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BLUE JAY, quando il cinema è libero.

BLUE JAY, quando il cinema è libero.

BLUE JAY, quando il cinema è libero.

A parlare di cinema indipendente si ottengono essenzialmente due reazioni distinte: c’è chi storce il naso perché, siccome le grandi case di produzione sono considerate sinonimo di qualità indiscussa, è spontaneo ritenere tutto il resto più scadente; e c’è chi si esalta, perché in fondo un cinema più “privato” sa di elitario, di specialistico. Certo è che si tratta di un mondo più libero, e Blue Jay ne è prova assolutamente tangibile: in una parentesi quotidiana di poche ore Alexandre Lehmann (regista) e Mark Duplass (sceneggiatore) riescono a disegnare una vita intera, nata dall’amore di Jim (lo stesso Duplass) e Amanda (Sarah Paulson)-una vita ormai intrecciata indelebilmente- e si concentrano sulle conseguenze di errori spesso ignorate –o occultate- dal grande schermo. La scelta del bianco e nero, la lentezza realista della narrazione, la spontaneità della coppia che si incontra di nuovo dopo tanti anni e che quasi sembra veramente unita riempiono non solo gli occhi, ma anche il cuore e la mente, trascinano lo spettatore nella vita e nelle scelte dei protagonisti, e stimolano una riflessione non scontata ma sicuramente fondamentale sulla preziosità di ogni vita. Una preziosità da custodire e preservare, o tutto crolla.

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