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Dimmi come ragioni e ti dirò il tuo bene

Dimmi come ragioni e ti dirò il tuo bene

Pontenure, 30 luglio 2020

Tommaso Scandroglio

DIMMI COME RAGIONI E TI DIRÒ IL TUO BENE

  • Esistono molte prospettive antropologiche, ossia molti modi di guardare l’uomo, di ragionare sull’uomo, di comprendere davvero chi è, come è fatto. Concentriamo la nostra attenzione su due prospettive che rispecchiano il tema del mio intervento, prospettive che declinerò soprattutto nel tema eutanasia al fine di esplicitare meglio il percorso argomentativo che andremo a compiere insieme:
  • Una prima potremmo qualificarla come una prospettiva antropologica personalista e metafisicamente fondata sull’ontologia
    • Prospettiva da cui si genera un’etica normativa propria della legge naturale e dell’etica delle virtù
  • Una seconda potremmo qualificarla come una prospettiva antropologica empirista, fisicista che supporta un’etica utilitarista, proporzionalista, consequenzialista, funzionalista, edonista e sensista. 

Visione empirista

Partiamo dalla seconda: vi sono bioeticisti come Engelhardt, Singer e da noi come Mori, Lecaldano per cui l’uomo è composto solo dalle sue cellule, l’uomo è solo il suo corpo. Non esiste un’anima razionale che informa la materia: tu sei solo il tuo corpo = esiste solo la dimensione fisica. 

  • Questa constatazione ha generato due sottovisioni di questa antropologia empirista:

 

Tesi dell’antropologia empirista esistenziale

  • La prima: laddove c’è un essere umano c’è persona, ma si crea una frattura tra il valore della persona, che rimane altissimo, e il valore della sua esistenza che varia a seconda delle condizioni di salute, della qualità della vita. 
  • Quando la qualità dell’esistenza non è più proporzionale alla qualità del valore della persona, questa o altri soggetti possono decidere di togliersi la vita o di togliere la vita: non è più nell’interesse della persona vivere. 
  • Dunque esisterebbe una soglia di accettabilità di qualità della vita in rapporto al valore della persona, sotto la quale la persona rimane persona, ma la sua esistenza, cioè il vivere perde di valore così tanto che non vale la pena più di vivere perché ormai esistenza non più dignitosa, non più consona al valore della persona. 
  • Chi decide la soglia sotto la quale la vita non è più degna di essere vissuta, sotto alla quale non c’è più interesse a vivere? La persona stessa (Dj Fabo) o terzi, come i parenti (Beppino Englaro), medici (Piergiorgio Welby, Charlie Gard, Alfie Evans, Tafida, Lambert), giudici (Beppino Englaro, Welby, Charlie Gard, Alfie Evans, Vincent Lambert). 
  • In questi casi non si afferma esplicitamente che il disabile grave non è più persona, bensì che la sua esistenza non è più personale, ossia conduce una vita che non ha più i tratti dell’umanità, che la sua vita si è degradata: è nel suo miglior interesse non prolungare più una esistenza indegna
  • Per ipotesi la degradazione dell’esistenza che potrebbe moralmente legittimare l’eutanasia non solo potrebbe riguardare la vita fisica della persona, ma anche quella
    • psicologica: la depressione;
    • sociale: non avere più amici, parenti, sentirsi soli
    • economica: un dissesto finanziario
    • NB: cause queste ultime che però alla fine andrebbero a confluire nella causa psicologica
    • Il minimo comun denominatore è comunque la qualità della vita che si deprezza fino al punto di legittimare l’eutanasia

