si interessi a un fatto così grave.
Una protesta simile avvenne anche in Francia contro il quotidiano Le Monde, uno dei principali giornali francesi, che aveva pubblicato una caricatura del celebre disegnatore Plantu, a dir poco sacrilega, che faceva vedere Nostro Signore distribuendo preservativi agli africani, mentre Benedetto XVI osservava preoccupato. Ritenendo intollerabile questo vilipendio alla religione e alla Chiesa, chiedemmo ai nostri sostenitori di inviare una mail alla direzione del giornale, protestando energicamente. Ecco il risultato, dalla bocca dello stesso Le Monde:
I cattolici non lanciano fatwa. Questo è un dato di fatto. Ma, in tema di anatema, non hanno da imparare da nessuno. Le pecore possono mordere… (…) Il termine levata è debole. Era una tempesta. Di più, un uragano, uno tsunami di proteste. Già all’indomani della pubblicazione della caricatura cominciarono ad arrivare i primi messaggi condannando la ‘bestemmia’ ed esigendo le scuse dal giornale. (…) Ma era appena l’inizio. Durante il weekend e nei giorni successivi, i messaggi si contavano ormai a centinaia, a migliaia, arrivando a un’auge il 25 marzo con oltre 500 messaggi ogni ora! Sufficiente per intasare i nostri sistemi di comunicazione. Abbiamo dovuto istallare un nuovo server per evitare che andasse tutto in tilt. Qualcosa di inaudito! (…) Plantu non se lo aspettava. Perfino i suoi disegni più provocatori non avevano suscitato una campagna così amplia, paragonabile – senza però le minacce – alla reazione dei musulmani, nel 2006, in seguito alle caricature su Maometto.
Questo fatto ci insegna che i cattolici, se vogliono, hanno una forza d’urto pari a quella dei musulmani, ma senza ammazzare nessuno.
Permettetemi adesso di parlare della Spagna, non dell’attuale situazione ma di come lì si arrivò alla promulgazione dell’aborto nel 1985 da parte del Partito Socialista (PSOE). Nel 1982 – nel mezzo della campagna elettorale – organizzammo una distribuzione massiccia, sia per strada che attraverso i maggiori quotidiani del paese, di centinaia di miglia di copie di un nostro manifesto intitolato Il socialismo spagnolo e la dottrina tradizionale della Chiesa per dire ai cattolici di non votare i socialisti. Questo perché il Partito Socialista aveva stilato un programma del tutto anticristiano ma allo stesso tempo ingannava i cittadini spagnoli dicendo loro che era perfettamente compatibile con la dottrina cattolica. Disgraziamene, parte dei Vescovi cadde nel tranello, permettendo così al Partito socialista di vincere le elezioni.
Nel 1983 il PSOE introdusse nel dibattito parlamentare un disegno di legge per approvare l’aborto. Nuovamente ci attivammo attraverso una grande campagna pubblica in tutta la Spagna distribuendo un secondo manifesto, in più di un milione di copie, intitolato Davanti alla strage degli innocenti, nell’ordine e nella legge: santa indignazione. Per due anni l’approvazione della legge rimase in bilico per via della forte reazione suscitata da queste iniziative. Alla fine, venne purtroppo approvata con la complicità del re, all’epoca era Juan Carlos padre dell’attuale re di Spagna, che firmò la legge. Lui avrebbe potuto non firmarla e chiedere un referendum, preferì invece tradire il popolo spagnolo. A volte può capitare che tu faccia tutto il possibile per fermare la marea montante salvo poi essere tradito da chi in teoria dovrebbe difenderti.
Soltanto con il governo ultra-rivoluzionario di Zapatero la Spagna ha registrato una reazione che ha portato al governo una coalizione di centro-destra. Oggi poi, con Podemos – partito di estrema sinistra – si registra una reazione ancora più vigorosa da parte dei buoni.
Perché a volte l’opinione pubblica si sveglia solo se dall’altra parte viene proposto qualcosa di scioccante o perché tu gli fai vedere dove andrà a finire un dato processo una volta messo in moto.
Il processo rivoluzionario non si ferma: dall’aborto alla…pedofilia
Passo dopo passo stiamo arrivando, ad esempio, alla legalizzazione della pedofilia. Recentemente in Germania, ne parlava LifeSiteNews, una studentessa di medicina ha tenuto una conferenza presso l’Università di Würtzberg raccontando al pubblico che la pedofilia è un orientamento sessuale immutabile, proprio come … l’eterosessualità.
Il titolo della conferenza era “Perché la nostra percezione della pedofilia deve cambiare”.
Alcuni decenni fa sarebbe stato impossibile pensare che una cosa del genere potesse capitare. Certo, esistevano già quanti propugnavano idee simili e che rappresentavano la punta di lancia della rivoluzione sessuale. Ma che adesso questa teoria venga propinata addirittura dentro un’università senza paura d’essere malmenati, credo che fosse difficile da prevedere, a meno che non si avesse bene in mente il processo rivoluzionario in corso, le sue premesse ideologiche e quindi le sue necessarie conseguenze.