Tesi antropologica empirista personale

  • Torniamo a quanto dicevamo prima: la constatazione che dal punto di vista materiale/fisico vi sono corpi migliori di altri, ha portato poi ad una visione antropologica ancor più estrema: alcuni corpi, a motivo di patologie, disabilità o mancanza di funzioni, non sono nemmeno persone, non possono venire qualificati come persone, cioè esseri umani dotati di un certo valore, ma sono solo organismi viventi.
    • Dunque ad un certo punto si è creato un discrimen, una distinzione tra il concetto di essere umano, ossia di organismo che appartiene alla specie dell’homo sapiens sapiens, e di persona cioè di essere umano che ha un certo valore dal punto di vista fisico e/o funzionale: non tutti gli esseri umani sono persone, ma solo quelli che hanno una soglia minima di perfezione fisica, intesa come presenza di attributi fisici e/o di funzioni
      • Naturalmente chi non è persona può essere eliminato senza attendere il suo consenso, perché sarebbe assurdo chiedere il consenso a chi non è persona.
  • Questa è una visione ancor più radicale della precedente che comunque assegnava lo status di persone a tutti gli esseri umani. Più radicale ma più coerente con le premesse erronee: infatti se tu sei solo il tuo corpo e persona è un essere umano corporeo dotato di un certo valore, va da sé che questo valore che assegna lo status di persona deriva solo da caratteristiche fisiche e se queste caratteristiche fisiche a loro volta non hanno un certo valore – deciso a tavolino in modo arbitrario – ne discende che non abbiamo persona. Sotto ad una certa soglia di apprezzabilità fisica – intesa come salute e capacità di svolgere funzioni – non c’è valore materiale dell’essere umano e quindi non c’è persona.
  • Questa visione è sposata esplicitamente da alcuni pensatori, ma in questi termini così espliciti non è stata fatta ancora propria dai mass media, dai politici e quindi dalla gente comune: Eluana, Welby, Charlie, Alfie, Dj Fabo sono stati considerati anche dai sostenitori dell’eutanasia come persone, la cui condizione di vita era insopportabile.
  • Ciò detto però implicitamente si sta facendo passare l´idea che un’esistenza indegna di essere vissuta degradi la stessa dignità della persona e che quindi Eluana, Welby, Charlie, Alfie, Dj Fabo in quelle condizioni non erano più persone, ma vegetali.
    • In breve il passo è breve dal sostenere che se esistono vite non degne di essere vissute vi sono anche persone che non sono più tali.

I criteri per decidere se c’è persona e sulla qualità dell’esistenza

  • Quali sono questi elementi che fanno sì che da mero essere umano si diventi persona o che da persona si scada a diventare mero essere umano? Sono ovviamente dei più vari perché sono arbitrari, però i più ricorrenti sono:
  • La presenza del cervello: prima del 14° giorno dal concepimento = il concepito non è persona
    • La razionalità non ha sede nel cervello
    • Chi ha più cervello è più persona?
    • Ma la personalità non sopporta nuances
  • Il funzionalismo: non è persona chi non ha certe capacità in atto, cioè non è in grado di svolgere alcune funzioni:
    • l’aver coscienza di sé e del mondo esterno, comunicare, porsi fini intellegibili, assegnare valore alle proprie o altrui azioni
      • tra l’altro occorrerebbe verificare che chi indica questi criteri sia a sua volta persona e così via all’infinito
      • criteri arbitrari: perché questi e non altri come capacità di fare scelte libere o di assumersi impegni?
  • Non sono persone: il nascituro;
    • e il neonato: Giubilini e Minerva nell’articolo “Aborto post-natale: perché un neonato dovrebbe vivere?” sono rigorosi e coerenti: se il nascituro lo posso uccidere perché non ha alcune funzioni perché non posso uccidere il neonato anch’esso privo di queste funzioni? = eutanasia
    • “sosteniamo che, quando dopo la nascita si verificano le stesse circostanze che giustificano l’aborto prima della nascita, quello che chiamiamo aborto post-natale debba essere permesso. […] Perciò, chiediamo che uccidere un neonato sia eticamente accettabile in tutti i casi in cui lo è l’aborto.”, tra cui anche motivazioni di carattere economico, sociale, etc.
    • ovviamente se mancano queste condizioni anche in età più adulta nulla vieta di uccidere l’adulto
  • i malati di patologie neurodegenerative, gli anziani non più lucidi
  • Ma l’atto rivela la capacità, non la fonda
    • Se io ad es. ho una lesione al cervello, o un cervello non ancora sviluppato, che non mi permette di aver coscienza del mondo e di me, mi mancherà lo strumento per appalesare questa capacità, ma non mi manca la capacità razionale che ha sede nell’anima razionale
    • Così se al più grande pianista togliete il pianoforte o danneggiate il suo piano, gli togliete lo strumento per esprimere la sua capacità di suonare, ma non gli avete tolto la capacità di suonare
    • La fonte della capacità di suonare sta nel pianista, non nel piano che è mero strumento: è mezzo, non causa
      • Infatti un piano non suona da solo
    • Il cervello è mezzo, non causa della nostra razionalità che ha sede nella anima razionale
  • In merito alla coscienza di sé: noi che dormiamo, sotto anestesia?
  • In merito alla comunicazione: se cessa la comunicazione cessa anche la personalità? Eremita, chi sconta il carcere duro, noi in ascensore da soli?
  • Quindi per questa visione radicale questi indici ci permettono di verificare se siamo in presenza di un mero essere umano, o di un essere umano personale.
  • La visione antropologica empirista meno radicale per giudicare se un’esistenza è ancora degna di essere vissuta si appella a questi criteri:
  • il funzionalismo già visto in precedenza
  • la patologia che non necessariamente deve esser invalidante: tumore ad esempio
    • in Olanda si è registrato almeno un caso di una signora a cui avevano diagnosticato l’Alzheimer: in modo preventivo prima che la malattia inquinasse la sua capacità di intendere e volere la signora ha chiesto l’eutanasia: eutanasia preventiva
  • il dolore, sia fisico che psicologico (sofferenza)
    • la sofferenza psicologica può derivare da molte cause non solo organiche, ma affettive, attinenti a traumi subiti, sociali, economiche

L’ultilitarismo collettivista

  • si affaccia poi alla finestra anche una altra visione antropologica che però deriva sempre dall´utilitarismo, ma non più un utilitarismo del singolo, ma della collettività: il best interest è riferito alla società
  • l’uomo inutile o addirittura dannoso per la famiglia o la società può essere eliminato: valore in base all’efficienza
    • Non basta più avere delle funzioni di base ma occorre essere anche produttivi
    • Non vale più la pena che viva non tanto per se stesso, ma per la collettività: il malato (nato o non nato), l’anziano, il disabile, il recluso (Cina), il socialmente pericoloso ma a piede libero, tra un po’ il disoccupato, il senza tetto, etc.
    • Tutte categorie di persone che pesano sulle casse dello Stato e di tutti noi: se non sono più efficienti la loro vita è un peso per la società.
    • Tutti noi pesiamo sulle casse dello stato negli ultimi 4 anni di vita: se passa questa idea, lo Stato potrebbe risparmiare miliardi non curando più gli anziani e i disabili gravi.

La dignità metafisicamente fondata

  • Queste tesi antropologiche sarebbero giuste se noi fossimo solo una realtà empirica; ma in realtà sono errate, perché l’uomo non è solo composto di materia, ma anche che di forma, ossia di anima: l’uomo è sinolo di materia e forma: ossia l’anima razionale informa la materia: come una mano (anima) che imprime sulla sabbia (materia) la propria forma
  • E’ agevole dare la prova dell’esistenza del corpo perché cade sotto i sensi, ma non dell’anima perché realtà immateriale e quindi non si può dare prova sensibile della sua esistenza. Il percorso sarà diverso puramente razionale. Indichiamo alcune prove:
  • Se fossimo solo materia dovremmo obbedire solo alle leggi fisiche e queste sono determinate: la materia è sottoposta a necessità = l’uomo non sarebbe libero
    • un fiore non può decidere di non schiudersi alla mattina: un leone non può decidere di non correre dietro ad una gazzella: se il fiore non si schiude o se il leone non corre dietro alla gazzella vuol dire che c’è un’altra causa materiale che impedisce questo fatto: il fiore è malato, così il leone, oppure il leone è vecchio o sazio
    • l’uomo di contro può opporsi alle proprie leggi fisiologiche: può decidere di digiunare, di non dormire, etc.
    • noi siamo anche materia e infatti il nostro corpo obbedisce alle sue leggi fisiche
    • ma se noi fossimo solo materia il nostro agire sarebbe necessitato, obbligato: se avessimo fatto un lavoro non potevamo che fare quel lavoro.
      • se noi fossimo composti solo di materia tutti noi ci troveremmo qui non per scelta, ma perché obbligati dal determinismo fisico: non potremmo che essere qui
  • Ma dato che l’uomo è libero ciò significa che esiste in noi un principio di operazione che non è solo fisico, materico, empirico: quel principio lo chiamiamo anima razionale.
  • Un’altra prova è la capacità di astrazione. Pensiamo a un cerchio. Di certo, se sappiamo cosa è un cerchio, lo abbiamo pensato perfettamente rotondo. Ma nella realtà, compresa quella prodotta dall’uomo, non esiste il cerchio perfetto. Ciò vuol dire che i nostri sensi ci hanno sempre comunicato l’immagine di cerchi imperfetti, ma nonostante ciò in noi esiste l’idea di cerchio perfetto. Ciò vuol dire che questo dato di conoscenza non può venire dai sensi, ma da una fonte di conoscenza sovra-sensibile. In altri termini, esiste una fonte della conoscenza non solo sensibile che ci ha atto conoscere tutti i cerchi visti nella realtà, ma anche immateriale, non solo empirica-fisica, ma anche metafisica, una fonte capace di comunicarci l’idea di cerchio perfetto (occorrerebbe superare alcune obiezioni proprie del materialismo, ma non c’è spazio per farlo ora). Esiste in noi quindi una fonte di conoscenza spirituale, che chiamiamo anima razionale o intellettiva, perché capace di intus legere, ossia di leggere dentro il reale, particolare e unico (quel cerchio disegnato alla lavagna) e astrarre da esso i dati sensibili per giungere all’essenza dell’ente percepito dai sensi, all’essenza di cerchio, ossia di figura piana perfettamente circolare.
  • Un’ altra prova è la capacità di autocoscienza: «l’udito ode dei suoni, ma non ode se stesso; il tatto tocca delle cose, ma non tocca se stesso. […] Invece, la conoscenza umana non soltanto conosce se stessa, ma sa anche di stare conoscendo quell’oggetto. […] Ciò significa che quest’attività – mediante la quale la conoscenza conosce di conoscere – è un’attività che eccede la possibilità dei cinque sensi corporei, ossia eccede tutte le attività corporee: dunque è un’attività incorporea, cioè spirituale» (Samek Lodovici, voce, Esistenza dell’anima, prove della, in Dizionario elementare di apologetica, IDA, Milano).
  • Similmente altre capacità danno prova dell’esistenza dell’anima razionale: il giudizio morale, estetico, etc.