Sempre in tema di pedofilia, negli Stati Uniti, un tale Nathan Larson si è candidato come indipendente al Congresso americano pochi mesi fa. Cosa dice questo signore? Che la pedofilia non è sbagliata, che bisogna legalizzare l’incesto e che lui stesso prova un forte desiderio di abusare la figlia di appena tre anni. Il fatto è che per potersi candidare ha dovuto ottenere prima mille firme… e disgraziatamente le ha ottenute, pur propugnando idee così ributtanti!
Perché dico queste cose? Perché la battaglia contro l’aborto, che è una battaglia importantissima, rientra all’interno di una battaglia più grande.
Se noi riuscissimo a cancellare la legge sull’aborto, l’intero edificio dei valori liberal ne verrebbe scosso e ciò minerebbe le premesse della rivoluzione sessuale perché indicherebbe l’esistenza di una legge morale superiore che deve essere rispettata. Affermerebbe la norma oggettiva di giusto e sbagliato, valida per tutti i tempi e per tutti i luoghi.
Importanza del fattore religioso
E qui entra in gioco il fattore religioso di cui ho già accennato.
Sempre negli Stati Uniti, organizziamo ogni anno dei Rosary Rally, ovvero raduni in cui si prega il Rosario in spazi pubblici. Nel 2015 ne abbiamo organizzato ben 14mila e 108 contro l’aborto. Questo dimostra che la gente sente di trovarsi dinanzi a un profondo problema religioso per cui da una parte bisogna chiedere perdono a Dio per tutti gli omicidi nel ventre materno e dall’altro chiederGli tutte le benedizioni possibili affinché l’aborto venga bandito dagli USA.
La preghiera può essere un’arma davvero potente.
Sono veramente tante le associazioni pro life americane che organizzano la recita del Rosario davanti alle cliniche abortiste.
Una volta ho anche avuto modo di prendervi parte mentre mi trovavo a Washington.
Ovviamente questo tipo di azione dà fastidio agli abortisti perché vedono che le donne che entrano nelle loro cliniche a volte ci ripensano, magari per un rimorso dell’ultimo minuto, proprio dopo essere passate 5 minuti prima a pochi metri di distanza da uno di questi gruppi di preghiera. E il bello è che la maggior parte di quelli che pregano il Rosario sono giovani.
Ma qual’ è lo spirito che anima i pro life americani?
Per rispondere a questa domanda utilizzerò le parole della fondatrice della Marcia per la Vita negli USA, la signora Nellie Gray, scomparsa alcuni anni fa.
Poco prima di morire, questa signora inviò una mail a padre Frank Pavone, un noto sacerdote americano direttore dell’associazione Priests for Life, in cui diceva:
Naturalmente, lo scopo della Marcia per la Vita è tuttora quello di rovesciare la Roe v. Wade [la sentenza che nel 1973 ha legalizzato l’aborto negli USA] e ottenere protezione per il diritto alla vita di ogni essere umano nato e nascituro, senza eccezioni e senza compromessi. Questo scopo è espresso nella Life Principles che il comitato direttivo della Marcia per la Vita ha adottato per amore di Dio all’inizio nel 1973, e che continueremo a riaffermare in preghiera alla nostra 40a annuale Marcia per la Vita, il 24 e 25 gennaio 2013…
Gli americani prolife vogliono una posizione “senza eccezioni” perché è quella giusta e l’unica da prendere per il nostro amato paese. Non possiamo permettere al nostro paese di uccidere intenzionalmente neanche un nascituro. Potremo fermare questo massacro quando tutti noi che diciamo di essere prolife saremo riuniti nei Life Principles: “nessuna eccezione, nessun compromesso”, e voteremo per rovesciare la Roe v. Wade. Possiamo farlo!
Noi vediamo la Marcia per la Vita come una realtà per tutti gli americani e che include tutto e speriamo davvero che tutte le persone e le organizzazioni prolife si uniranno sotto una stessa bandiera.
Dopo 40 anni e 55’000’000 di nascituri uccisi, dobbiamo raggiungere l’unità tra le persone prolife e ottenere la “forza prolife e il messaggio chiaro”. Ci uniremo e fermeremo il male dell’aborto perché è male.
Questa mentalità ha permesso di raggiungere traguardi importanti, come appunto la presenza del vice-presidente Mike Pence all’ultima edizione della Marcia per la Vita di Washington, cosa mai accaduta in 45 anni, o la nomina del giudice conservatore Brett Kavanaugh alla Corte Suprema.
Tutto questo apre scenari di speranza non solo per gli Stati Uniti di America ma anche per tutto l’Occidente e per il mondo in generale.
Il mio auspicio è che l’Europa imiti questa determinazione per vincere le battaglie che davvero contano.
Del resto noi abbiamo Dio dalla nostra parte, loro no.
Grazie mille.