L’anima vale più del corpo

  • Dunque abbiamo dato prova dell’esistenza dell’anima razionale, quindi l’uomo è composta da corpo e anima, il suo «valore» deriva da questi due principi: vale per il suo corpo e vale per la sua anima.
    • Ma l’anima vale più del corpo almeno per due motivi:
      • La sostanza di cui è composta è la razionalità, sostanza più nobile che la materia. La razionalità si esprime come capacità di prendere decisioni libere, di astrarre, di formulare giudizi morale, estetici, etc.
      • A differenza della materia, è incorruttibile proprio perché non è fatta di materia: dunque non solo non si ammala, non perde funzioni etc., ma non muore mai, perché non è un ente biologico, ma è ente metafisico: quindi l’anima di ciascuno di noi è certo che vivrà per sempre.
  • Da ciò si conclude che la preziosità dell’ uomo deriva in parte dal corpo – e questo valore è legato alla sua qualità fisica – ma deriva soprattutto dall’anima razionale e dato che questa è incorruttibile dobbiamo concludere che se la qualità della vita fisica può mutare, la qualità dell’anima data dalla sua razionalità non muta mai: la dignità persona, ossia la preziosità intrinseca della persona non muta mai, quella estrinseca legata al suo corpo sì
    • Gli accidenti corporei possono anche mutare, ma l’essenza e dunque anche il valore dell’essenza non muteranno mai

Il fondamento della morale

  • Questo il fondamento della morale: furto, menzogna, adulterio, tortura, atti di pedofilia, fornicazione, etc sono mai atti degni della persona che riceve gli effetti materiali di questi atti e di chi li pone in essere, non sono mai adeguati alla preziosità intrinseca della persona
  • Obiezione: il valore della persona può decrescere per malattie, etc.
    • No: malattie, disabilità, infelicità, dolori possono intaccare il piano fisico, non potranno mai intaccare l’anima perché immateriale e dunque questa conserverà sempre una preziosità elevatissima che comanderà a tutti noi di comportarci di conseguenza, in modo consono a lei

Un distinguo importante

  • Un ultimo appunto che è un distinguo: abbiamo detto che esistono atti che non sono mai consoni alla dignità personale; la teoria empirista soft diceva che esistono esistenze non consone al valore della persona. Attenzione alla differenza.
  • Vero: vi sono condizioni non adeguate alla dignità personale: non è consono, adeguato alla persona il dolore, la malattia, la disabilità, la morte e infatti noi abbiamo il dovere di combattere contro di esse: ad esempio c’è il dovere morale di curarsi (dovere affermativo contingente)
  • Prova teologica che non sono condizioni consone alla nostra natura: non sono state volute da Dio perché la persona che lui ha creato è priva di queste degradazioni, difetti della materia che si sono introdotte con il peccato originale
    • ossia si tenta di superare una condizione non adeguata alla persona con un atto ugualmente non consono, non con una condotta consona che sarebbe ad esempio, per il paziente sofferente, un atto terapeutico o comunque di cura; per la sterilità, l’adozione; per le crisi familiari, un tentativo di conciliazione; per un feto malformato, la cura e il rispetto della vita e quindi permettere la nascita; per la sofferenza della persona transessuale, l’accettazione della propria identità sessuale. 
    • l’errore della teoria empirista soft è di aggiungere ad una condizione non consona alla persona anche un atto non consono alla persona, ad esempio, trattando di sofferenza del paziente, l’assassinio e il suicidio, ossia l’eutanasia; trattando di sterilità, la fecondazione artificiale; trattando di malformazione del feto, l’aborto; trattando delle crisi familiari, il divorzio; trattando della sofferenza delle persone con disforia dell’identità sessuale psicologica, il transessualismo, etc.

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